‘Ndrangheta di Cutro in Emilia, chiesti quattro ergastoli per due omicidi
- Postato il 12 giugno 2025
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Il Quotidiano del Sud
‘Ndrangheta di Cutro in Emilia, chiesti quattro ergastoli per due omicidi
Nel processo d’appello bis chiesti quattro ergastoli per il boss di Cutro e i suoi uomini per gli omicidi compiuti in Emilia
CUTRO – Quattro ergastoli per due delitti di ‘ndrangheta compiuti nel 1992 in Emilia, vittime i cutresi Nicola Vasapollo e Giuseppe Ruggiero. Sono le richieste delle pg Beatrice Ronchi e Silvia Mazzocchi nel processo d’appello bis che si sta celebrando dopo la sentenza della Cassazione che tre anni fa annullò una sfilza di condanne alla massima pena.
L’accusa torna a chiedere l’ergastolo per il boss Nicolino Grande Aracri, Antonio Lerose, Antonio Ciampà, tutti di Cutro, e Angelo Greco, di San Mauro Marchesato, fedelissimo del capocosca. Grande Aracri è già stato condannato in via definitiva all’ergastolo come mandante dell’uccisione di Ruggiero, freddato il 22 ottobre ‘92 da un commando di finti carabinieri a Brescello.
Ma deve ancora difendersi dall’accusa di essere coinvolto anche nell’omicidio di Ruggiero, assassinato il 21 settembre ’92 a Pieve a Reggio, mentre apriva la porta di casa sua a qualcuno che conosceva. Ciampà è accusato di essere il mandante di entrambi i delitti, mentre Greco e Lerose sono imputati per l’omicidio Ruggiero.
IL PROCESSO
La Corte di Cassazione aveva demolito la sentenza della Corte d’Assise d’Appello di Bologna che aveva inflitto l’ergastolo a tutti per entrambi i delitti. E aveva confermato l’impianto della sentenza del primo grado di giudizio scaturito dall’inchiesta che portò all’operazione Aemilia ’92, il filone dei fatti di sangue della più vasta inchiesta Aemilia, sfociata nel più grande processo mai celebrato contro le mafie al Nord. Nicolino Sarcone, il capo della filiale reggiana del clan stando alla sentenza Aemilia, ha già confessato i due omicidi nel procedimento col rito abbreviato rimediando una condanna a 30 anni.
L’INCHIESTA
L’inchiesta prese il via dalle rivelazioni del pentito Antonio Valerio, a cominciare dal racconto della partenza del commando dalla Calabria per l’Emilia, e da quello sulle divise da carabinieri portate al nord da Sarcone durante un viaggio in treno con la fidanzata dell’epoca. Un racconto che riattualizzava quello del pentito Salvatore Cortese, che si era autoaccusato di una decina di omicidi, anche di quelli per cui era stato scagionato. Tra questi, l’omicidio Ruggiero, commesso da un commando camuffato da pattuglia dei carabinieri.
I PENTITI
I due racconti si incrociavano e per questo Cortese venne risentito dalla Dda di Bologna e confermò che a deliberare le uccisioni, compiute a distanza di un mese l’uno dall’altro, sarebbero stati Antonio Ciampà e suo zio Gino. Ma, soprattutto, Cortese raccontò nel dettaglio la fase preparatoria dell’agguato eclatante. Sapeva molto, essendo lui lo specialista del clan in auto taroccate. In aula ha poi confermato che i Ciampà finanziarono l’azione mettendo a disposizione del gruppo di fuoco una somma di 25 milioni di lire e che a organizzare il delitto fu Grande Aracri. Il movente? Una vendetta per l’uccisione, avvenuta il 13 agosto di quell’annus horribilis a Cutro, di Paolino Lagrotteria, vicino ai Ciampà, ha spiegato Cortese. Riapertasi l’istruttoria dibattimentale, nel processo d’appello bis sono stati risentiti anche i pentiti Salvatore Muto e Giuseppe Liperoti.
OMICIDIO VASAPOLLO
I coimputati di Grande Aracri e Ciampà sono stati condannati in via definitiva per il delitto Vasapollo in distinti tronconi processuali. Parliamo di Nicolino Sarcone, Raffaele Dragone e Domenico Lucente. Grande Aracri e Ciampà devono rispondere quale mandanti, con Dragone e Lucente, per aver preparato l’agguato reperendo un’auto rubata e individuando una base logistica a Carpi per nascondere le armi. Nicolino Sarcone, insieme a un altro killer, introdottisi nell’abitazione della vittima che conoscendoli li avrebbe fatti entrare, avrebbero aperto il fuoco con una pistola semiautomatica ed un’altra a tamburo.
OMICIDIO RUGGIERO
Nicolino Grande Aracri è ormai uscito di scena con una condanna definitiva per quest’accusa. In diversi tronconi processuali sono stati condannati anche Sarcone, Dragone e Lucente. Restano in piedi le accuse per Antonio Ciampà, Angelo Greco, Antonio Lerose. Ciampà avrebbe finanziato l’azione. Grande Aracri, Greco, Le Rose e Valerio avrebbero reperito le auto rubate – Fiat “Uno” e Fiat “Tipo” – mascherate con lampeggiante e scritte dei carabinieri e riverniciate. Nel capannone di Carpi sarebbero state fatte le operazioni di camuffamento. Sarcone avrebbe procurato le divise dei carabinieri (tre). Il commando sarebbe stato composto da quattro auto.
In una, con alla guida Valerio, erano a bordo anche Greco e Le Rose che, secondo l’accusa, suonarono a casa della vittima e avrebbero fatto fuoco con due pistole. In altre due auto sarebbero stati Raffaele Dragone e Salvatore Cortese incaricati di recuperare i sicari. Grande Aracri attese i killer con un’auto Bmw per aiutarli nella fuga dirigendosi verso l’Autostrada del sole.
GUERRA DI ‘NDRANGHETA
A tutti è contestata l’aggravante mafiosa poiché i delitti sarebbero stati compiuti nell’ambito di una guerra di ‘ndrangheta per affermare il controllo sul territorio emiliano da parte del gruppo Dragone-Ciampà-Grande Aracri-Arena contrapposto ai Vasapollo-Ruggiero.
Il Comune di Brescello e l’associazione antimafia Libera, costituiti parte civile, si sono associati alle richieste.
Gli avvocati Salvatore Staiano e Luigi Antonio Comberiati (per Greco), Luigi Colacino (per Ciampà), Luca Fabbri e Filippo Giunchedi (per Grande Aracri), Milena Miceli (per Lerose) interverranno nelle prossime udienze spalmate tra luglio e ottobre. La sentenza in autunno.
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