Nucleare, la posizione del coordinamento Free: “Una scelta che al momento non ha basi solide e concrete”
- Postato il 13 maggio 2025
- Ambiente
- Di Il Fatto Quotidiano
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Attilio Piattelli, presidente del Coordinamento FREE
Il dibattito sul ritorno all’energia nucleare si sta intensificando, con i consueti schieramenti che si vanno delineando. Da un lato, i contrari assoluti e, dall’altro, aziende interessate al business, sostenute anche da Confindustria, che promuovono con entusiasmo quello che viene definito il nuovo nucleare. A livello politico, l’attuale maggioranza di governo sembra voler accelerare verso quella che viene definita la nuova era del nucleare, proposta come soluzione ideale e dal costo contenuto per la soluzione dei problemi energetici italiani.
Ma è davvero così? Il nucleare è davvero la soluzione dei problemi energetici italiani? Serve approfondire. Il Governo, attraverso il PNIEC, aggiornato nel luglio 2024, ipotizza per il 2050 una quota di energia nucleare doppia rispetto a quella prevista dalla IEA su scala globale. Una scelta di questa portata dovrebbe poggiare su basi tecniche solide e attendibili. Il PNIEC punta su reattori di nuova generazione a fissione: gli SMR (Small Modular Reactor) e gli AMR (Advanced Modular Reactor), entrambi progettati per essere più sicuri e flessibili delle centrali tradizionali. Nessuna di queste tecnologie è disponibile e siamo ancora a livello di prototipi e progetti sulla carta.
Colpisce poi che l’intera giustificazione nel PNIEC sia basata su valutazioni esclusivamente economiche. Si afferma testualmente che «un sistema elettrico interamente basato su fonti rinnovabili, in particolare non programmabili, è possibile, ma non economicamente efficiente» e si stima che lo scenario con nucleare permetterebbe di raggiungere l’obiettivo “Net Zero” con un risparmio di circa 17 miliardi di euro. Ma nel Piano mancano del tutto approfondimenti su aspetti cruciali come la maturità di queste tecnologie nucleari, la sicurezza degli impianti, la disponibilità di combustibile e la gestione delle scorie radioattive.
Da tecnico (ingegnere nucleare), ritengo che le critiche non debbano rivolgersi alla scelta in sé di esplorare l’opzione nucleare, quanto al metodo adottato dal governo. Il MASE dovrebbe spiegare con quali dati afferma che lo scenario con il nucleare è economicamente più vantaggioso rispetto a quello 100% rinnovabili. Questo è tanto più importante se si considera che alcune grandi aziende americane e francesi hanno recentemente annunciato l’abbandono dei loro progetti sugli SMR a causa degli alti costi e delle complessità riscontrate.
Vorremmo poter consultare gli studi, i dati e le valutazioni economiche che stanno dietro la scelta nucleare. Purtroppo, gli studi non sono ancora stati messi a disposizione a distanza di più di nove mesi dalla revisione del PNIEC. Prima di decidere se tornare al nucleare, è indispensabile avviare un confronto aperto, basato su informazioni trasparenti e verificabili, coinvolgendo il mondo scientifico in una revisione indipendente del piano. Solo dopo questa fase potremo valutare davvero la fattibilità e l’opportunità strategica del nucleare, considerandone sicurezza, tempi e costi reali.
Inoltre, non si capisce da un punto di vista tecnico come il nucleare, che per sua natura non è modulante e che serve come energia di “baseload”, possa integrarsi con le rinnovabili che non hanno un problema di quantità di generazione ma di modulazione. Fino a quando non saranno disponibili sistemi di accumulo di media e lunga durata, le rinnovabili hanno bisogno dei cicli combinati e non di nucleare. Scelte di tale portata, che impegneranno il Paese per i prossimi decenni, non si possono ridurre a slogan o annunci a effetto ma vanno supportate da studi scientifici. Attendiamo fiduciosi che il MASE li metta a disposizione.
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