Ma che scuola è quella che ha ignorato Paolo?

  • Postato il 4 novembre 2025
  • Di Panorama
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Ci sono i corsi gender. Ci sono i corsi per la pace. Le attività arcobaleno. L’educazione ambientale. L’uncinetto, rigorosamente riservato ai maschi per lottare contro il maschilismo tossico e il patriarcato. Il macramè. Lo shiatsu. Il sound afroamericano per favorire l’integrazione. La lezione di biodiversità. L’educazione all’affettività. Il ben…essere (con i puntini di sospensione che fa più ironia). Il riciclattolo (cioè la costruzione di giocattoli con materiali di scarto). Ci sono gli imam in classe. Poi il Corano e le nozioni sul Ramadan. E naturalmente c’è anche la partecipazione coatta dei bambini delle elementari alle manifestazioni Pro pal. C’è di tutto, insomma, nella scuola italiana. Ma un po’ di attenzione per un ragazzino di 14 anni che si toglie la vita, no. Quella non c’è.

A leggere la relazione degli ispettori ministeriali, infatti, le responsabilità sono chiare: a scuola non c’è stata la giusta attenzione per Paolo Mendico, lo studente dell’istituto tecnico informatico Pacinotti di Fondi (Latina), che era vittima dei bulli e che per questo si è tolto la vita. Forse gli insegnanti erano troppo impegnati a seguire i progetti della scuola come il “Digital stil novo”, il “Genomic data base in Cloud” e soprattutto il convegno “Donne per l’Europa”, con tanto di pubblicazione degli atti, per creare «i cittadini europei delle nuove generazioni». Peccato che, nel frattempo, a scuola Paolo fosse massacrato dai bulli fino a togliersi la vita. Senza nemmeno un po’ di digital stil novo. E soprattutto, stando agli ispettori del ministero, senza nessuno dei prof che lo aiutasse un po’.

Fin dall’inizio i genitori di Paolo, mamma Simonetta e papà Giuseppe, hanno accusato la scuola di aver sottovalutato le loro ripetute denunce. La preside ha sempre negato, la Procura ha cominciato a indagare (e si vedrà quale saranno le sue decisioni). Ma intanto è arrivata la prima conferma che le parole dei genitori di Paolo avevano un qualche fondamento: il ministero ha infatti avviato i procedimenti disciplinari nei confronti degli insegnanti colpevoli, a suo dire, di aver «sminuito la gravità della situazione». Paolo soffriva, e loro non vedevano. Mamma e papà di Paolo denunciavano, e loro silenziavano. Le violenze continuavano, e loro giravano la testa dall’altra parte. Fino a quando è stato troppo tardi. E Paolo s’è tolto la vita rinunciando a diventare cittadino europeo. Nonostante il convegno della scuola, con relativa pubblicazione degli atti.

Il fatto è che si ha l’impressione che oggi a scuola troppe cose contino più degli studenti. Qualche tempo fa a Milano fu organizzato un corso di educazione sessuale per tredicenni: «Per il sesso orale si usano preservativi al gusto frutta, per quello anale ci vuole un preservativo più resistente», si sentirono insegnare i ragazzini. Nei giorni scorsi i bambini di una scuola elementare in Emilia-Romagna sono stati portati a un corteo Pro pal senza nemmeno chiedere il consenso ai loro genitori.

Una volta a scuola si insegnava il gran rifiuto di Celestino V (III canto dell’Inferno), adesso al massimo si insegna il rifiuto solido urbano. È sempre più forte la tentazione di portare in aula affettività, ambientalismo, multiculturalismo. Ha fatto discutere la foto dei bambini di Treviso inginocchiati a pregare verso la Mecca, insieme all’imam. Vengono abolite le favole come Cappuccetto Rosso e Biancaneve perché sono sessiste. Si aboliscono i grembiuli bianchi e azzurri e si introduce il giallo perché è neutro. Non è una meraviglia? La scuola è diventata così attenta a rispettare le regole del politicamente corretto che alla fine si dimentica di rispettare le persone. Anche se queste persone hanno 14 anni e stanno soffrendo a tal punto da togliersi la vita. Peggio per loro: nessuno le considera. C’è da fare il convegno sulle donne in Europa. 

Autore
Panorama

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