Nuovo stadio o piscina a Potenza vicino deposito gpl. Ma Roma insegna

  • Postato il 8 luglio 2025
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Nuovo stadio o piscina a Potenza vicino deposito gpl. Ma Roma insegna

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A meno di 400 metri dalla ex Cip Zoo potrebbero sorgere a Potenza il nuovo stadio o la piscina olimpionica, vicino un deposito gpl; ma la recente esplosione a Roma fa pensare


A 382 metri dalla ex Cip Zoo – l’area abbandonata e contesa dal patron del Potenza Calcio Donato Macchia che vorrebbe realizzare il nuovo stadio cittadino e dal sindaco Vincenzo Telesca che invece ci costruirebbe una piscina olimpionica – sorge una “azienda a rischio di incidente rilevante”.

La ditta si chiama Mazzola Gas e a definirla così è la Disciplina Seveso, ossia il complesso di norme – europee e nazionali – che si occupano di quelle strutture industriali in cui potrebbero verificarsi incidenti di grande impatto per la comunità che ci vive accanto. Il nome è preso dalla località in cui, il 10 luglio 1976 (fra due giorni saranno 49 anni) si sviluppò la nube tossica che spaventò l’intera nazione per giorni. Nessuno degli intossicati morì – anche se gli effetti sulla salute si registrano ancora oggi – ma perirono 3.300 animali d’allevamento e quasi 80.000 furono in seguito abbattuti.
L’azienda di cui parliamo è sostanzialmente un grande deposito di gpl, gas compresso e dunque in forma liquida.

Da sottolineare subito: esiste un documento pubblico che attesta le numerose misure di sicurezza adottate, la perfetta corrispondenza di quanto predisposto con la legge e dunque la regolarità di ogni aspetto della questione.
Ma questo non esclude la pericolosità – prevista appunto per legge – dell’attività.
Dunque da una parte ci sono i due progetti concorrenti. Dall’altra, a 382 metri in linea d’aria – calcolati con il programma Google Earth – Mazzola Gas. Impianto attivo, regolarmente autorizzato, monitorato, con un Piano di emergenza aggiornato e pienamente conforme alla normativa Seveso, che lo definisce come azienda a rischio d’incidente rilevante, è bene precisarlo, di categoria inferiore. È l’unico sito del genere a Potenza.

Ora, questa distanza, sulla carta, pone la Cip Zoo ben al di fuori della cosiddetta “zona II di danno”, quella in cui, secondo il Piano di emergenza esterno 2024 della prefettura, l’eventuale flash-fire (incendio di una nuvola di vapore infiammabile) conseguente a un incidente potrebbe causare lesioni irreversibili. Secondo il documento, questa zona si ferma a un raggio di 122 metri. L’Ex Cip Zoo ne è tre volte fuori. In regola, dunque. Tutto legittimo.

Ma è davvero tutto tranquillo?
La domanda è lecita, e si fa urgente, soprattutto alla luce dei fatti recenti. Il 4 luglio scorso, a Roma, un’esplosione violentissima è deflagrata in un distributore di carburanti, ustionando e ferendo molte persone, fra cui l’agente di polizia lucano Francesco D’Onofrio che, per aiutare i feriti, è rimasto coinvolto a sua volta (un articolo su di lui nella pagina precedente).
I video dell’incidente hanno mostrato quanto possa essere devastante in pochi secondi la combinazione di combustibile e fuoco. Anche in contesti dove si presume siano attive tutte le misure di sicurezza previste.
E allora forse non si tratta solo di ciò che è “in regola”. Ma anche di ciò che è ragionevole prevedere osservando il criterio della massima prudenza.

Il documento della prefettura – oltre 50 pagine dettagliatissime – descrive un sistema di prevenzione e intervento ben articolato: sensori, valvole di blocco, sirene, zone di impatto, soglie di letalità, evacuazioni programmate, piani di chiusura stradale, perfino il ruolo della Polizia locale nella regolazione del traffico. È il risultato di anni di buone prassi e aggiornamenti metodici. Nulla da eccepire.
E tuttavia, quando ci si appresta a pianificare nuovi insediamenti destinati ad accogliere migliaia di persone – che siano tifosi e giocatori allo stadio, famiglie e squadre in piscina – la questione della prossimità a un sito a rischio rilevante non può essere considerata un semplice dettaglio urbanistico. È, prima ancora, una questione di prudenza, appunto.

Lo dice la legge, certo. Ma lo dice ancor più il buon senso. Perché un evento raro – com’è per fortuna un incidente rilevante – resta pur sempre possibile. E il fatto che qualcosa non sia mai successo, non può diventare garanzia che non succederà mai.

Qualunque progetto si realizzi, le pubbliche autorità non possono costruire o autorizzare con gli occhi bendati. L’azienda, ripetiamo, non c’entra nulla: a quanto risulta dalle carte, rispetta tutte le normative e mantiene elevati standard di sicurezza. Né si tratta di fermare opere pubbliche agitando spauracchi. Si tratta di inserire anche il tema del rischio, in modo trasparente, nel dibattito politico e pubblico. E finora – su questo aspetto specifico – il dibattito è mancato.
D’altronde, basta leggere i numeri: la capacità effettiva di Mazzola Gas (dati estratti sempre dal Pee 2024) comprende 2 serbatoi da 100 metri cubi ciascuno (ossia 200.000 litri di gpl) più un deposito bombole piene da 10 metri cubi (circa 10.000 litri) oltre a spazi di imbottigliamento e bombole vuote e non bonificate.

Una stazione urbana di servizio standard ha una capacità fra i 10.000 e i 25.000 litri per tipo di carburante (lo stabilisce la legge), dunque fino a 50–90.000 litri totali. Eppure l’onda espansiva dell’esplosione di Roma ha rotto le finestre entro un raggio di 300 metri.
E poi, bisogna considerare non solo gli effetti fisici e chimici di esplosioni, nubi di gas e incendi ma anche il panico che si può scatenare.
Lasciare nell’ombra la questione della vicinanza a un deposito di gpl sarebbe una mancanza grave. Un errore che nessuna carta tecnica potrebbe correggere a posteriori.
Forse è il momento di ridisegnare la mappa delle priorità e di chiedersi, prima di tutto, se è davvero quello il posto migliore.

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