Omicidio Cordì, la Cassazione conferma l’ergastolo per la compagna Susanna Brescia
- Postato il 9 ottobre 2025
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Il Quotidiano del Sud
Omicidio Cordì, la Cassazione conferma l’ergastolo per la compagna Susanna Brescia
La Cassazione conferma l’ergastolo a Susanna Brescia per l’omicidio del compagno Vincenzo Cordì fatto bruciare vivo nel 2019. Annullata con rinvio la posizione dell’amante e al figlio maggiore della Brescia.
GIOIOSA JONICA (REGGIO CALABRIA) – Carcere a vita per Susanna Brescia. La Corte di Cassazione, ieri, 8 ottobre 2025, ha messo un punto fermo, nel processo per l’omicidio di Vincenzo Cordì, il cameriere trovato carbonizzato all’interno della sua auto, in località Scialata, a San Giovanni di Gerace, nel novembre 2019.vI giudici supremi hanno confermato la condanna all’ergastolo per Susanna Brescia, compagna della vittima, rigettando senza appello il ricorso presentato dai suoi difensori. La sentenza, già ribadita in appello a Reggio Calabria, diventa ora definitiva per la donna, ritenuta responsabile dell’atroce omicidio del convivente.
IL TRIANGOLO DI SANGUE: NUOVO GIUDIZIO PER AMANTE E FIGLIO
Destino processuale invece diverso, ma ancora sospeso, per gli altri due imputati, Giuseppe Menniti (amante della donna) e Francesco Sfara (figlio maggiore della Brescia avuto dal primo matrimonio), anche loro accusati a vario titolo di aver preso parte all’omicidio. La Cassazione per loro ha annullato con rinvio la sentenza di secondo grado, ma in modo circoscritto: il nuovo giudizio, affidato a un’altra sezione della Corte d’Assise d’Appello di Reggio Calabria, dovrà concentrarsi esclusivamente sull’aggravante della premeditazione.
L’INGANNO DEL SUICIDIO E IL BAGLIORE DEL LAMPO FATALE
La Corte d’Appello di Reggio Calabria, 12 luglio 2024, ha confermato la sentenza di ergastolo per la Brescia, così come era stata condannata il 28 giugno 2022, dalla Corte d’Assise di Locri. L’impianto accusatorio, crudo e dettagliato, della procura di Locri sostenuto nel 2019 e per tutto il processo di primo grado dal pubblico ministero Marzia Currao, ha smontato il tentativo della Brescia di depistare le indagini. La donna aveva provato a far credere agli inquirenti che il compagno si fosse suicidato, complice un presunto periodo di depressione. Per l’accusa, l’omicidio fu commesso di notte, nel cuore del maltempo che imperversava sulla Locride. Cordì sarebbe stato condotto con l’inganno dalla moglie in aperta campagna, prima di essere tramortito e cosparso di benzina all’interno della sua automobile.
Determinante per incastrare la Brescia è stato un lampo di tuono. Proprio il bagliore del lampo ha illuminati la strada mentre l’auto – a luci spente- di Susanna Brescia, transitava davanti a una telecamera di videosorveglianza privata. Quel dettaglio, nel buio della notte e della verità, ha squarciato il velo, consentendo di ricostruire la dinamica con cui i responsabili si sarebbero procurati il carburante per dare alle fiamme il corpo e l’auto della vittima. Un’importante aiuto per le indagini è stato portato anche dalla famiglia di Vincenzo Cordì, dalla sorella e dalla madre che in modo dettagliato e obiettivo hanno raccontato gli eventi che si sono susseguiti. Vincenzo Cordì e Susanna Brescia convivevano e dalla loro relazione erano nati due bambini gemellino.
IL TENTATO AVVELENAMENTO TRE ANNI PRIMA DELL’OMICIDIO
Vincenzo i suoi gemellini li amava più di sé stesso, al punto da morire. La convivente Susanna già nel settembre 2019 aveva intrapreso una relazione sentimentale con Giuseppe Menniti. La donna all’epoca dell’omicidio aveva 42 anni. Covava odio e gelosia per quel suo compagno che le aveva confidato di non fidarsi più di lei. Vincenzo, infatti, conosciuto da tutti per la sua bontà d’animo, aveva intenzione di interrompere la relazione e portare con sé i gemelli. Aveva infatti capito che era stata proprio la sua Susanna a tentare di avvelenarlo con la somministrazione di barbiturici nell’aprile del 2016. E pare avesse scoperto anche che la donna lo tradiva.
Nell’aprile del 2016, infatti, Vincenzo dopo aver fatto colazione prima colazione con la compagna e poi al bar, si era sentito male ed era finito in ospedale: avvelenamento da benzotamine fu il referto medico. La procura di Locri aprì un fascicolo contro ignoti ma ben presto tutto venne archiviato. La convivenza tra i due proseguì. Ma, Vincenzo non si fidava della compagna.
«Tu hai più di uno» di amanti, e «ho sopportato fino a ora solo per i piccoli», aveva scritto su whatsapp Vincenzo a Susanna qualche tempo prima dell’omicidio. Sarebbe questo, secondo l’accusa, il movente dell’orribile delitto. E la tesi dell’accusa sostenuta dal sostituto procuratore, Marzia Currao della Procura di Locri che ha diretto le indagini svolte dai carabinieri, è stata sposata in pieno in primo grado e confermata nel secondo grado di giustizia. I condannati adesso dovranno liquidare anche le spese legali delle parti civili Teresa e Rosamaria, madre e sorella del povero Vincenzo Cordì. Le due donne di Vincenzo, sostenute dall’avvocato Rocco Guttà, non hanno mai mancato ad una udienza dei due gradi di giudizio.
L’OMICIDIO DI CORDì E LE INDAGINI CHE HANNO PORTATO ALL’ERGASTOLO DELLA SUA COMPAGNIA SUSANN BRESCIA
Era la tarda serata dell’11 novembre 2019. Nel cielo della Locride era in atto un maltempo. Quella sera in cui Susanna con una scusa portò Vincenzo in montagna. Le ultime immagini di una telecamera di videosorveglianza mostrano Vincenzo, pochi minuti prima della morte, lo ritraggono sereno, acquistava uno snack alla cioccolata. Era, infatti, dentro un bar sulla strada che da Marina di Gioiosa Ionica lo ha condotto nella località montana “Scialata”. Località dove poi è stato ucciso.
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Il gigante buono, come era definito da tutti per la sua statura e per la bontà d’animo, è stato prima tramortito. Poi, è stato messo dentro l’auto in posizione supina, sdraiato sul lato guidatore, con la testa collocata tra il pomello del cambio ed il volante. Là in quella posizione anomala per un suicidio, è stato fatto bruciare lentamente. Il giorno seguente la Brescia ha allertato i carabinieri ma a fare la denuncia di scomparsa è stata fatta dalla sorella di Vincenzo. Quando i militari hanno rinvenuto il cadavere carbonizzato, la Brescia al fine di depistare le indagini, ha raccontato che Vincenzo parlava di suicidio. I medici legali, Pietro Tarzia e Antonio Introia, non hanno avuto dubbi: Vincenzo era ancora vivo quando il suo corpo è stato dato alle fiamme.
Tre mesi di indagini meticolose, svolte con passione e in perfetta sinergia tra la Procura di Locri e i Carabinieri della compagnia di Roccella Jonica, hanno potato alla luce uno dei delitti più efferati mai avvenuto nella Locride. Non era facile per gli inquirenti risolvere il caso di Vincenzo Cordì ma il 3 febbraio 2020, sono scattati gli arresti.
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