“Nottefonda” conquista Cosenza: Francesco Di Leva e Giuseppe Miale di Mauro al Cinema San Nicola
- Postato il 18 maggio 2025
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Il Quotidiano del Sud
“Nottefonda” conquista Cosenza: Francesco Di Leva e Giuseppe Miale di Mauro al Cinema San Nicola
Al Cinema San Nicola di Cosenza, il vincitore del David di Donatello 2025 Francesco Di Leva e il regista Giuseppe Miale di Mauro hanno presentato il film “Nottefonda”. Le inquadrature notturne, la fotografia intensa, l’umanità lacerata dei personaggi hanno lasciato il segno.
COSENZA – Ci sono film che raccontano storie. E poi ci sono film che raccontano ferite. Che ti entrano sottopelle, ti costringono a guardarti dentro, ti accompagnano dove non vorresti andare. “Nottefonda”, il nuovo intenso lavoro di Giuseppe Miale di Mauro, presentato al Cinema San Nicola di Cosenza, appartiene a questa seconda, più rara categoria. La sala gremita, il silenzio rispettoso e gli occhi lucidi del pubblico ne sono stati la conferma. Il finale ha travolto i presenti con un’improvvisa svolta, un colpo di scena che ha spezzato ogni previsione e ha infuso alla narrazione un’emozione indimenticabile. Accolti dal calore della città, il regista e l’attore protagonista Francesco Di Leva hanno condiviso con gli spettatori un’opera che va ben oltre la pellicola.
“Nottefonda” è un’esplorazione profonda dell’animo umano, della perdita, del legame inscindibile tra un padre e un figlio che cercano, nel cuore della notte, di non perdersi del tutto. Moderata dalla giornalista Barbara Marchio, la serata-evento – organizzata da Giuseppe Citrigno, presidente ANEC Calabria e amministratore della CGC Sale Cinematografiche – ha dato spazio non solo alla proiezione, ma soprattutto al racconto di un’esperienza artistica e umana intensa, capace di unire vita e cinema, finzione e verità.
“Nottefonda”: come nasce la storia di Ciro
Liberamente tratto dal romanzo “La strada degli Americani” (Frassinelli), scritto dallo stesso Miale di Mauro, il film “Nottefonda” si concentra sulla figura tragica e struggente di Ciro (Francesco Di Leva), un uomo annientato dalla perdita della moglie, travolta da un’auto pirata. Ogni notte, l’uomo vaga per la città con il figlio tredicenne Luigi (Mario Di Leva), alla ricerca dell’auto rossa assassina, ma soprattutto, di sé stesso. Lungo le strade notturne si confondono i confini tra realtà e delirio, in un viaggio che ha il sapore della colpa, della vendetta, ma anche dell’amore cieco e irriducibile di un padre. In questo viaggio senza pace, i due si tengono in equilibrio sull’orlo dell’abisso, tra la disperazione e una fragile possibilità di salvezza.
«Il libro era finito, ma dentro di me quella storia continuava a vibrare», racconta il regista Miale di Mauro. «Ciro non aveva ancora detto tutto. Era come se mi parlasse. Il libro è a tre voci, ma il film è diventato il suo grido solitario. Un personaggio che credevo di aver lasciato sulla pagina ha continuato a vivere dentro di me. Così, con Francesco e Bruno Oliviero, abbiamo lasciato che quel personaggio ci guidasse. La sua storia ha preso vita, è diventata autonoma. E ha preteso un titolo nuovo, un respiro nuovo: “Nottefonda”». Un titolo che è già una dichiarazione d’intenti: un’immersione nell’ora più buia dell’anima, in quel tempo sospeso in cui tutto sembra perduto. Ma è proprio lì, tra le crepe della disperazione, che può germogliare la speranza.
Francesco Di Leva: «Ecco come sono entrato nel personaggio di Ciro»
Ciro è il cuore pulsante del film, e Francesco Di Leva gli presta il volto, il corpo e, soprattutto, lo sguardo. Uno sguardo che osserva, sfugge, esplode in silenzi che dicono più di mille parole. «Per entrare in un personaggio parto sempre da una domanda: dov’è cresciuto da bambino? Che bar frequentava? Dove ha riso per la prima volta? Anche i più disperati, i cattivi, gli ultimi, hanno avuto un’infanzia, hanno dato un calcio a un pallone, sono stati in braccio a una madre. Io non li giudico, provo a capirli. È lì che nasce l’umanità del personaggio. È lì che il pubblico può ritrovarsi».
Ciro non è un tossicodipendente, ma la sua dipendenza è la rabbia, il senso di colpa, il desiderio impossibile di riscrivere il passato. «Ho parlato con chi davvero ha toccato il fondo – ha raccontato Di Leva – e spesso quello che cerca chi si fa di crack non è lo sballo, ma il silenzio, la solitudine. Non voler incrociare lo sguardo degli altri. Ecco perché il dolore di Ciro mi è sembrato così autentico. L’ho visto negli occhi di mia moglie quando ha perso suo padre. Ho imparato che ognuno ha il proprio tempo per attraversare il dolore. Non si può forzare».

Francesco Di Leva sul set insieme al figlio Mario Di Leva
Ciro è sull’orlo del precipizio, ma a trattenerlo è il figlio Luigi. Ed è proprio il figlio di Francesco, Mario Di Leva, a interpretarlo. Un doppio legame – familiare e artistico – che ha reso il lavoro sul set ancora più profondo e intimo. «Con Mario bastava uno sguardo. È stato un set impegnativo, girato spesso di notte, ma ogni scena ci ricordava che stavamo raccontando una storia necessaria».
Classe 2010, cresciuto tra palcoscenici e prove teatrali, Mario Di Leva ha sorpreso tutti per la sua maturità artistica. Durante l’evento, è intervenuto in videochiamata, con la semplicità e l’intelligenza disarmante dei ragazzini che sentono la verità delle cose: «Papà mi ha lasciato libertà. Per il futuro, provo e spero di continuare a fare questo “gioco” perché per me non è un mestiere. Come si dice? Fai quello che ami e non lavorerai un solo giorno della tua vita». Il regista lo definisce «un bambino con una sensibilità speciale», cresciuto nel ventre caldo del teatro NEST (Napoli Est Teatro), tra prove, attori, scene, e sogni. A cinque anni già chiedeva di visitare una mostra di Monet. Ha giocato a pallone con Tony Servillo nei camerini, ha guardato Mario Martone dirigere «Il sindaco del rione Sanità». L’arte, per lui, è un linguaggio madre.
Film “Nottefonda”: l’ambientazione
Il film è ambientato e girato tra le strade di San Giovanni a Teduccio, nella periferia orientale di Napoli, e nell’arteria stradale degli americani che parte da Via Soria e arriva a Castel Volturno. Un luogo che conosce bene il dolore, ma che custodisce anche il seme della rinascita. «Abbiamo girato lì perché lì siamo nati e cresciuti», spiega Di Leva.
«Quella strada – la ‘strada degli americani’ – è parte della nostra memoria. La gente ci ha accolto. Le comparse? Gran parte di loro sono ragazzi del nostro laboratorio teatrale gratuito – afferma con orgoglio -. Ad oggi, sono 160. È il nostro modo di contrapporre la cultura alla camorra, la speranza al degrado». «La speranza? Sta nei piccoli gesti», sottolinea Francesco Di Leva. «Nel barista che ti sorride, nella persona che ti cede il posto sul bus. È negli occhi di mio figlio. È lì che l’ho ritrovata, anche quando recitavamo il dolore».
L’aneddoto da backstage
Tra le curiosità, il regista Giuseppe Miale di Mauro ha raccontato che Adriano Pantaleo e Francesco Di Leva sono attori profondamente legati alla verità. Tanto che, nelle scene in cui Adriano riceveva schiaffi, lui li prendeva sul serio. Dopo i primi ciak, vedendo dal monitor quanto fossero intensi, «Mi sono avvinato per chiedergli se stesse bene – racconta – e Adriano mi ha risposto di andare avanti. Ma la cosa sorprendente è che si è fatto male nella scena fuori dall’ospedale: era talmente immerso nel personaggio che, camminando in ginocchio verso la macchina, si è provocato un gonfiore assurdo alle gambe».
Un’opera che non concede scorciatoie emotive
“Nottefonda” è un’opera che non concede scorciatoie emotive. Non redime, non assolve. Un cinema che non teme il buio ma ne cerca la luce. Un bagliore che si intravede in fondo al tunnel – incerto, tremolante – e man mano che ci si avvicina, si propaga, investe, trasforma. Una pellicola che non racconta eroi, ma uomini fragili, veri. “Nottefonda” è tutto questo. E molto di più. È un atto d’amore verso la vita, anche quando fa male. Un film che non si guarda soltanto: si attraversa. E si porta dentro, a lungo. Le inquadrature notturne, la fotografia intensa, l’umanità lacerata dei personaggi hanno lasciato il segno. E il pubblico, uscendo dalla sala, sembrava portarsi via qualcosa in più: il peso leggero di una storia che non si dimentica, e il ricordo di occhi – quelli di Ciro, di Luigi, e forse i nostri – che non hanno più paura di guardare.
Il Quotidiano del Sud.
“Nottefonda” conquista Cosenza: Francesco Di Leva e Giuseppe Miale di Mauro al Cinema San Nicola