Padre Fedele, il “frate ultrà” che unì le curve per dire no alla violenza

  • Postato il 14 agosto 2025
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Padre Fedele, il “frate ultrà” che unì le curve per dire no alla violenza

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Lo chiamavano “Frate ultrà”: unì le curve per dire no alla violenza; di Padre Fedele l’iniziativa del raduno nazionale dell’85 a Fuscaldo


QUALCUNO lo vide comparire all’improvviso in Curva Sud allo stadio San Vito di Cosenza agli inizi degli anni 80 e si chiese che ci facesse quel frate con il saio in una curva in mezzo ai tifosi. Non pochi lo guardarono con diffidenza, e non solo i cosiddetti benpensanti. In realtà, in quell’uomo con la barba che aveva dedicato la sua vita a Dio e che tifava insieme agli ultrà, non c’era nulla di stravagante. Era solo la realizzazione di un disegno scritto nelle pagine del destino e della Provvidenza, e per questo destinato a rimanere nella storia. Lì iniziò a germogliare il seme del fenomeno che avrebbe “sconvolto” il mondo ultrà da lì a qualche anno.

Padre Fedele in curva entrò in punta di piedi, per amore del calcio e per amore della gioventù che desiderava indirizzare verso la strada più giusta. Lo fece con forza, autorevolezza e allo stesso tempo con tanta umiltà. Non voleva essere una guida a tutti i costi, ma solo instillare nei ragazzi i sentimenti della pace, della solidarietà e della fratellanza.

E il rifiuto di ogni forma di violenza. “Tifo sì, violenza no: pace” fu uno dei suoi motti e anche un glorioso striscione presente allo stadio quale monito-preghiera per le coscienze di tutti. Quando tutta Italia iniziò a conoscerlo, quando iniziarono a diffondersi le prime immagini che lo ritraevano in prima linea nelle curve di tutta Italia, gli fu dato l’appellativo di frate ultrà, espressione spesso utilizzata con un po’ di retorica e vuota dei suoi veri contenuti. Ma ultrà Padre Fedele lo è stato davvero in vita, quindi mai espressione fu più azzeccata. Ben presto, infatti, insieme a lui si riuscì a instaurare rapporti con tante tifoserie, di cui lui guadagnò il rispetto.

Nel 1985 promosse il primo raduno di ultrà in Italia, tenutosi l’11 luglio a Fuscaldo. Messaggio chiaro in quell’occasione: basta violenza fuori e dentro gli stadi. Solo un mese e mezzo prima all’Heysel di Bruxelles erano morti 39 tifosi juventini in occasione della finale di Coppa dei Campioni con il Liverpool. Padre Fedele guidava gli ultrà all’umiltà, lo faceva ogni giorno della sua vita, coinvolgendoli anche nei progetti per l’Africa. E ci vengono in mente tre nomi, insieme chiaramente a tanti altri: Sergio Crocco, Paride Leporace e Piero Romeo.

Questi quattro paladini, insieme, crearono il primo nucleo di un movimento che oggi ne continua le gesta con la “Terra di Piero”. Un nucleo che nel giorno della partita trasferiva il suo entusiasmo e la sua passione sui gradoni del San Vito. Con la premessa della domenica mattina, quando proprio Padre Fedele girava per le strade di Cosenza sul suo camioncino mandando a tutto volume l’inno “Magico Cosenza” del grande Mario Gualtieri. Come a voler chiamare un’adunata. Alla quale tutti i tifosi rispondevano, perché sapevano che quel pomeriggio sarebbero entrati al “Maracanà”…

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