Nella giornata internazionale contro i test nucleari, bisogna puntare a uno stop definitivo all’arma atomica

  • Postato il 29 agosto 2025
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Il 29 agosto è la Giornata internazionale contro i test nucleari. La data serve a ricordare che la lotta contro i test nucleari rimane uno sforzo continuo, nonostante l’esistenza del Trattato sulla messa al bando totale dei test nucleari (CTBT) che deve ancora essere ratificato a livello globale.

La giornata è stata istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 2009 per commemorare la chiusura del sito di test nucleari di Semipalatinsk in Kazakistan, avvenuta il 29 agosto 1991.

In effetti, la storia dei test sulle armi nucleari è una catena di episodi sconvolgenti. Dal 1945 ne sono stati effettuati oltre duemila, incontrando l’opposizione sia dei civili che dei governi locali laddove venivano impunemente effettuati. Il primo ordigno nucleare fu fatto detonare dagli Stati Uniti nel sito di Trinity, nel New Mexico, il 16 luglio 1945, a compimento del famoso “progetto Manhattan”, con una potenza approssimativamente equivalente a 20 kilotoni di trinitotoluolo TNT.

L’arma nucleare più potente mai testata ad oggi è la Bomba Zar dell’Unione Sovietica, fatta esplodere a Novaja Zemlja il 30 ottobre 1961, con una potenza stimata tra i 50 e i 58 megatoni (quasi tremila volte il test di Trinity, che ha anticipato la distruzione di Hiroshima e Nagasaki nel 1945).

Nella memoria collettiva rimangono le terrificanti esplosioni statunitensi dal 1946 al 1958 nell’atollo di Bikini nel Pacifico (ancor oggi richiamato alla mente dal costume da bagno considerato audace e rivoluzionario per i suoi tempi in “omaggio” ad una improvvida idea di esplosione e shock). Test organizzati per studiare gli effetti delle armi nucleari su navi da guerra: eventi che generarono enormi nuvole di vapor d’acqua radioattiva, che contaminarono le imbarcazioni ivi ancorate. La questione dei diritti dei popoli indigeni delle Isole Marshall (a contatto con le deflagrazioni di Bikini) e della giustizia per i danni inflitti ai loro territori è divenuta in seguito una questione centrale nei dibattiti sui test nucleari, che avevano non solo messo in pericolo l’ambiente marino, ma anche compromesso la vita delle popolazioni locali, costrette ad abbandonare le loro terre e a rinunciare alla loro cultura.

Dall’altra parte del mondo, l’Unione Sovietica, il 29 agosto 1949, effettuò la sua prima esplosione nucleare – nome in codice “Primo Fulmine” – presso il sito di test di Semipalatinsk, nel Kazakistan orientale. I testimoni ricordano di aver sentito il terreno tremare e di aver visto il cielo tingersi di rosso, sovrastato da una peculiare nuvola a forma di fungo. Il personale militare e scientifico sovietico che conduceva il test sapeva che la pioggia e il vento avrebbero reso la popolazione locale più vulnerabile alle ricadute radioattive. Ma all’epoca, le autorità ignorarono le conseguenze anteponendo ad esse gli obiettivi militari e politici.

Nei successivi 40 anni, un simile compromesso sarebbe diventato fin troppo familiare a coloro che vivevano nel sito dei test e nei dintorni. In totale, l’Unione Sovietica condusse 456 test nucleari a Semipalatinsk (340 sotterranei e 116 in superficie). Nel 1991, il presidente del Kazakistan Nursultan Nazarbayev chiuse ufficialmente il sito e ordinò che venissero forniti assistenza medica e risarcimenti ai colpiti dai test. Anni di ricadute radioattive e l’effettiva entità dei danni inflitti a Semipalatinsk continua ad essere oggetto di numerose ricerche e dibattiti. Oggi, con amarezza, la gente del posto nota di non essere stata altro che una cavia in un esperimento scellerato.

Ma non ci furono solo test americani e russi. In particolare, la Francia esplose 17 test atmosferici (in particolare nel Sahara) e ben 210 sotterranei, mentre i britannici sono ricordati per 21 test atmosferici e 45 sotterranei, e per una grande esplosione della potenza di circa 3,8 megatoni, avvenuta il 28 aprile 1958 nelle Isole Christmas, nell’Oceano Indiano.

Ad oggi purtroppo c’è la mancata ratifica del CTBT da parte di nove Stati (Cina, Corea, Egitto, India, Iran, Israele, Pakistan, Federazione Russa e Stati Uniti). Nonostante non sia entrato in vigore, il CTBT ha istituito una forte norma di riferimento internazionale, spingendo verso una moratoria di fatto sui test nucleari.

Ricordando l’impatto negativo dello sviluppo di questi ordigni inumani sulle comunità che sono vissute nelle vicinanze dei luoghi di queste esplosioni, durante l’ultima riunione degli Stati firmatari si è deciso di esaminare la possibilità di creare un fondo fiduciario internazionale per fornire risorse per l’assistenza alle vittime e la bonifica ambientale.

Oggi occorre andare oltre: promuovere un mondo libero da armi nucleari rilanciando il CTBT e, contemporaneamente, andando al rinnovo del trattato New Start, che limita il numero di testate nucleari strategiche, dato che la sua scadenza, di cui hanno cominciato a discutere Trump e Putin ad Anchorage, minaccia di riportare il mondo ad una corsa incontrollata.

Dalla celebrazione del 29 agosto viene l’impulso ad una rinnovata tensione per la definitiva proibizione dell’arma atomica. Una tensione che è anche un’importante occasione per riflettere su uno dei temi più critici del nostro tempo: la pace e la sicurezza globale, che si battono anche combattendo il riarmo come destino dell’Europa. Gli obiettivi di questa giornata non sono quindi solo simbolici, ma riflettono e richiedono un impegno concreto per un mondo libero dalla minaccia delle armi nucleari e delle guerre.

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