“Lo cosa peggiore degli Us Open? L’odore di cannabis”: Ruud conferma che anche quest’anno la marijuana è ovunque

  • Postato il 26 agosto 2025
  • Tennis
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Si dice che tra le prime a denunciare il problema sia stata Maria Sakkari, ormai 4 anni fa. Da allora, ogni anno la questione torna a galla: agli Us Open si sente odore di erba. E no, non è quella dei campi, visto che non siamo a Wimbledon. Si tratta proprio di cannabis: a quanto pare a Flushing Meadows la marijuana è un po’ ovunque. L’ultimo a parlarne, con un tono decisamente infastidito, è stato il norvegese Casper Ruud: “Questo odore è ovunque, anche sui campi. Non è il mio odore preferito, ma ci dobbiamo adattare. Ed è decisamente la cosa peggiore del torneo”.

Ruud, attuale numero 12 al mondo e anche finalista agli Us Open nel 2022, ne ha parlato prima del suo debutto contro l’austriaco Ofner (vittoria facile in tre set). A quanto pare l’odore di cannabis quest’anno sta invadendo soprattutto i campi di allenamento. Negli anni passati non è sempre stato così: il tedesco Alexander Zverev, attuale numero 3 al mondo, si era lamentato durante un match ufficiale giocato sul campo 17: “Sembra di essere nel salotto di Snoop Dogg”, erano state più o meno le sue parole. Anche Nick Kyrgios, nel 2022, si era lamentato con il giudice di sedia durante una partita addirittura all’interno dello stadio Louis Armstrong: “Ma questa è marijuana, puoi ricordare che non si fa?”.

In realtà si può fare eccome. Dal 2021 infatti nello stato di New York è entrata in vigore la depenalizzazione della cannabis ad uso “ricreativo”. Anche a Flushing Meadows quindi è perfettamente legale fumarsi uno spinello, anche se ovviamente solo nelle aree in cui è permesso fumare anche il normale tabacco. Infatti, la prima denuncia di Sakkari di cui si parlava prima risale proprio al 2021. E altre tenniste hanno confermato: “Già quattro anni fa si sentiva quell’odore”. Se l’erba di Wimbledon è sacra, quella degli Us Open è da sballo: lo specchio di due tornei profondamente diversi.

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Il Fatto Quotidiano

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