Operazione Saulo, decine di imprenditori denunciano il racket del “locale” di Cirò
- Postato il 14 ottobre 2025
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Il Quotidiano del Sud
Operazione Saulo, decine di imprenditori denunciano il racket del “locale” di Cirò
Dall’operazione “Saulo” emerge come nuove leve e veterani del “locale” di Cirò imponevano il racket su turismo, appalti pubblici e grande distribuzione. Dal turismo agli appalti finanziati col Pnrr alle serate danzanti, tutto nelle mani del clan.
CIRÒ MARINA – «Una cortesia vi chiedo. Se possiamo fare qualcosa per aiutare quelli che hanno i lidi. Poverini. Questo è il periodo in cui vanno a chiedergli i soldi». Una pista sul racket delle serate danzanti negli stabilimenti balneari al procuratore Domenico Guarascio la fornì il pentito Gaetano Aloe, l’ultima gola profonda del “locale” di ‘ndrangheta di Cirò. Un “locale” di ‘ndrangheta che, nonostante fosse stato colpito con la maxi operazione Stige e, più di recente, con l’operazione Ultimo Atto, si era rimesso all’opera. Ma la cosca Farao-Marincola è come la coda delle lucertole. Se la tagli, ricresce. Non c’era, però, soltanto un sistema di estorsioni imposte agli operatori turistici.
NUOVE LEVE E VETERANI
Le nuove leve del clan e i veterani tornati in libertà avevano allungato le mani su ogni settore dell’economia, dalla grande distribuzione commerciale agli appalti pubblici finanziati con fondi Pnrr. Le rivelazioni raccolte dal pm allora in servizio alla Dda di Catanzaro e oggi alla guida della Procura di Crotone sono state decisive. Perché Aloe ha fatto nomi e cognomi degli esattori del clan. Ma molte delle vittime hanno denunciato e buona parte delle estorsioni si sono fermate allo stadio del tentativo. Denunciare paga. Così è scattata l’indagine dei carabinieri del Comando provinciale di Crotone, coordinata dal procuratore Salvatore Curcio e dal sostituto Elio Romano. Operazione Saulo, l’hanno chiamata, con riferimento a un episodio cruciale nella storia della Chiesa cattolica. Quello della conversazione di San Paolo, da persecutore ad apostolo. Forse un richiamo al percorso spirituale seguito da Aloe, il cui ravvedimento sarebbe iniziato in carcere. Ventuno le misure, di cui 18 in carcere e 3 sottoposizioni all’obbligo di dimora. Ma sono 45 gli indagati.
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DENUNCIARE PAGA
«Denunciare paga». Lo ha detto anche il colonnello Raffaele Giovinazzo, comandante provinciale dei carabinieri di Crotone. «Decine di imprenditori hanno denunciato i loro estorsori. Questo ha consentito di individuare i responsabili e assicurarli alla giustizia. L’operazione Saulo conferma che la denuncia è l’unico modo per garantire legalità perché le imprese possano operare in maniera sana e regolare anche nel territorio di questa provincia», ha detto l’ufficiale commentando l’importante risultato operativo. Un’inversione di tendenza a queste latitudini.
RACKET SUL TURISMO
Inquietante l’episodio di illecita concorrenza con minaccia contestato all’imprenditore Cataldo Mazzone, indagato a piede libero, titolare dello stabilimento Baia de Punta, che si sarebbe rivolto al clan per impedire al concorrente Luigi Valente, proprietario del lido Habanero, di tenere alcune serate. Le minacce, secondo l’accusa, erano volte a condizionare il settore del turismo e dell’intrattenimento. Luigi Vasamì, Luca Frustillo, Gianluca Scigliano, ritenuti esponenti della cosca, sarebbero intervenuti per concordare nella stagione estiva le date delle serate, al fine di evitare minori introiti a Mazzone. La programmazione del divertimento spettava al clan. «L’anno prossimo già a gennaio ci dobbiamo mettere d’accordo, perché si deve lavorare tutti». L’imprenditore vessato ha denunciato. Ma in passato ha subito uno stillicidio di danneggiamenti. Altro imprenditore che non si è piegato, il titolare dello stabilimento balneare Poseidon, una struttura già divenuta bersaglio di colpi d’arma da fuoco. A lui era stato chiesto un “contributo” sui suoi incassi.
RACKET SUI LAVORI PUBBLICI
Una delle imprese finite nella morsa del clan sarebbe stata la Soigea, con sede a Sarno, impegnata in lavori pubblici di edilizia stradale nella provincia crotonese. L’estorsione si è fermata allo stadio del tentativo perché il responsabile dell’area cirotana ha denunciato tutto. Lo avevano tempestato di telefonate e lo avevano incontrato più volte, gli esattori del clan. Il reggente nella fase focalizzata dall’inchiesta sarebbe stato Basilio Paletta, essendo i leader storici della cosca (Giuseppe e Silvio Farao e Cataldo Marincola) da tempo detenuti. Paletta, secondo l’accusa, è il mandante anche delle estorsioni alla ditta Elettrosud di Cotronei, impegnata in lavori nei centri abitati di Cirò e Carfizzi. Ma avrebbe anche tentato di costringere i titolari dell’impresa V&M Immobiliare a versare una quota sui lavori di ricostruzione del plesso scolastico Butera di Cirò Marina. Anche il titolare dell’impresa Mazzei, facente parte di un raggruppamento di imprese con la V&M, sentendosi minacciato nel cantiere si è rivolto alle autorità. Altra ditta finita nel mirino la Tecnoedil&Sport di Crotone, che si era aggiudicata i lavori per la rigenerazione dell’impianto sportivo Punta Alice, sempre a Cirò Marina. Anche in questo caso l’imprenditore non si è piegato alle richieste estorsive.
Operazione Saulo, Cirò RACKET SULLE PIZZERIE
Una delle vittime è stata addirittura costretta a chiudere la sua pizzeria ed emigrare in un’altra regione per il timore di ritorsioni. L’imprenditore sarebbe stato costretto a rifornirsi di prodotti alimentari da due indagati, Luigi Marinello e Salvatore Berardi. Essendo la risposta dell’esercente negativa, i due, mentre erano alla guida di un’auto Fiat “Panda”, avrebbero tentato di speronare e far cadere la vittima che conduceva un motociclo, minacciandolo di volerlo picchiare.
RACKET SULLE POMPE FUNEBRI
A una ditta che si occupa di pompe funebri, quella dei fratelli Sestito, avrebbe chiesto importi sui guadagni direttamente il presunto reggente del clan, Basilio Paletta. La protezione del clan era stata offerta con la garanzia che la ditta avrebbe aumentato i propri introiti. Ma anche in questo caso gli imprenditori hanno deciso di non cedere.
RACKET SULLA GRANDE DISTRIBUZIONE
«Sono amico di Basile. Saremmo dovuti passare a Natale ma siamo venuti a Pasqua». Due presunti affiliati alla cosca Megna di Papanice, Orlando Genovese e Domenico Pace, sono accusati di aver tentato di costringere il titolare del centro commerciale Unieuro di Crotone a versare somme estorsive. I due avrebbero speso il nome del presunto reggente del “locale” di Cirò tentando di intimorire l’imprenditore originario del Cirotano. Ma anche in questo caso la vittima ha opposto un rifiuto e ha denunciato.
Operazione Saulo, Cirò: RACKET SULLA SPAZZATURA
Tentacoli anche sul settore dei rifiuti. Due presunti esponenti della cosca Giglio di Strongoli, Pasquale e Donatello Mancuso, avrebbero tentato di imporre assunzioni al sindaco Francesco Benincasa. Sarebbe stato Donatello Mancuso a intimare al primo cittadino: «Mio fratello lavora alla spazzatura. Vedi cosa devi fare». La richiesta, secondo la ricostruzione degli inquirenti, era che venisse assunto a tempo indeterminato presso l’impresa Sea di Rocca di Neto, subentrante alla ditta Mar Service di Catania nella gestione del servizio di raccolta rifiuti del Comune di Strongoli, un congiunto dell’indagato. Anche se non aveva maturato i requisiti per ottenere il posto di lavoro.
IL “PADRONE” DI STRONGOLI
Del resto, gli affiliati al clan di Strongoli pare ritenessero di avere la supremazia nel territorio. «Lo sai chi sono io? Io sono il padrone di Strongoli. Da lì te ne devi andare». A parlare, secondo la ricostruzione degli inquirenti, era Enrico Miglio, presunto esponente di vertice della ‘ndrina, che avrebbe tentato di impossessarsi di un appezzamento di terreno intimando al proprietario di “raccogliere i suoi stracci” e andarsene. Altrimenti avrebbe fatto una “brutta fine”. La vittima ha denunciato anche in questo caso.
RACKET AI CINESI
Non veniva risparmiato neanche il titolare di un’attività commerciale gestita da cinesi, costretti a versare 1000 euro con cadenza mensile. In questo caso, le estorsioni si sarebbero protratte fino alla cessazione dell’attività. L’esattore avrebbe poi versato ai maggiorenti del sodalizio criminoso la somma incassata dai titolari di una rivendita di abbigliamento.
LA BACINELLA
Gli inquirenti ritengono di aver documentato l’esistenza di una “bacinella”, la cassa comune del clan adoperata per sostenere economicamente le famiglie dei detenuti e corrispondere le relative spese legali. Dalla bacinella sarebbero stati prelevati circa 30mila euro per l’acquisto di un’autovettura messa nella disponibilità del presunto reggente, Basilio Paletta. Ciò al fine di eludere un imminente sequestro a carico di Paletta, vecchia conoscenza delle forze dell’ordine.
ASTE TRUCCATE
C’è anche una presunta turbativa d’asta registratasi nell’ambito di una procedura immobiliare del Tribunale di Crotone. Nel corso di un sopralluogo a cui avrebbero dovuto accedere un’avvocata, curatrice di un bene pignorato riconducibile al clan, e il richiedente, avrebbe fatto irruzione l’indagato Ercole Anania. «Qui non deve entrare nessuno», la minaccia. Così sarebbe stato provocato l’immediato allontanamento del richiedente.
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