Nucleare, il piano del governo accentra i poteri e ignora i territori: serve un dibattito pubblico
- Postato il 10 ottobre 2025
- Ambiente
- Di Il Fatto Quotidiano
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Sta passando in una relativa indifferenza del mondo politico e in una acritica adesione di quello dell’informazione uno sforzo della destra al governo ben più meritevole di attenzione: si tratta del disegno di legge delega sul nucleare sostenibile, approvato dal Consiglio dei Ministri il 2 ottobre 2025, che mira a creare un quadro giuridico e operativo per il ritorno della produzione di energia nucleare nel nostro Paese dopo i due referendum del 1987 e 2011.
L’impostazione è fortemente lesiva di principi costituzionali in vigore, mal sopportati da una compagine di centrodestra che infrange le regole con un piglio di arroganza pari alla sottovalutazione di un’opinione pubblica democratica non ancora avvertita, se non addirittura distratta.
La normativa presentata dal ministro Pichetto Fratin mira a creare un quadro giuridico e operativo per la produzione di energia nucleare, concentrando i poteri decisionali nelle mani dello Stato, escludendo Regioni e Comuni e promuovendo un modello economico basato sul rischio d’impresa. Nel disegno di legge delega, in una inedita centralizzazione dei poteri, il Ministero dell’Ambiente assume il controllo delle autorizzazioni e dell’attuazione dei progetti nucleari, superando eventuali ostacoli locali. È perfino previsto un titolo abilitativo unico calato dall’alto che include varianti urbanistiche, dichiarazioni di pubblica utilità e vincoli per l’esproprio.
Saranno gli operatori privati, con un accesso alla finanza pubblica, ad essere responsabili di tutti gli oneri economici e ambientali, inclusa la disattivazione degli impianti e la gestione dei rifiuti radioattivi, senza costi per lo Stato. Il nucleare – definito “sostenibile e parte del processo di decarbonizzazione” – sarebbe sostenuto da “campagne informative nazionali e consultazioni capillari per le popolazioni interessate, integrate nei procedimenti autorizzativi”.
Entro il 2027 dovrebbe essere definito il Programma Nazionale con la società Nuclitalia – costituita da Enel, Ansaldo Energia e Leonardo – “a coordinare la filiera italiana delle tecnologie di nuova generazione”.
E’ di recente uscito in nuova edizione il libro Lo stato atomico di Robert Jungk, che denuncia i pericoli dell’energia nucleare e l’ideologia della deterrenza atomica: il suo contenuto è di grande attualità e appropriatezza se lo si applica all’incauta sortita in corso da parte della lobby nucleare. L’autore descrive l’energia nucleare come una forza che ha introdotto una nuova dimensione di violenza, capace di minacciare non solo gli avversari militari, ma anche i cittadini comuni.
L’autore sottolinea che l’energia nucleare, sia civile che militare, è intrinsecamente ostile alla vita e comporta rischi che non possono essere completamente eliminati. La sua diffusione richiede segretezza, sorveglianza e controllo e misure di sicurezza straordinarie, che spesso sfociano in restrizioni alla libertà e alla partecipazione democratica. E’ questa la dimensione che va richiamata a fronte di un’incauta ripresa di una politica energetica nazionale che svolta senza un adeguato dibattito dalle rinnovabili verso l’atomo e il consolidamento dell’apporto del gas.
Si tratta di passare da energie rinnovabili e decentralizzate, che rispettano l’ambiente e la giustizia sociale, ad una crescente centralizzazione del potere, nonché da fonti disponibili sul territorio ad una dipendenza da tecnologie pericolose per la convivenza e la salute di generazioni.
Si dirà che, in fondo, i nuovi reattori Smr e Asr sono solo complementari – accessori – alle energie dolci e decentrate di sole, acqua e vento, ma una analisi del modello di governo ostentato dal ddl approvato dal Consiglio dei Ministri il 2 ottobre 2025 chiarisce che non c’è compatibilità tra una “via morbida” che si ispira all’ecologia integrale e decentralizza il potere e una “via dura” che favorisce la crescita economica a scapito dell’ambiente e della partecipazione. Vie certamente contrastanti e di non scontato pari gradimento per la compagine di governo in carica.
D’altra parte, non è un mistero che l’attuale amministrazione americana del presidente Trump ci vorrebbe acquirenti del gas trasportato dalle sue metaniere e delle tecnologie dell’atomo in rilancio negli States, anziché autonomi e liberi dai balzelli e dai dazi che ci andrebbero imposti.
Ci si dirà: in fondo le ragioni dei referendum del 1987 e 2011 sono ormai superate. Proprio no, come ho già cercato di argomentare in precedenti post. Non siamo assolutamente di fronte a tecnologie sicure, né a costi vantaggiosi per la finanza pubblica e le bollette dei consumatori, né a tempi compatibili con la crisi climatica. Ma piuttosto di una valutazione sommaria e di un dibattito carente, ben vengano le critiche e una discussione franca, all’altezza della fase che attraversiamo e che non consente affatto di imboccare qualsiasi strada a cuor leggero.
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