L’ultimatum di Trump: pace o basta negoziati. Putin insulta l’Europa
- Postato il 14 maggio 2025
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Il Quotidiano del Sud
L’ultimatum di Trump: pace o basta negoziati. Putin insulta l’Europa
Grande attesa per l’incontro di giovedì 15 maggio a Istanbul. Zelensky: tratterò solo con Putin. Ma Mosca invia Lavrov. Il tycoon irritato con la Russia, sarà rappresentato da Rubio.
Il tavolo dei rancori e dei diktat contrapposti. Questo rischia di essere l’atteso vertice di Istanbul che, a tre anni dal suo inizio, dovrebbe segnare una svolta decisiva verso la conclusione del conflitto russo-ucraino.
L’APPELLO DI PUTIN
A convocare il summit era stato il presidente russo Vladimir Putin in persona che, nella notte tra sabato e domenica scorsa, aveva rivolto un appello televisivo pubblico offrendosi di negoziare direttamente con gli ucraini una soluzione alla guerra tra i due Paesi, proponendo anche data (giovedì prossimo) e luogo (Istanbul, in Turchia). L’improvvisa apertura ha rappresentato una piccola rivoluzione diplomatica per il Cremlino, che ufficialmente continua a considerare il governo ucraino come illegittimo, che si spiega però con il desiderio di Mosca di accreditare la propria buonafede negoziale agli occhi del leader americano Donald Trump.
TRUMP E LE TRATTATIVE
Il tycoon, eletto alla Casa Bianca con la promessa di porre fine al conflitto, ha passato gli ultimi due mesi a cercare una soluzione diplomatica senza risultati e anzi danneggiando ripetutamente i rapporti con i partner ucraini ed europei nel tentativo di guadagnare una sponda a Mosca. Al punto che nelle scorse settimane erano giunti da Washington segni crescenti di frustrazione e impazienza. Esponenti di primo piano dell’amministrazione come il vicepresidente J.D. Vance e il Segretario di Stato Marco Rubio erano stati molto chiari: se ucraini e russi non avessero dimostrato effettivamente di volere la pace, gli Stati Uniti avrebbero perso la pazienza e si sarebbero ritirati dal negoziato.
L’OSTRUZIONISMO RUSSO
È evidente come l’ostruzionismo russo abbia finito per irritare quegli stessi ambienti americani che sul rapporto con Mosca avevano scommesso e investito: «Il presidente Donald Trump prima era irritato con Kiev, ora lo è con Mosca» ha ammesso l’ambasciatore Usa presso la Nato Matthew Whitaker. La scelta di Putin di aprire un tavolo negoziale diretto in Turchia con gli ucraini è stata una mossa ben giocata per venire incontro ai desiderata di Trump: non solo far balenare una possibilità (più teorica che concreta, data la distanza delle posizioni in campo) di concludere il conflitto, ma anche liberare l’America dal fardello di giocare un ruolo a cui è poco abituata ma a cui la scommessa trumpiana l’ha suo malgrado incastrata, quello della mediatrice.
IL VERTICE DI ISTANBUL
Del resto, anche l’incontro di Istanbul promette di essere non risolutivo. Troppo distanti le richieste, troppo adamantine le condizioni che – dietro la maschera del «senza precondizioni» ripetuto a beneficio del pubblico – tutti gli attori intendono imporre agli altri partecipanti per potersi sedere al tavolo da vincitori. A cominciare dai russi, che ripetono che la conditio sine qua non per avviare i negoziati sia «partire dalle condizioni sul campo», una formula dal sapore realista – ribadita proprio ieri dal viceministro degli Esteri Sergeij Ryabkov – che nasconde il riconoscimento delle regioni conquistate dalla Russia finora.
PUTIN E GLI INSULTI ALL’EUROPA
E ai fatti Mosca aggiunge anche le parole, come al solito d’insulto, come quelle che ieri ha usato Putin stesso per definire i Paesi europei autori delle sanzioni anti-russe come «deficienti». C’è poi la questione di chi dovrebbe guidare le rispettive delegazioni. Per il presidente ucraino Volodymyr Zelensky il summit potrà avvenire solo al massimo livello, cioè con un faccia a faccia dei due leader. Il capo del gabinetto presidenziale Andrij Yermak ha precisato che Zelensky parlerà soltanto con Putin e con nessun altro. Gelida la reazione di Mosca: secondo il Cremlino, la scelta dei rappresentanti russi spetta alla Russia e alla Russia soltanto ma i media tendono a escludere un viaggio personale dello Zar.
PUTIN POTREBBE LASCIARE LA GUIDA A LAVROV
La guida dei negoziati potrebbe essere così affidata al ministro degli Esteri russo Sergeij Lavrov, anche per ributtare la palla in campo ucraino e vedere se Kiev – a fronte di questo sgarbo – preferirà accettarlo oppure fare saltare il banco a costo di avvelenare i rapporti con Trump. Il tycoon da parte sua si è mostrato entusiasta dell’incontro proposto affermando di essere pronto a raggiungere i due leader in Turchia se dovessero effettivamente incontrarsi.
GLI USA INVIERANNO STEVE WITKOFF
In alternativa, Washington invierà senza dubbio l’inviato speciale del presidente Steve Witkoff – di fatto una specie di ambasciatore personale dell’inquilino della Casa Bianca – e probabilmente anche il capo della diplomazia Usa Rubio.
L’ULTIMATUM DI TRUMP
È stato lo stesso Witkoff ha esprimere senza giri di parole i sentimenti del presidente americano: Trump «ha dato un ultimatum a entrambe le parti: senza colloqui diretti e rapidi, gli Stati Uniti dovranno fare un passo indietro da questo conflitto, qualunque cosa comporti», ha detto il rappresentante statunitense. Per ora comunque il tycoon preferisce proiettare ottimismo, affermando di aspettarsi dai colloqui in Turchia «dei buoni risultati». Per la sua presidenza, sarebbero probabilmente i primi.
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