Meloni alla prova del primo G7 in tempo di guerra
- Postato il 14 giugno 2025
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Il Quotidiano del Sud
Meloni alla prova del primo G7 in tempo di guerra
La questione mediorientale incombe sui partecipanti Roma in cerca di un posizionamento internazionale. Giorgia Meloni ha riunito l’unità di crisi a palazzo Chigi con i vicepremier Tajani e Salvini
Una lunga giornata di riunioni e di contatti serrati con le cancellerie europee, con Washington, con Tel Aviv e con Teheran. Poi la partenza per il Canada, destinazione Kananaskis, per la riunione del G7. Forse la più difficile nei suoi cinquant’anni di vita visto il contesto internazionale, le ormai tre guerre dichiarate alle porte dell’Europa – Ucraina, Gaza e dalla notte scorsa anche Iran – e l’escalation che sembra non trovare fine nonostante gli appelli alla diplomazia e alla cautela. Una riunione che rischia non avere neppure una dichiarazione comune delle sette grandi potenze occidentali. Mai come adesso gli Stati Uniti sono “distratti” e concentrati su se stessi. Mai come adesso la governance mondiale che ha saputo garantire la pace negli ultimi ottanta anni sembra inadeguata a questo ruolo.
La prima a reagire è stata l’unità di crisi della Farnesina che già nella notte scorsa ha attivato tutti i canali a disposizione per capire cosa stava succedendo e chiedere, fin da subito, una de- escalation. L’Italia vanta rapporti “speciali” con Teheran e il ministro Tajani ha parlato subito con gli omologhi israeliano e iraniano. Prima della nuova raffica di attacchi ieri sera – di Israele sull’Iran e di Teheran su Tel Aviv – la premier ha riunito l’unità di crisi a palazzo Chigi con i vicepremier Tajani e Salvini, i sottosegretari Mantovano e Fazzolari, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, il ministro della Difesa Guido Crosetto, dell’economia Giancarlo Giorgetti e i vertici dell’intelligence italiana. Poi Meloni ha sentito in videoconferenza il presidente Trump, il cancelliere tedesco Merz e il premier britannico Keir Starmer.
Il governo italiano si è schierato, con cautela, dalla parte di Israele. Ha valutato «con preoccupazione i rapporti dell’Aiea che hanno trovato l’Iran in violazione dei suoi obblighi secondo il Trattato sulla Non Proliferazione delle Armi nucleari». E ha riaffermato «il pieno sostegno ai negoziati tra Stati Uniti e Iran per un accordo sul programma nucleare iraniano». Roma, del resto, ha ospitato due delle sei, finora, tornate negoziali. La «soluzione diplomatica resta ovviamente l’obiettivo prioritario». Ma che diplomazia può essere invocata mentre i razzi colpiscono sedi strategiche iraniane e “Iron dome” israeliano intercetta i missili iraniani? Governo e Farnesina hanno invitato nei bunker e alla massima tutela militari e civili italiani presenti nella regione.
Meloni in contatto anche con Bruxelles, Ursula von der Leyen e le cancellerie europee. Tutti chiedono la de escalation e sono anche pronti a schierarsi al fianco di Israele che «ha tutto il diritto di difendersi».
Il presidente Macron aveva riunito di prima mattina il Consiglio nazionale di sicurezza e aveva parlato con Trump, Starmer e Merz. Non con Meloni che poi, a sua volta, ha attivato gli stessi contatti nel pomeriggio. Ma non è certo questo il momento di fare distinguo su chi fa cosa e chi la fa per primo.
Si troveranno tutti domattina a Kananaskis per il primo G7 con una guerra dichiarata in corso. «Siamo in guerra» ripete Netanyahu. Il timore è di attentati sparsi in Occidente su obiettivi israeliani. Le misure di sicurezza sono state aumentate in tutte le capitale europee.
Il precipitare dei fatti delle ultime ore potrebbe cambiare nella sostanza la riunione del G7. Prima che iniziasse l’attacco di Israele sull’Iran, gli sherpa delle varie delegazioni che da giorni lavorano alle dichiarazioni finali, avevano comunicato che non ci sarà un comunicato congiunto finale. Troppe divisioni tra l’America First di Trump e gli altri alleati su Ucraina e Gaza, ma anche sul cambiamento climatico o sugli aiuti allo sviluppo. Pesano anche, sullo sfondo, le tensioni per i dazi Usa.
Una doccia fredda per gli europei, dopo la recente proposta di nuove sanzioni alla Russia. E anche per il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che, invitato al summit, dove spera in un bilaterale con Trump, continua a chiedere «azioni concrete» comuni di Stati Uniti ed Europa per fermare i crescenti attacchi di Mosca. Ma il presidente americano, pur «molto deluso» dalla Russia, sembra smarcarsi sempre di più dalla promessa di negoziare una pace, mentre il capo del Pentagono Pete Hegseth ha già preannunciato un taglio dei fondi per Kiev nella prossima legge di bilancio. L’Europa, invece, ha erogato proprio ieri un nuovo miliardo per Kiev: sono 150 i miliardi destinati a Kiev dall’inizio della guerra.
La presidenza canadese dovrebbe riassumere l’esito dei lavori fra i leader in un sintetico riepilogo (chair’s summary) che sarebbe già stato usato anche in altre edizioni. I leader dovrebbero quindi adottare sette brevi dichiarazioni su altrettanti temi: finanziamento dello sviluppo; intelligenza artificiale; tecnologie quantistiche; lotta agli incendi; minerali critici; repressione transnazionale; contrasto al traffico di migranti.
La dichiarazione sulla migrazione e sulla lotta al traffico di esseri umani è la proposta italiana con il supporto di Stati Uniti e Regno Unito.
Ora è chiaro che i fatti di queste ore sono destinati a modificare la scaletta dei lavori del G7. Il cuore di tutto, in questa fase, è l’impegno di Washington e degli Stati Uniti sia nel G7 che nella Alleanza Atlantica. La minaccia di un disimpegno militare della Casa Bianca nella Nato e quindi in Europa è quanto più preoccupa in questa fase. E condiziona anche le prese di posizione rispetto all’attacco in Iran.
A tutto questo si aggiunge anche una “strana” presa di posizione ieri di Pechino che ha fatto pervenire una nota in cui invita i paesi del G7 a «smettere di interferire negli affari interni di altri Paesi, di minare lo sviluppo di altre nazioni e di manipolare le questioni legate alla Cina». Una presa di posizione inedita. Secondo Pechino, «i leader dovrebbero impegnarsi di più per promuovere l’unità e la cooperazione nella comunità internazionale» dopo aver a lungo aderito «a una mentalità da Guerra Fredda e a pregiudizi ideologici». Un comunicato pessimo in un clima già molto teso.
Il Quotidiano del Sud.
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