Passa l’emendamento che salva la ‘moda sporca’: dalla destra uno scudo per i grandi marchi
- Postato il 22 ottobre 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Alla fine, è successo l’emendamento ‘Moda sporca’ è passato. Il salva Alviero Martini, Armani, Dior, Valentino, Loro Piana, Louis Vuitton, Tod’s è stato approvato dalla commissione Industria del Senato.
Dopo le nostre battaglie, denunce, interruzioni in aula, richieste di informative: la destra ha detto la sua. Come? Non sono punibili i gruppi della moda che prima della commissione del fatto abbiano adottato modelli di organizzazione e gestione idonei a prevenire reati. Rispettati alcuni requisiti, le imprese di filiera e le imprese saranno inserite in un registro del Mimit delle aziende certificate, per le quali scatterà una sorta di presunzione di legalità.
È questo il contenuto del pacchetto di emendamenti – proposto dai senatori di Fratelli d’Italia Amidei e Ancorotti – sul settore della moda, approvati ieri e ora fermi in aula al Senato, relativi al disegno di legge 1484 sulle Pmi. Ma di che cosa si tratta, concretamente? L’azienda committente può farsi certificare la regolarità della filiera, liberandosi da ogni responsabilità rispetto a ciò che avviene nei suoi appalti e subappalti: la parola del soggetto certificatore toglie la parola al controllo di legalità.
Di fatto, la certificazione è una via di fuga per i grandi marchi che, uno dopo l’altro, sono stati coinvolti da disposizioni di amministrazione giudiziaria a causa dello sfruttamento che avviene lungo la loro filiera. Che cosa avevano dichiarato? Non sapevamo nulla.
Domani potranno dire: siamo aziende certificate.
Alviero Martini, Armani Operation, Manufactures Dior, Valentino Bags Lab, Loro Piana di Louis Vuitton, Tod’s. Siamo già alla sesta inchiesta sullo sfruttamento negli appalti dell’alta moda Made in Italy. L’ultima decisione della Procura di Milano, che ha chiesto l’amministrazione giudiziaria per il marchio di Della Valle, sancisce che la casa madre, pur non essendo indagata, ha agevolato colposamente quello sfruttamento nella sua filiera. Ed è una sentenza storica, perché ha richiamato Tod’s alle sue responsabilità non solo per ciò che avviene nelle Marche, dove si produce la merce per la vendita esterna, ma anche per la filiera lombarda, nelle ditte che si occupano di confezionare le divise per i commessi.
La casa madre, pur non essendo indagata, ha agevolato colposamente un “pesante sfruttamento lavorativo” lungo una filiera di appalti e subappalti fatta di soggetti gravemente indiziati di caporalato. Paghe da 2,75 euro all’ora, operai in “condizioni di lavoro ottocentesche” e “para-schiavitù”, lavoro notturno e festivo, con macchinari privi di sistemi di sicurezza, in luoghi fatiscenti, dove oltre a lavorare si mangia e si dorme. Addirittura, finte etichette “Made in Romania”. Che cosa significa? Che quella merce, prodotta in realtà in Lombardia, era venduta dai fornitori agli intermediari italiani a costi così bassi che bisognava simulare una provenienza est europea.
Ecco di che cosa, in concreto, stiamo parlando. Di grandi firme i cui capi escono dai laboratori a costi tra gli 8 e i 14 euro e vengono rivenduti a 690. Quante volte ne ho scritto su queste pagine?
Di fronte a tutto ciò, la maggioranza compie dieci passi indietro, consentendo (ma non imponendo) ai marchi della moda di sottoporsi a verifiche da parte di società di revisione esterne insieme con i propri fornitori e subfornitori. Chi risulta in regola potrà sfoggiare un “marchio filiera certificata”, che resterà in piedi anche se un fornitore finisce nel mirino di un’inchiesta, scongiurando l’amministrazione giudiziaria per la capofila.
In sostanza, scompare la responsabilità civile e sociale del committente, stabilita dalla legge 231 del 2001, con una sorta di “scudo” per le Piccole medie imprese, che è soprattutto uno schiaffo alla sicurezza del lavoro. Uno scudo alzato proprio mentre la ministra Calderone apriva gli Stati generali sulla sicurezza del Lavoro denunciando lo sfruttamento e la violazione delle norme contrattuali, all’origine delle continue morti e stragi sul lavoro. Proprio mentre, a quegli Stati Generali, la Commissione d’inchiesta sulle condizioni di lavoro approvava un decalogo sulla sicurezza che include la limitazione dei subappalti a cascata e l’aumento della vigilanza da parte dell’appaltatore.
Soprattutto, per mesi la maggioranza è rimasta zitta e immobile. Zitta e immobile di fronte a continue nostre denunce pubbliche e nelle aule del Parlamento sul neoschiavismo che dilaga nella filiera della moda. Quando ha scelto di intervenire, lo ha fatto per cancellare l’unica legge a cui si può fare appello: la responsabilità dei committenti che affidano commesse ad aziende che sfruttano i lavoratori e le lavoratrici.
Che dire? Fratelli d’Italia ancora una volta si dimostra il partito dei padroni e mostra di tollerare il caporalato, mentre le Procure e le istituzioni locali di Prato si battono per sconfiggere una rete di illegalità sempre più diffusa. Ci aspettiamo che la ministra Calderone intervenga per chiedere il ritiro immediato del provvedimento o votando l’emendamento soppressivo presentato da Avs in aula. Noi siamo pronti alle barricate: faremo di tutto per far ritirare questa vergogna, che svela – se ancora non lo avessimo riconosciuto – il vero volto di chi ci governa.
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