Opera d’arte e sistema dell’arte. I casi di Anna Weyant e della galleria Air de Paris vs Art Basel
- Postato il 1 maggio 2025
- Arte Contemporanea
- Di Artribune
- 1 Visualizzazioni

Due storie, due frammenti, due situazioni che sembrano lontane tra di loro, irrelate, e che invece hanno più di un punto in comune – e che dicono qualcosa sul mondo dell’arte, su alcune derive e mutazioni in corso che lo riguardano e che ci riguardano.
L’ultimo libro di Gabriele Guercio
Uno. Gabriele Guercio fa partire il suo ultimo libro appena uscito per Quodlibet, Arte e decadenza. Dilettanti professionisti maestri, dall’analisi dello straordinario e sorprendente successo delle opere della giovane artista Anna Weyant, entrata rapidamente nella scuderia ambita di Gagosian e oggetto dell’attenzione spasmodica di mercato e istituzioni: “Si potrebbe ignorare l’exploit di Anna Weyant, non fosse per il fatto che il suo non è un episodio passeggero né isolato, bensì l’esito di un processo decennale e tuttora in corso che è andato trasformando l’identità e la pratica di numerosi artisti. Non vi è certo bisogno di leggere gli scritti di Danto o Dickie per figurarsi l’attuale status quo, e cioè che a legittimare la cosiddetta arte contemporanea al livello mondiale sia un apparato istituzionale di musei, gallerie e media governato da individui concreti – amministratori, manager, curatori – a loro volta sorretti da ineludibili aspettative, discorsi, ideologie e interessi. Si tratta, perlopiù, di persone la cui modesta conoscenza della storia dell’arte viene compensata da spiccate doti negoziali, familiarità con le leggi dell’economia, capacità organizzative e intuito per tutto quanto è in voga o ha chance di diventarlo” (Una decadenza in atto? – Gabriele Guercio).
La rilevanza di un’opera d’arte nel mercato
Gli ‘individui concreti’ che dunque operano le scelte significative sono, appunto, ‘amministratori manager curatori’. L’oggetto dell’attenzione, e anche la natura, la qualità per così dire di questa attenzione, è diventata totalmente pratica, organizzativa, manageriale. L’opera stessa, dunque, si è adattata piuttosto agevolmente a questo spostamento, a questo riorientamento generale: se essa viene scelta, viene validata, allora vuol dire che è importante; è rilevante cioè grazie a questa scelta e a questa validazione, a questo riconoscimento, non l’inverso. Non c’è più alcun bisogno, cioè, che l’opera venga individuata e riconosciuta come rilevante.

Politica e opere d’arte
È un movimento non da poco, che ovviamente non avviene dall’oggi al domani ma che ha alle spalle una tradizione ormai almeno quarantennale, un percorso fatto di scarti e di salti ma anche di evoluzioni coerenti. Per cui – come giustamente sottolinea Guercio – o Weyant è perfettamente plausibile, oppure se non lo è occorre mettere in discussione anche molti dei passaggi precedenti in questo stesso percorso, che vanno nella direzione di un populismo/qualunquismo elitario/oligarchico (non a caso, questa singolare congiunzione degli opposti è la stessa che troviamo nella società e nella politica attuali).
Air de Paris contro Art Basel
Due. Sempre in tema di oligarchia, ha fatto scalpore anche su queste pagine la vicenda del gran rifiuto opposto dalla galleria Air de Paris alla fiera ArtBasel, causato da uno spostamento non gradito nella posizione dello stand (La galleria Air de Paris non parteciperà alla fiera Art Basel 2025). Ora, questa motivazione apparentemente banale si rivela invece il sintomo di un processo in atto, che ha a che fare con la chiusura e l’esclusione, come giustamente indicano nella loro lettera pubblica con cui i galleristi Florence Bonnefous ed Edouard Merino denunciano le condizioni da loro reputate “brutali e ingiuste”: “Mentre è comprensibile che la tendenza recente a un modello corporate abbia dato priorità all’efficienza manageriale, portando a nuove strutture e nuovi comportamenti, non comprendiamo perché Air de Paris sia stata spostata dalla sua posizione centrale a una secondaria, che ci discredita. (…) Allo stesso tempo, siamo felici di poter dimostrare che è possibile dire NO” (Air de Paris’ Art Basel Withdrawal).
Ancora più chiare le conclusioni di “Provence”, che ha pubblicato la lettera: “l’arte come portavoce di un’industria che vende intrattenimento di lusso e celebrazione della ricchezza: il mercato dell’arte sembra sempre più seguire i recenti sviluppi della società, e quindi non è sorprendente assistere a un rafforzamento delle oligarchie. (…) Se siamo costretti a parlare il linguaggio del branding di lusso, allora dovremmo porci queste domande: di che tipo di industria vogliamo far parte? Che tipo di pubblico vogliamo attrarre? E su quale palco vogliamo stare?”
Arte e industrie culturali
È evidente che l’arte contemporanea ha subito e sta subendo una trasformazione velocissima e profondissima, in parte inattesa in parte preparata dagli eventi degli ultimi decenni. Una trasformazione che non riguarda solo la posizione di uno stand o le fortune di giovani pittori più o meno di talento, ma in fondo che cosa chiediamo all’opera, o che cosa non le chiediamo più; e non so, a questo punto, in quanti ne sono realmente consapevoli o, se è per questo, a quanti interessi.
Christian Caliandro
Libri consigliati:
(Grazie all’affiliazione Amazon riconosce una piccola percentuale ad Artribune sui vostri acquisti)
Gli episodi precedenti
L’articolo "Opera d’arte e sistema dell’arte. I casi di Anna Weyant e della galleria Air de Paris vs Art Basel" è apparso per la prima volta su Artribune®.