Papa Francesco, l’ultimo abbraccio del popolo degli umili

  • Postato il 27 aprile 2025
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Papa Francesco, l’ultimo abbraccio del popolo degli umili

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Oltre 400mila persone al funerale di Papa Francesco: il grande abbraccio degli umili e tra i grandi della terra cresce la voglia di dialogo


Il cielo sopra Francesco sembra dipinto, di un azzurro intenso e pulito. Un lievissimo alito di vento sfoglia le pagine del Vangelo posto sulla bara al centro del sagrato, come 20 anni fa ai funerali di Wojtyla, e porta un nuovo brivido.

Sul legno liscio una croce bianca, lo stemma episcopale e il suo motto, «miserando atque eligendo», perdonando e scegliendo. Il Papa venuto dalla fine del mondo adesso il mondo l’ha chiamato a sé. E ai potenti che lo governano (160 delegazioni alla destra dell’altare) indica, nella sua ultima apparizione a San Pietro, dove guardare. Ai tantissimi giovani in piazza, «sembra la Giornata mondiale della gioventù», 120mila a Roma per il Giubileo degli adolescenti e ora al suo funerale, «come se ci avesse chiamato lui, avrebbe voluto tanti ragazzi a salutarlo e così è».
Agli applausi che scandiscono alcuni passaggi dell’omelia del cardinale Giovanni Battista Re. Il primo viaggio «per i profughi», la pace incessantemente invocata nei dodici anni del suo pontificato, la solidarietà, il suo appello: «Nessuno si salva da solo».

Alla gente, tantissima, che ha voluto incontrare fino all’ultimo e adesso accompagna Bergoglio lungo il percorso verso Santa Maria Maggiore, dove ha scelto di andare. Agli ultimi, infine, che lo aspettano alla Basilica per la sepoltura, come lui ha voluto. Un funerale secondo le sue volontà, il testamento del Papa “tra la gente”.
La piazza vista dall’alto è come un quadro con i colori della chiesa. La macchia rossa dei cardinali alla sinistra dell’altare (220), quella bianca e viola di sacerdoti e vescovi (quasi 5mila concelebranti). E con tutte le sfumature del popolo di Francesco (250mila a San Pietro e 150mila al corteo, in tutto 400mila persone), dalle magliette blu, verdi, rosa dei ragazzi che dormono sui sampietrini aspettando la messa, «siamo arrivati alle 5», alle bandiere di Brasile, Argentina, Spagna, Germania e ogni parte del mondo.

L’Ave Maria si confonde con il rombo degli elicotteri e dei droni. Due minuti dopo le dieci il feretro di Francesco appare nella piazza, dopo aver ricevuto l’omaggio dei potenti, da Trump a Milei e Macron. Scende un silenzio che sembra arrivare da un altro mondo, e non da una folla sterminata che si perde fino al Tevere. Solo sul finire della cerimonia compare qualche nuvola.

«Il plebiscito di manifestazioni di affetto e di partecipazione, che abbiamo visto in questi giorni, ci dice quanto l’intenso Pontificato di Papa Francesco abbia toccato le menti e i cuori», il cardinale Giovanni Battista Re nell’omelia della messa esequiale ricorda la domenica di Pasqua, in piazza San Pietro, con Papa Francesco, che “nonostante i gravi problemi di salute, ha voluto impartirci la benedizione». Fino all’ultimo, Francesco «ha scelto di percorrere questa via di donazione». Un Papa «in mezzo alla gente e al nuovo che emergeva nella società», continua il cardinale Re. Convinto che la Chiesa fosse «un ospedale da campo dopo la battaglia, capace di chinarsi su ogni uomo al di là di ogni credo e convinzione, curandone le ferite».

Il cardinale parla del primo «significativo viaggio a Lampedusa per i profughi». L’applauso parte dalla piazza e attraversa via della Conciliazione. Rievoca «il viaggio al confine tra Messico e Usa», altro applauso, e quello in Iraq del 2021. Un’ovazione dietro l’altra quando Re parla di «solidarietà contro la cultura dello scarto», e delle «distruzioni della guerra che è sempre una sconfitta», del monito «a costruire ponti e non muri«. Lui chiedeva sempre «non dimenticatevi di pregare per me. Ora chiediamo a te – conclude il cardinale – di pregare per noi e benedire dal cielo la Chiesa, Roma, il mondo intero come hai fatto domenica scorsa».
Si alzano dal sagrato preghiere in inglese, arabo, francese, portoghese, spagnolo, polacco, tedesco e mandarino. Poco dopo mezzogiorno, il feretro rientra nella Basilica e le campane a morte salutano Francesco.

E da lì comincia un altro viaggio, a bordo della Papa mobile riadattata, con un tettuccio alto e trasparente per fare vedere ai fedeli la bara. L’auto papale lascia il Vaticano dall’accesso del Perugino, attraversa il ponte e corso Vittorio Emanuele fino a piazza Venezia, prosegue per via dei Fori Imperiali, via Labicana, via Merulana per poi arrivare a Santa Maria Maggiore. Un corteo di 6 chilometri, tra la folla ai lati delle strade che applaude, lancia rose bianche, urlano Francesco.
L’arrivo alle 12,53, ad attendere il Pontefice il gruppo degli “ultimi” chiamato ad accompagnare il feretro alla tumulazione. Poveri, rifugiati, cinque detenuti in permesso, senza fissa dimora, persone transessuali che per volontà di Francesco, in questo giorno, da “ultimi sono diventati primi”.

Il rito della tumulazione, dalle 13 alle 13,30, è presieduto dal cardinale Camerlengo, Kevin Farrell.
«Non si può tornare indietro, la Chiesa deve continuare il suo percorso», c’è chi piange davanti alle telecamere. I ragazzi lasciano la piazza con le loro magliette “pellegrini di speranza”, “apostoles of hope, lui «ci diceva fate rumore, fatevi sentire. Essere in così tanti, per lui sarebbe stata la speranza».

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