“Noi docenti costretti a controllare i documenti di chi studia nei Centri di istruzione per adulti”: la denuncia
- Postato il 14 giugno 2025
- Diritti
- Di Il Fatto Quotidiano
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Professori usati per identificare adulti stranieri e studenti che devono dimostrare, in classe, di essere in regola con i documenti. A denunciare a ilfattoquotidiano.it la prassi di alcuni Centri di istruzione per gli adulti (Cpia) d’Italia – istituti che accolgono cittadini stranieri dai 16 anni in su per percorsi di alfabetizzazione e apprendimento della lingua italiana – sono alcuni testimoni diretti e l’Associazione nazionale docenti (And). L’accusa è che diversi istituti abbiano costretto gli adulti a parlare pubblicamente del loro status giuridico e gli insegnanti a svolgere mansioni amministrative del tutto estranee al loro ruolo di educatori.
“Il mio contratto prevede 18 ore settimanali, due delle quali dedicate all’attività di accoglienza ma, nel mese di settembre, quando ancora non attiviamo i corsi, il controllo dei documenti è l’unica attività che svolgiamo per 18 ore”, dice a ilfattoquotidiano.it un insegnante in un Cpia del Nord Italia che chiede di restare anonimo. “Tra le nostre mansioni c’è l’identificazione delle competenze, ma dovrebbe trattarsi di test di lingua, misurazione dei livelli di conoscenza del Paese, capacità di interazione, tutto dovrebbe avere come fine l’integrazione con un taglio educativo, non la valutazione dei documenti”, spiega una collega di una struttura in un’altra Regione. In molti casi si tratta di una richiesta volta ad alleggerire le segreterie, in altri non è chiaro perché venga preteso dai docenti il controllo delle scadenze, ma la dinamica si ripete da anni. Da quanto ricostruito, nei Centri d’istruzione per gli adulti (Cpia) a diversi docenti sarebbe stato richiesto di acquisire e archiviare le copie dei documenti degli studenti adulti stranieri, di registrarne i dati personali e controllare che la documentazione sui permessi di soggiorno fosse in ordine, verificando che i documenti fossero validi e la permanenza sul suolo italiano regolare.
Tutti compiti che non spettano ai professori, i quali, secondo la loro formazione professionale e le competenze pedagogiche, dovrebbero dedicarsi all’accoglienza degli studenti stranieri attraverso la somministrazione di test di livello linguistico e la valutazione degli stessi per inserire gli utenti nella classe adeguata. “Ho insegnato in due scuole diverse ma la richiesta era sempre la stessa, io ho svolto quella mansione perché capivo che l’amministrazione era in affanno, ma abbiamo chiesto che gli studenti fossero ascoltati alla presenza di due insegnanti e non in pubblico”. Una terza professoressa, in un altro Cpia d’Italia, ha raccontato di non aver accettato la richiesta: “È capitato anche a noi, ma ci siamo rifiutati di fare controlli”, racconta.
Il ruolo educativo prevede che i docenti si occupino dell’identificazione delle competenze linguistiche e cognitive, dell’analisi relativa all’apprendimento e ai bisogni formativi, non del controllo dell’identità delle persone o della loro posizione giuridica amministrativa. Nella pratica, invece, alcune scuole vengono accusate di pretendere che i docenti chiedano i documenti agli studenti adulti, li esaminino, segnalino eventuali irregolarità alle autorità competenti, li fotocopino e ne inviino le riproduzioni in segreteria, soprattutto per verificare che il permesso di soggiorno sia valido e non scaduto.
Secondo le testimonianze raccolte da ilfattoquotidiano.it, le domande che alcuni insegnanti hanno dovuto fare in un’aula piena anche di studenti o colleghi sono: “Che tipo di permesso di soggiorno possiede?” o “per quale motivo si trova in Italia?”, ma anche “perché non ha versato il contributo volontario richiesto dall’istituto?” o “da quanto tempo risiede nel nostro Paese?”. Per Giovanni Sangiovanni, presidente And: “Queste pratiche rappresentano una chiara violazione del profilo professionale docente. Chiediamo che siano rispettate le competenze educative specifiche di ciascuna figura professionale. I docenti non sono funzionari di polizia né addetti ai controlli amministrativi”.
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