Oltre le linee guida del ministero sull’Ai: ogni biblioteca scolastica è laboratorio dell’umano

  • Postato il 8 settembre 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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Le nuove linee guida ministeriali per l’intelligenza artificiale a scuola sono arrivate. Tra entusiasmo istituzionale e realtà delle aule, serve un’alleanza educativa per non lasciare soli studenti e insegnanti.

Ieri sera un’amica dirigente scolastica di Roma mi ha chiamato dopo il primo collegio docenti. “Mauro, hanno presentato le linee guida sull’AI. Pubblicate il 29 agosto. Trentaquattro pagine da studiare mentre ChatGPT è già prassi per i compiti e i genitori delegano anche quello. Senza consapevolezza dei rischi, ignorando le opportunità.”

Il suo sfogo mi ha spinto a leggere il documento. Belle parole: centralità dello studente, supporto ai docenti, trasparenza. Manca il riferimento alle famiglie, ma ci penseremo noi docenti, come sempre. L’aspetto paradossale? Chiedono valutazioni d’impatto prima di usare qualsiasi strumento. Con quali competenze? Le innovazioni AI arrivano settimanalmente mentre noi dovremmo coordinare valutazioni che richiedono mesi.

Le linee guida nascondono un paradosso: chiediamo agli insegnanti di guidare una rivoluzione per cui non sono stati preparati. Dieci scuole pilota nel Lazio stanno sperimentando. Cosa? Il ministero promette piattaforme, audit. Ma provate a dire “nuova piattaforma” a un docente: le braccia gli cadranno. Nel 2025 significa solo più burocrazia e controllo.

Il vero nodo che le linee guida trattano come il sesso degli angeli

Il punto in questa ennesima transizione digitale non è tecnologico ma umano. Qui sta il paradosso.

Ethan Mollick, professore alla Wharton School e autore de L’intelligenza condivisa, lo dice chiaro: credere che i tecnici siano i più adatti all’AI è un errore madornale. “Non lasciare l’AI ai soli esperti STEM. Spesso sono molto peggiori nel far fare cose all’AI rispetto a chi ha un background umanistico.” Perché? “Gli LLM sono costruiti sul vasto corpus dell’espressione umana”. Chi conosce storia, cultura, letteratura sblocca il potenziale dell’AI meglio di chi conosce solo algoritmi.

Ora che l’AI risolve problemi meglio di noi, scopriamo che ci manca qualcosa di più profondo: competenze interiori che ci rendono umani. Non parlo di religione, ma di quella capacità di fermarsi, chiedersi “perché lo sto facendo?”, sentire il peso delle proprie scelte.

Ma come si fa?

C’è una via percorribile: le biblioteche scolastiche, centinaia in Italia. Non servono investimenti faraonici. Possono diventare “laboratori dell’umano” dove si allenano quelle competenze interiori. L’Associazione Italiana Biblioteche (https://www.aib.it/) ha già lanciato corsi che trasformano la biblioteca in laboratorio dove l’AI potenzia, non sostituisce, le capacità umane.

Immaginate gruppi che praticano “shared reading”, condividendo emozioni attraverso la lettura. È così che si allena l’empatia. Come spiega Gino Roncaglia, le biblioteche devono diventare hub di “AI Literacy”. Interventi a basso costo: lettura condivisa, laboratori dove l’AI stimola l’apprendimento invece di sostituirlo. Spazi dove annotare a mano, perché scrivere a mano aiuta lo sviluppo cerebrale – non solo cosa si è imparato ma perché ha senso. Dove giocare con cose tipo: “questo l’ho generato con ChatGPT, verifichiamolo insieme”.

Il ministero dovrebbe chiarire come spenderà i fondi AI. Con megabandi per le multinazionali big tech americane?

Alla telefonata della mia amica non sapevo rispondere. È stato L’architetto e l’oracolo di Roncaglia sulla mia scrivania a suggerirmi che la prima tecnologia da attivare è una porta che si apre: quella della biblioteca. Le biblioteche possono diventare monasteri laici che custodiscono ciò che l’AI non replicherà mai: fermarsi, riflettere, condividere.

Questo nelle linee guida non c’è. Ma nel cuore di ogni educatore sì. Quando suonerà di nuovo il telefono, vorrei rispondere: “Ci sono già scuole che hanno iniziato, dalla biblioteca.” Ogni scuola può iniziare domani. Serve solo volerlo, insieme. Prima che sia troppo tardi.

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