“Non disponibile”, alla Mostra del Cinema di Venezia il cortometraggio che racconta le famiglie separate dalla guerra in Ucraina

  • Postato il 1 settembre 2025
  • Cinema
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Nedostupni in ucraino significa “non disponibile”, come quando il telefono non squilla e dall’altra parte della cornetta non risponde nessuno. Quando il cellulare non squilla, arrivano i dubbi e le paure: sarà successo qualcosa dall’altra parte? Questo sentimento d’incertezza è al centro del cortometraggio Non disponibile (Nedostupni) di Kyrylo Zemlyanyi, 25 anni, regista ucraino presente alla Mostra del Cinema di Venezia nella sezione Orizzonti. La sua storia racconta l’ansia di un figlio per la madre: lei non risponde al cellulare mentre cerca di evacuare una zona di guerra. La tensione aumenta quando il ragazzo scopre che hanno bombardato un convoglio umanitario proprio in quella regione. Una vicenda drammatica ma purtroppo comune a molte famiglie ucraine, come quella di Zemlyanyi, spezzate dalla distanza sin dai primi giorni del conflitto: “Questa storia è al 50% autobiografica. All’inizio della guerra vivevo a Kyiv, ma la mia città natale è Tokmak, nell’oblast di Zaporizhzhia, dove mia madre ha abitato fino all’inizio del conflitto. La nostra cittadina è stata invasa e, come il protagonista del film, persi il contatto telefonico con mia madre perché i russi bloccarono le comunicazioni. Dopo mesi fu evacuata, per fortuna senza problemi, ma settimane dopo un altro convoglio simile fu bombardato causando 30 morti. Quando vidi quella notizia pensai ‘E se mia madre fosse stata lì?’”.

Com’è avvenuto per Zemlyanyi, il meccanismo di rielaborazione personale del dramma della guerra è diventato un fattore comune per molti scrittori e registi ucraini. Ne è un esempio il romanzo della scrittrice ucraina Maria Reva, Endling, che si interrompe di colpo e si capovolge del tutto con l’inizio del conflitto. Per Zemlyanyi, nelle sue opere è difficile non parlare dell’elefante nella stanza: “La guerra è ovunque, anche solo come sottofondo”. Poi si concede una battuta: “Infatti, durante le riprese alcune volte abbiamo dovuto scartare l’audio per via delle sirene antiaeree che suonavano su Kyiv”. Tornando serio, aggiunge: “In tanti in Ucraina stanno raccontando la guerra, soprattutto attraverso documentari e reportage. Alcuni sono bellissimi e hanno avuto molto successo, come 20 Days in Mariupol. Io preferisco invece descrivere il conflitto attraverso la fiction, anche se con un tocco di realismo. Mi piace giocare con il confine tra documentario e finzione, studio molto Abbas Kiarostami“.

Un altro elemento importante per il regista è la memoria. Nel suo precedente cortometraggio, Re-recorder (2023), Zemlyanyi era riuscito a mescolare scene cinematografiche con i suoi filmini d’infanzia. Ora però questo gli è quasi impossibile: “Non ho più l’album di famiglia. Vengo da una zona occupata e probabilmente i soldati russi ora vivono nel mio appartamento. Quelle foto e quei video che custodivano i ricordi della mia infanzia forse non esistono più. È come se qualcuno ti cancellasse un ricordo dalla testa”.

Il pensiero che invece non se ne andrà è la soddisfazione provata quando ha scoperto di essere stato selezionato per la Mostra di Venezia: “Per un giovane come me, che ancora studia alla Scuola di Cinema, essere scelto per un festival così prestigioso è fantastico. Cercherò di godermi il viaggio e vedere tanti film. I premi non mi interessano”. Una presenza che sarà anche un piccolo strappo alla regola, vista la legge marziale che impedisce agli uomini ucraini fino ai 60 anni di uscire dal Paese.

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Il Fatto Quotidiano

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