Non sono incidenti ma omicidi: dietro ai morti sul lavoro un sistema di complicità

  • Postato il 25 luglio 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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Tre operai sono stati uccisi a Napoli. Sono precipitati da una impalcatura all’ottavo piano, che improvvisamente si è disfatta come neve al sole. Una cosa inconcepibile in un paese che si vanta di essere tra i più avanzati al mondo. Invece gli operai che precipitano dai tetti e dai ponteggi è tornata ad essere una normale tipologia dei crimini contro il lavoro.

Nel 1962 Dario Fo fu licenziato dalla Rai perché disse che gli operai volevano imparare a volare e per questo cadevano dalle impalcature. Oggi siamo di nuovo lì.

Bisogna dire con assoluta chiarezza che nel 2025 le impalcature non cedono per destino, ma solo per vergognosa e colpevole mancanza di manutenzione e di misure di sicurezza. Oggi si lavora spesso in condizioni peggiori di sessant’anni fa, nonostante la tecnologia permetterebbe di lavorare in assoluta sicurezza. E in più, con la precarizzazione gli appalti e la libertà di licenziamento, ogni operaio è ricattato dal padrone sulla base della sola vera regola che disciplini il mercato del lavoro: o mangi questa minestra o salti dalla finestra… letteralmente.

Così si cade dall’alto, si viene schiacciati o divorati dai macchinari, si muore avvelenati nei pozzi, si viene travolti dai carrelli, dalle ruspe, dai treni. Sono tutte morti che potevano tranquillamente essere evitate, ma così non è stato perché la ricerca del guadagno facile e il sistema organico di sfruttamento, hanno reso normale l’uccisione di lavoratori.

In dieci anni 15.000 lavoratori sono stati uccisi perché le norme sulla sicurezza sul lavoro sono ignorate, aggirate, derise perfino.

SONO TUTTI OMICIDI e tutti omicidi impuniti, perché nel paese dove le carceri scoppiano per il sovraffollamento di poveri, non c’è un solo imprenditore detenuto per tutte le migliaia di operaie e operai uccisi sul lavoro.

Il sistema si è abituato e la strage accompagna i profitti, perché se è vero che dove capita il morto poi l’impresa subisce un danno, tutte le altre fuorilegge che sono decine di migliaia, continuano come prima e incrementano i guadagni, risparmiando sulla salute e sulla vita dei lavoratori. Uccidere un operaio sul lavoro è il più conveniente dei crimini.

Le ispezioni sul lavoro sono pochissime, e non solo perché manca il personale per colpa del governo. Ma anche perché non si vuole dare troppo fastidio: l’ispettore che voglia compiere il proprio dovere, e ce ne sono, e che faccia un sopralluogo sul lavoro improvviso e non concordato con la direzione dell’impresa, cioè un controllo vero, beh rischia la carriera o peggio. Un sistema di complicità politiche e di Stato alimenta la strage sul lavoro.

La Presidente del Consiglio Meloni nel suo discorso d’insediamento ha detto che il suo governo non disturberà “il fare” delle imprese. Salvini ha reso ancora più arbitrario e precario il sistema degli appalti. E il ministro dell’ingiustizia Nordio si è pubblicamente opposto al progetto di legge contro gli omicidi sul lavoro, che giace insabbiato in Parlamento. Le amministrazioni regionali e comunali, di tutti i colori politici, nel sistema degli appalti così come nei poteri di controllo sui lavori pubblici, non fanno nulla per fermare la strage. Avete notizia di un cantiere bloccato da un Comune o da una Regione per una iniziativa sulla sicurezza del lavoro? Io no.
E anche la magistratura, tranne rare eccezioni, si adegua alla corrente.

A Brandizzo, in Piemonte, cinque operai che facevano manutenzione ai binari sono stati travolti da un treno in corsa. Cento anni fa non sarebbe successo perché c’era un sistema di vigilanza di persone a monte e a valle dei lavori che avrebbe fermato il treno. Ora con l’elettronica e la tecnologia si potrebbero sostituire le persone di vigilanza. Che infatti non ci sono più, ma non sono state sostituite con adeguate misure di sicurezza. Così c’è stata la strage criminale di Brandizzo, per la quale i giudici hanno sì riconosciuto le evidenti responsabilità dei competenti vertici delle ferrovie, ma hanno derubricato il loro reato. Da omicidio volontario, come avrei ritenuto giusto viste le scandalose mancanze di sicurezza riscontrate, a omicidio colposo. Con il rischio che tra prescrizioni e patteggiamenti i manager se la cavino con poco.

Del resto questa è la giustizia che ha ricevuto Luana D’Orazio, operaia ventenne divorata a Prato da un macchinario tessile nel quale era stato volontariamente messo fuori uso il meccanismo d’arresto, per produrre più in fretta. La padrona dell’azienda ha patteggiato due anni con la condizionale.

La realtà che la strage sul lavoro è come un sistema di mafia: si fonda su affari criminali, complicità di Stato e assuefazione e sottomissione diffuse. La strage di lavoratori si estende per l’ingordigia criminale di certi imprenditori e per la complicità di Stato. È una strage di profitto e di Stato e, finché non sarà affrontata per quello che è, continuerà impunita.

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Il Fatto Quotidiano

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