Mettono storie per esibirsi e le mescolano a immagini della Striscia di Gaza: un’empatia ipocrita

  • Postato il 12 giugno 2025
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di Nicola Belfiore

Come è bello dormire tranquilli e avvolti nelle lenzuola pulite al caldo delle mura domestiche. È appagante sedersi a tavola, dopo una giornata di lavoro, e godere dei piaceri del cibo. Cosa c’è di più bello di condividere tempi e spazi con gli amici, magari in un locale di tendenza seduti al tavolo, aspettando le pregiate bottiglie illuminate con fiaccole farsi strada in mezzo a centinaia di corpi danzanti.

Non è certo necessario farlo, diventa fondamentale, però, che gli altri lo sappiano, per sublimare l’ostentazione fine a se stessa. Quanto è glamour, poi, festeggiare i compleanni nel lusso nella villa al mare, tra abiti griffati e arredi di tendenza a bordo di una invitante piscina illuminata. Quale percorso rigenerante lo shopping in visione di un rinnovo di guardaroba per l’imminente estate.

Necessari, poi, i viaggi nelle capitali europee su una confortevole nave extra lusso all inclusive. Selfie, storie e reel da postare per dimostrare a tutti dove si è stati, cosa si fa, con chi si è, cosa si mangia, come ci si veste, senza pause tra giorno e notte. Un’ostentazione quasi ossessiva e senza freni. Nulla di scandaloso in quanto scelte del tutto personali e legittime, opinabili o meno, al di sopra di ogni razionalità o irrazionalità. Niente di male in tutto questo, se non fosse che le stesse persone ad un tratto, forse rapite dall’obbligo appagante di “restare sempre sul pezzo”, si sentono portate a pubblicare, sulla scia della cronaca efferata del momento, spezzoni di immagini della striscia di Gaza o video di bambini ustionati e devastati dalle bombe di una guerra senza alcun senso.

Ecco che allora tutto diventa squallidamente grottesco e ipocritamente incoerente, così di cattivo gusto da generare, nel mio personalissimo modo di pensare, una sorta di rabbia mista a sconforto e indignazione per l’operare del genere umano. Emergono interrogativi, dubbi, perplessità: post come questi, lontani dal loro essere e manifestare, servono a lavarsi la coscienza? Una storia sui social può far sentire queste persone più attuali e partecipative? O forse condividere le immagini di bambini devastati o di macerie fumanti, a causa dell’ennesimo drone piombato in pieno centro abitato, li rende sensibili e compenetrati alle tragedie del mondo?

Me le faccio queste semplici domande perché sono io, forse, a non avere il senso della realtà e neanche quello della sofferenza oppure sono un essere così superficiale, insensibile e spregevole da continuare a consumare la mia cena mentre guardo il tg. Mi reputo semplicemente reale, vero, dolorosamente impotente di fronte a tragedie così enormi e incontrollate, umiliato come essere umano per ciò che sta accadendo ai miei simili, profondamente distrutto nell’assistere inerme alle scene di chi disperatamente cerca di procurarsi un pane. Sì, un semplice pane, il solo pane per sé e per i figli, alloggiati sotto una precaria tenda proprio in quella striscia di terra, così tristemente maledetta e fagocitata da interessi ben più grandi di loro e a loro stessi sconosciuti.

Eppure sono a casa mia, nella mia comfort zone e provo tutto questo e, nel contempo, un profondo rispetto mi impone e vieta, proprio perché non lo sento, non potrei sentirlo, di sciorinare al vento la mia opulenza ammesso che, oggetto o soggetto, ne sia mai stato artefice. Non serve esibirsi e mostrare come si vive, cosa si indossa, cosa compriamo, cosa mangiamo. Se non si è capaci di arginare questo modo di manifestare e l’ego propende, senza controllo, verso l’ostentazione dell’opulenza incontenibile, allora dovrebbe sopraggiungere, come requisito indispensabile, la decenza di non pubblicare null’altro che questo, solo il proprio mondo, così indorato dalle nostre possibilità e mezzi. Palesare per appagare la vera natura e non quella di apparire ciò che non si è.

Continuate pure a pubblicare ciò che più vi piace ma evitate di alternare cinicamente, tra champagne e caviale, vini d’annata e salmone, lussi e sfarzi, ville e piscine, l’ipocrisia del sentire e della falsa partecipazione empatica attraverso le immagini della tragedia della vita (degli altri) con l’unico e abietto scopo di mettere a tacere la vostra coscienza, facendo emergere invece il più totale squallore da offendere e umiliare con forza ciò che, purtroppo, è realmente tragico.

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Il Fatto Quotidiano

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