Niente inceneritore Eni a Marghera, determinante il parere Iss: perché il Veneto ha delegato la valutazione?
- Postato il 4 luglio 2025
- Ambiente
- Di Il Fatto Quotidiano
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In questi giorni si è diffusa la notizia che la Commissione VIA di Regione Veneto ha negato ad una società del gruppo Eni l’autorizzazione alla costruzione in Marghera di un impianto d’incenerimento di fanghi di depurazione di reflui contaminati anche da Pfas di varia provenienza, compresa inevitabilmente l’area inquinata dall’azienda Miteni (Vi) i cui dirigenti sono stati destinatari di una recente pesante condanna per disastro ambientale.
Insieme con quello analogo di Verona, proposto dalla società Agsm-Aim partecipata dal Comune di Verona e ancora in attesa di autorizzazione, avrebbe dovuto servire l’intero territorio regionale per il medesimo scopo. Per coerenza attesa, seguirà verosimilmente la medesima sorte, nonostante il sostanziale favore dell’Assessore all’Ambiente Tommaso Ferrari e di buona parte della maggioranza di centrosinistra guidata dal Sindaco Damiano Tommasi. Emergono almeno due contraddizioni che dovrebbero far riflettere su specifiche procedure autorizzative.
1. E’ vero, come hanno riportato i media, che determinante è stato il parere dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss). Sono ben lungi dall’opinare sull’autorevolezza di un Istituto con il quale ho avuto l’onore di collaborare per molti anni. Ritengo tuttavia assolutamente irrituale e sconveniente che una Regione tra le più ricche d’Italia e con due prestigiose università, oltre ad accreditati Istituti di Ricovero e Cura a carattere Scientifico (Irccs), per non dire delle importanti competenze tecniche diffuse sul suo territorio, abbia non tanto richiesto il conforto di un parere, ma di fatto abbia delegato all’Iss l’intera valutazione autorizzativa, compreso il contraddittorio epistolare con la parte aziendale proponente.
L’Istituto non ha fatto altro che richiamare la letteratura scientifica internazionale sulla nota e pacifica tossicità e cancerogenicità dei Pfas disponibile sulla banca dati Medline, nonché citare articoli in cui non solo è dimostrata la resistenza dei Pfas alle alte temperature (1400°C) nonché la capacità di ricombinazione da parte di parziali incombusti in altre analoghe molecole, ma anche la documentata apprezzabile presenza di residui contenenti Pfas a valle della camera di combustione dell’inceneritore in simili impianti già altrove realizzati, a controprova dell’insoddisfacente efficienza della pratica della termodistruzione.
Ha poi criticato i valori amministrativi assunti quali riferimento dalla ditta proponente che per le polveri sottili, trasportatrici di svariati micro-inquinanti della combustione, risultano superiori fino a 4 volte rispetto a quelli indicati dalla Oms come garanzia di tutela della salute.
Ha contestato la corretta identificazione dell’area di ricaduta al suolo delle emissioni a camino dell’inceneritore, osservando peraltro che in un limitrofo Comune coinvolto gli indicatori di salute già evidenziavano criticità nella popolazione ivi residente, prospettandone quindi un aggravamento. Si risparmiano ulteriori dettagli minori riportati nel testo Iss.
La domanda canonica che quindi si pone è: “Perché mai Regione Veneto è ricorsa ad una delega di fatto, quando avrebbe avuto in casa tutte le competenze per negare motivatamente essa stessa l’autorizzazione?”.
Lasciatemelo dire, da veronese: il Veneto è ancora succube di un ancestrale stereotipo curiale che al confronto diretto e al coraggio dell’assunzione palese di responsabilità, che potrebbero disturbare i potenti di turno, preferisce agire dietro le quinte in una luce crepuscolare in cui è sempre possibile confondere gli autori delle decisioni prese.
2. La verifica di una VIA realizzata da un qualsiasi proponente, cioè un’azienda che versa intrinsecamente in conflitto d’interesse avendo come scopo quello di realizzare l’impianto sub-iudice, si estrinseca di fatto secondo due opposti approcci: quello di un controllo formale della documentazione presentata, che inevitabilmente risulta insoddisfacente per la tutela della salute pubblica, oppure in un puntuale rifacimento di tutta la valutazione, a partite esclusivamente da oggettivi dati tecnici d’impianto.
Un lavoro impegnativo perché si tratta di coniugare dati impiantistici con dati meteo e dati satellitari, utilizzare un’accreditata modellistica di dispersione degli inquinanti e applicare infine il calcolo dei decessi attesi per livelli incrementali di concentrazione dei contaminanti. Se, come spesso accade, l’area di ricaduta non coincide con i confini amministrativi di uno o più Comuni, che invece partecipano con diverse proporzioni delle loro superfici, le cose si complicano perché i dati anonimizzati di un territorio sono disponibili non oltre il livello di disaggregazione comunale.
Per valutare l’aggravamento atteso, bisognerebbe confrontare un “prima misurato” con un “dopo calcolato” in termini di previsione. Un’operazione che può essere effettuata soltanto da una struttura pubblica che dispone dei dati sanitari individuali e che quindi può ricostruire lo stato di salute di una popolazione residente in un’area non identificata in termini amministrativi, ma esclusivamente geografici d’interesse. Il proponente quindi, per ragioni di privacy, non ha altra chance che utilizzare dati comunali che includano l’area di ricaduta, ma diluendola così in un sovrainsieme che inevitabilmente produce importanti distorsioni di risultato.
Stando così le cose quindi, perché non attrezzare la sanità territoriale a svolgere direttamente questa importante attività di prevenzione, lasciando all’Iss il compito di supportare tutti in eventuali situazioni di particolare complessità, comunque in ausilio e mai in sostituzione dei territori che potrebbero in tal modo avvalersi di occasioni formative sul campo? Perché accettare acriticamente una VIA oppure essere costretti a riprodurla ex novo in opposizione defatigante a quella redatta dall’azienda proponente, che tanta comprensibile diffidenza suscita nell’opinione pubblica?
Oltre a risorse aggiuntive, il Ssn ha certamente bisogno di una revisione razionale dei propri compiti istituzionali. Ci si augura quindi almeno una proposta di legge su questo specifico tema.
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