Paga il canone mensile per un parcheggio che crede privato: dopo 13 anni l’amara scoperta

  • Postato il 5 settembre 2025
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  • Di Virgilio.it
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In un mondo dove ogni centimetro urbano ha un prezzo, dove anche l’ombra di un cartello di divieto sembra fatturabile, c’è ancora spazio per le beffe grottesche. E quella accaduta a Zurigo, nella Svizzera ordinata e precisa, ha del surreale. Protagonista un parrucchiere, colpevole solo di aver pagato tanto e per troppo tempo una cosa che non gli è mai appartenuta.

Per tredici lunghi anni, ogni mese, puntuale come una messa domenicale, versava il suo obolo: 100 franchi svizzeri, circa 100 euro, per una presunta piazzola privata davanti al suo salone. Un diritto incluso – così gli era stato detto – nel contratto d’affitto del locale. Un piccolo lusso, certo, ma giustificabile. Parcheggiare a Zurigo, dopotutto, non è così facile.

Ma il colpo di scena, degno di una commedia nera, arriva con una banale multa. La seconda in tredici anni. Un lampo blu nella routine quotidiana. Quando va a leggere il verbale, qualcosa non torna. L’auto non era fuori posto. Il disco orario era a norma. E allora? La piazzola non era sua. Non lo era mai stata.

La scoperta del raggiro

A quel punto comincia l’indagine personale. Documenti, mappe e catasto. Tutto porta a una sola, amarissima verità: quella piazzola è pubblica, accessibile a chiunque. E l’uomo, per tredici anni, l’ha pagata come se fosse privata, come se il diritto d’uso esclusivo gli fosse stato garantito. Una menzogna confezionata con cura da chi gli affittava il locale, cioè la proprietaria dell’immobile.

La truffa è elegante nella sua semplicità. Nessun contratto ad hoc, solo parole, abitudini e taciti silenzi. Nessuno, in fondo, ha mai messo in dubbio l’accordo. È così che ha funzionato per oltre un decennio. Fino alla contravvenzione. Il conto, nel frattempo, lievita: 100 euro al mese per 13 anni fanno circa 17.000 euro. Una cifra degna di un’automobile nuova. O di una vacanza di lusso. Non certo di una striscia d’asfalto anonima su un marciapiede di quartiere.

Dalle forbici al tribunale

Ferito nell’orgoglio e nel portafoglio, il parrucchiere decide di non tagliare solo capelli, ma anche i ponti con la sua ex locatrice. Porta la questione in tribunale, denunciandola per truffa e arricchimento indebito. Nel frattempo, lascia il locale e si trasferisce altrove. Ma la storia, anziché chiudersi, si infiamma. Perché la padrona di casa non solo non si scusa, ma rilancia:

Entrambi abbiamo beneficiato della situazione”,

avrebbe dichiarato. Una posizione tanto cinica quanto sfrontata. E non finisce qui. La donna decide addirittura di denunciare a sua volta l’ex inquilino per diffamazione, accusandolo di averla screditata pubblicamente.

Un doppio processo, dunque. Da una parte un uomo che si è sentito ingannato per oltre un decennio. Dall’altra una proprietaria che si trincera dietro l’ambiguità e una discutibile interpretazione del “beneficio reciproco”. Questa vicenda non è solo una tragicommedia urbana. È il simbolo di una fiducia cieca nei piccoli gesti quotidiani, nei contratti non letti fino in fondo, nelle promesse mai messe per iscritto. È la dimostrazione che anche nei Paesi più regolamentati del mondo, l’inganno può annidarsi nei dettagli.

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Virgilio.it

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