Pena di morte, esecuzioni record nel 2025. Dagli Usa alla Corea del Nord: dov’è in vigore. Noury (Amnesty): “Delegittimato il diritto internazionale” | Le infografiche

  • Postato il 10 ottobre 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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Ci sono Paesi in cui è prevista, ma non viene di fatto più eseguita. Ci sono stati in cui veniva praticata, ed è stata abolita. E poi ci sono aree del mondo in cui la pena di morte è ancora un rischio concreto. E proprio nel 2024, secondo gli ultimi dati aggiornati di Amnesty International, il numero di esecuzioni a livello globale ha raggiunto il livello più alto dal 2015, con 1.518 persone messe a morte in 15 Stati. Una tendenza che prosegue anche nei primi nove mesi del 2025, come riferisce a Ilfattoquotidiano.it Riccardo Noury, portavoce di Amnesty, “in un crescente clima di insicurezza globale e delegittimazione del diritto internazionale“.

Quasi il 90 per cento delle esecuzioni registrate nel 2024 ha avuto luogo in soli due paesi del Medio Oriente e Africa del Nord: in Iran, con il 74%, e in Arabia Saudita, dove sono state eseguite il 14% delle pene capitali. Mancano i dati di Cina, Vietnam e Corea del Nord, dove Amnesty ritiene siano state eseguite migliaia di condanne. E secondo quanto riferito da Noury, “in nove mesi del 2025 sia Iran sia Arabia Saudita hanno superato i numeri del 2024, e anche a Singapore la situazione è peggiorata”. In tutti questi luoghi, la pena viene utilizzata soprattutto, sottolinea il portavoce dell’Ong, “per eliminare il dissenso politico e incutere timore”. Sempre nel 2025, anche gli Usa supereranno il numero di condanne, con un dato che è il peggiore degli ultimi 12 anni.

La situazione in Iran – Secondo quanto rilevato da Amnesty, nel 2024 in Iran sono state eseguite almeno 972 condanne con un aumento del 14% rispetto alle 853 del 2023, la cifra più alta registrata dal 2015. Fino al 2025, dove dall’inizio dell’anno al 7 ottobre, riferisce a Ilfattoquotidiano.it Noury, sono state già 1105. “Le autorità stanno compiendo una strage di stato sotto la veste di esecuzioni giudiziarie e continuano a usare la pena di morte per colpire manifestanti, dissidenti politici e membri di minoranze etniche oppresse”, scrive la Ong. Come Verishe Moradi, Pakhshan Azizi e Sharifeh Mohammadi, una sindacalista e due operatrici umanitarie, condannate a morte e in attesa di esecuzione per “ragioni politiche”. Dalla Guerra dei 12 giorni la situazione è ulteriormente peggiorata: “Tanti condannati sono sospettati di spionaggio in favore di Israele”, spiega Noury.

La storia di Ahmadreza Djalali – Ricercatore esperto di Medicina dei disastri, con passaporto iraniano e svedese, Ahmadreza Djalali ha lavorato anche in Italia presso l’Università del Piemonte Orientale. È stato arrestato nel 2016 dai servizi segreti mentre si trovava in Iran per partecipare a una serie di seminari nelle università di Teheran e Shiraz. Le autorità iraniane hanno fatto forti pressioni su di lui affinché firmasse una dichiarazione in cui confermava di essere una spia per conto di un “governo ostile”. Quando ha rifiutato, è stato minacciato di essere accusato di reati più gravi. Nel 2017 è stato condannato in via definitiva a morte con l’accusa di “spionaggio” in favore di Israele. Da novembre 2020, Djalali non può comunicare con la moglie e i due loro figli, che vivono in Svezia. Le uniche informazioni sul suo conto, provenienti dai suoi legali, parlano di un grave stato di salute.

Ipossia di Azoto – Dal 2024 esiste in Alabama anche la possibilità di venire soffocati con l’azoto puro, un metodo che provoca una morte lunga e dolorosa. A nulla sono valse le denunce di associazioni di avvocati e organizzazioni per i diritti umani locali, e gli interventi degli esperti di diritti umani delle Nazioni Unite che hanno chiesto al governo degli Stati Uniti, e allo stato dell’Alabama in particolare, di fermare l’esecuzione di Kenneth Smith, ucciso a febbraio del 2024. Divenuto di fatto “cavia di un nuovo metodo che, inspiegabilmente, la Corte suprema non ha considerato incostituzionale ai sensi dell’Ottavo emendamento, che vieta le pene crudeli”, come sottolinea Amnesty.

Qualche segnale positivo – Ci sono anche luoghi del mondo in cui le cose stanno cambiando. Ad oggi, 113 stati hanno abolito completamente la pena di morte e in totale 145 l’hanno eliminata dalle leggi o dalla prassi. E non mancano le storie “a lieto fine”. Martedì 7 ottobre è stato liberato Saber Chouchane, il cittadino tunisino condannato nei giorni precedenti alla pena capitale per alcune pubblicazioni su Facebook ritenute offensive verso il presidente Kaïs Saied e lesive della sicurezza dello Stato. Come lui, graziato dopo una condanna, hanno visto cambiare la propria pena anche 1000 cittadini della Malesia, dove nel giro di due anni numerosissime condanne capitali sono state commutate in pene detentive.

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