Opel Zafira, vent’anni dalla seconda generazione: un’auto che ha fatto scuola
- Postato il 27 luglio 2025
- Auto
- Di Virgilio.it
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C’era un tempo in cui parlare di “auto di famiglia” non significava SUV, ma monovolume compatta. E a fare scuola, almeno in Europa, era stata lei: la Opel Zafira. La seconda generazione – oggi a vent’anni dal lancio – veniva svelata nel 2005, e segnava un’evoluzione netta rispetto al primo modello, che dal 1999 aveva cambiato il modo di pensare lo spazio a bordo.
Prodotta nello stabilimento tedesco di Bochum, la nuova Zafira arrivava in Italia nel settembre 2005, forte di oltre 1,3 milioni di esemplari venduti della prima serie. La linea diventava più dinamica, lo stile più maturo, e la sostanza – come da tradizione Opel – restava tutta sotto la carrozzeria: motori moderni, dotazioni avanzate, e soprattutto quella versatilità che aveva reso celebre il modello.
Tanto spazio a bordo
Al centro dell’esperienza restava il sistema Flex7, un brevetto Opel che ancora oggi viene ricordato come uno dei più ingegnosi della categoria. Bastava un gesto per passare da sette posti a due soli sedili, con un vano di carico piatto da 1.820 litri, senza smontare nulla e senza dover impazzire a trovare posto per le sedute rimosse. Niente di paragonabile nella concorrenza diretta dell’epoca. Il salto di qualità, rispetto alla prima generazione, era netto anche dentro all’abitacolo. Più spazio, materiali migliorati, e un posto guida razionale, cucito addosso a chi l’auto la usava davvero ogni giorno. Opel aveva fatto centro ancora una volta, con un occhio di riguardo al comfort e all’ergonomia.
Ma il colpo di scena arrivava dal tetto. La Zafira-B fu la prima al mondo a offrire un tetto panoramico con scomparti porta-oggetti integrati. Una lunga console trasparente, suddivisa in cinque vani, attraversava l’abitacolo come una passerella aerea, mentre i quattro grandi pannelli in vetro – protetti da vetri fumé e da un sistema di oscuramento elettrico – trasformavano l’interno in un salotto luminoso.
Tecnica da grido
La tecnica non era da meno. L’autotelaio IDSPlus (Interactive Driving System), mutuato dall’Astra, veniva adattato per la Zafira, introducendo ammortizzatori a controllo elettronico (CDC), in grado di modificare la risposta in tempo reale. C’erano poi i fari bi-xenon AFL, orientabili in curva, una novità assoluta nel segmento. L’offerta motori era tra le più ampie del mercato: benzina e diesel da 1.6 a 2.0 litri, con potenze da 101 a 200 CV. E per chi cercava qualcosa in più, arrivava la versione OPC con ben 240 CV: una sportiva vera, capace di sorprendere anche su pista. I diesel montavano tutti iniezione diretta common rail e filtro antiparticolato DPF di serie, senza necessità di manutenzione. A completare il quadro, una versione a metano, pensata per chi cercava risparmio e sostenibilità prima ancora che diventasse moda.
La carriera della Zafira-B sarebbe durata fino al 2014, anno in cui lasciò spazio alla terza generazione, ribattezzata Zafira Tourer. Ma è quella seconda serie a restare impressa nella memoria di molti automobilisti europei. Un tempo in cui si pensava alla praticità senza rinunciare alla tecnica, e dove un’auto familiare poteva ancora essere intelligente, versatile e, perché no, pure bella da guidare. Oggi le monovolume sono quasi sparite, ma chi ha vissuto gli anni d’oro della Zafira, difficilmente li ha dimenticati.