“Non stendetevi sui teli mare sintetici, al sole rilasciano sostanze tossiche assorbite dalla pelle”: il monito dell’esperta
- Postato il 19 agosto 2025
- Salute
- Di Il Fatto Quotidiano
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Quando il sole batte alto e la voglia di spiaggia ci richiama come un canto irresistibile, uno degli oggetti più gettonati dell’estate entra in scena con la sua allegria di colori: il telo mare. Lo si acquista spesso all’ultimo momento, magari in un negozio turistico o al supermercato, a pochi euro. È leggero, asciuga in fretta, non si stropiccia. Ma dietro la sua praticità si cela una storia meno idilliaca, che riguarda la nostra salute e quella dell’ambiente. Soprattutto quando il telo in questione è composto da materiali sintetici a basso costo.
Poliestere, nylon, microfibra: questi sono i tessuti più comuni nei teli mare low cost. Economici da produrre, resistenti e brillanti nei colori, nascondono però una verità difficile da ignorare. A ogni utilizzo e lavaggio, questi materiali rilasciano piccolissime particelle chiamate microplastiche, fibre inferiori ai 5 mm, spesso invisibili all’occhio umano. Il problema è che queste particelle plastiche non si disperdono nel nulla: si accumulano nei mari, entrano negli organismi marini e, infine, raggiungono anche noi attraverso l’acqua potabile o in alimenti insospettabili come il sale da cucina.
A ribadirlo con forza è anche Raffaella Giugni, segretario generale di Marevivo, fondazione ETS ambientalista attiva da decenni nella tutela del mare: “Il lavaggio dei capi di abbigliamento è una delle cause principali della presenza di microfibre naturali e sintetiche nel mare. Queste particelle invisibili sono ormai ovunque: ogni anno vengono scaricate negli oceani a tonnellate, mezzo milione di microfibre: una quantità pari a 50 miliardi di bottiglie di plastica. Da anni Fondazione Marevivo promuove la campagna #StopMicrofibre proprio per sensibilizzare i cittadini su questo tema poco dibattuto”. Un problema enorme che tocca da vicino anche il nostro stile di vita, a partire da ciò che facciamo ogni giorno tra le mura domestiche.
Come spiega Raffaella Giugni: “Un lavaggio in lavatrice di 5 kg rilascia da 6 a 17 milioni di particelle di microfibre inferiori a 5 mm che si disperdono in mare per poi essere ingerite dai pesci ed entrare così nella catena alimentare, quindi sulle nostre tavole. L’inquinamento invisibile da microfibre continua a danneggiare la salute del mare e con essa quella dell’uomo, per questo è indispensabile adottare comportamenti responsabili anche riformulando le nostre abitudini quotidiane”. A rendere ancora più critico il quadro sono i coloranti e i trattamenti impiegati nelle fasi di tintura, fissaggio e finissaggio dei tessuti sintetici, e le stampe a rilievo, spesso contenenti ftalati, sostanze chimiche classificate come interferenti endocrini, già associate a gravi problemi di fertilità e riproduzione. Secondo l’Environmental Working Group (EWG) e l’Istituto Superiore di Sanità, i ftalati sono legati anche a disturbi del sistema tiroideo e immunitario, alterazioni del metabolismo ed effetti neurocomportamentali.
Non va sottovalutato che, sotto il sole e con la pelle sudata, i rischi cutanei aumentano sensibilmente. Quando ci stendiamo su tessuti sintetici surriscaldati, l’azione combinata di raggi UV, calore e umidità può favorire il rilascio delle sostanze presenti nei materiali o nelle tinture. Questi composti sono assorbiti più facilmente dalla pelle, che sotto stress termico diventa ancora più reattiva e permeabile. Il risultato può essere un aumento di irritazioni cutanee, reazioni allergiche o, nei soggetti più sensibili, dermatiti persistenti. Il rischio riguarda anche bambini e adolescenti, che hanno una pelle più sottile e permeabile. E spesso sono proprio loro ad utilizzare i teli colorati con disegni vivaci e tessuti economici. Sebbene l’effetto di un singolo contatto non sia di per sé allarmante, l’esposizione quotidiana e costante a queste sostanze, sommata ad altri inquinanti che già accumuliamo attraverso l’aria, l’acqua e l’alimentazione, può contribuire a un carico tossico complessivo più elevato per il nostro organismo.
Attenzione poi ai teli mare provenienti da Paesi extraeuropei: possono contenere ammine aromatiche, composti chimici impiegati nella produzione di pigmenti e coloranti, molte delle quali sono vietate nell’Unione Europea a causa dei loro effetti tossici. Questi elementi continuano però a comparire in articoli importati da aree dove le normative sono meno stringenti o applicate con minore rigore. Ciò che è economico per il portafoglio può risultare quindi costoso in termini di salute, specialmente in presenza di pelli già soggette a frequenti allergie o dermatiti. Cosa possiamo fare, allora? Le alternative più virtuose non mancano. Sempre più aziende, anche italiane, propongono teli mare realizzati in cotone biologico certificato, canapa o bambù: fibre naturali, traspiranti, che non rilasciano microplastiche e risultano decisamente più sicuri sulla pelle. Spesso, inoltre, questi tessuti vengono tinti con colorazioni a base vegetale, dermocompatibili e rispettose dell’ambiente. Secondo l’Environmental Working Group (EWG), è preferibile poi acquistare tessuti naturali in colori chiari o terrosi, che in genere non vengono trattati con sostanze chimiche aggressive o pigmenti sintetici.
Certo, il costo iniziale può essere maggiore, ma si tratta di un investimento in salute e sostenibilità. E dura nel tempo: un buon telo da mare, se curato con attenzione, può accompagnarci per molte estati. Sarebbe bello che anche la nostra vacanza diventasse una pausa rigenerante per gli ecosistemi. Perché un asciugamano può sembrare un dettaglio da poco, ma le sue conseguenze viaggiano ben oltre l’ombrellone. E sapere che possiamo essere parte della soluzione, semplicemente scegliendo con consapevolezza quello che mettiamo nella borsa per il mare, è già un buon punto di partenza.
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