Per fare il ministro dell’Ambiente, bisogna studiare… Filosofia? L’ho capito con un documentario

  • Postato il 28 luglio 2025
  • Ambiente
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Durante il Simposio Europeo di Biologia Marina, in Norvegia, è stato proiettato il film: Ocean with David Attemborough. Arrivato a quasi cento anni, il grande documentarista vede la luce: l’Oceano è la parte più importante del pianeta, e quasi si rammarica di essersi quasi sempre soffermato sulla terra! Che poi non è vero: ha già realizzato documentari sul Pianeta Blu, ma pare che ci tenga a dire che quel che propone sia una novità. Forse se ne è dimenticato, succede a quasi cento anni. Così pone rimedio alla scarsa considerazione che abbiamo dell’oceano, e ci fa vedere con i suoi occhi quello che ha finalmente “scoperto”.

Le immagini sono straordinarie, non ne ho mai viste di così spettacolari… e io ne ho visti di documentari sul mare. Ho visto tante cose direttamente ma, nel film di Attemborough, ho visto cose che mai mi è capitato di vedere. Continuavo a fare OHHH, con la mente: il lato emotivo del mio cervello era estasiato, sorpreso, meravigliato: non vi pentirete di andare al cinema a vedere questo capolavoro.

La parte razionale del mio cervello, però, è rimasta profondamente delusa. Ho abbastanza anni da aver conosciuto (decenni fa) Sir Frederick Russell che, assieme a Sir Charles Maurice Yonge, partecipò ad una spedizione nella Grande Barriera Corallina, nel 1928-1929. Attemborough, anche lui Sir, presenta come scoperta sconvolgente che, nelle barriere coralline, la funzione delle piante sia svolta da alghe unicellulari che vivono in simbiosi nei tessuti dei coralli. Fu proprio il mio amico Russell, assieme a Yonge, a scoprire il segreto dei coralli, strutturalmente animali, funzionalmente piante. Se, dopo cento anni, la scoperta continua ad essere generatrice di meraviglia… allora significa che la divulgazione scientifica ha fatto, e fa, male il suo mestiere.

Nel mio piccolissimo, continuo a fare conferenze intitolate “come funziona il mondo” e ho scritto articoli su varie tribune sullo stesso argomento, incluso questo blog. Non me ne attribuisco la scoperta, ovviamente, ma continuo a ripeterlo, anche se sono concetti conosciuti da sempre, perché il pubblico resta sempre sorpreso al sentire che, per il funzionamento degli ecosistemi planetari, gli animali più importanti sono i copepodi, e le diatomee sono le “piante” più importanti, con i batteri sul podio principale: sono loro gli organismi più importanti.

Il fatto che non lo sappia quasi nessuno è drammatico. Queste cose non si insegnano a scuola, e non si vedono nei documentari. Quando lo dico, chi mi ascolta dice: ah il plancton, come se pronunciare la parola equivalesse a possederne il significato ma, se si chiede cosa sia il plancton, cominciano i guai.

Per far fronte a questa enorme lacuna conoscitiva l’Unione Europea programma l’alfabetizzazione marina, perché l’analfabetismo sulla natura è diffuso, non solo nel nostro paese. Abbiamo inserito biodiversità ed ecosistemi nell’articolo 9 della Costituzione, affiancandoli al paesaggio. La nostra visione di biodiversità ed ecosistemi, però, si limita alla percezione estetica, come nel film di Attemborough, e, quindi, siamo ancora al paesaggio.

Quell’emendamento alla Costituzione fu approvato all’unanimità ma, oggi, si assiste ad una tragica polarizzazione politica: se sei a favore della natura sei di sinistra, mentre sei di destra se consideri la natura come invulnerabile alle nostre pressioni e ne auspichi lo sfruttamento: la natura deve “rendere”, altrimenti che ci sta a fare? Entrambe le posizioni, purtroppo, sono ideologiche e non sono basate su solida consapevolezza culturale. La natura non è di destra o di sinistra, come non lo è la mamma. Ho scelto la mamma perché spesso si parla di madre natura. Si tratta di valori assoluti. Chi considera importante la natura, ma poi non sa di copepodi, diatomee e batteri, non ha le basi conoscitive per giustificare le proprie convinzioni che, quindi, sono ideologiche, come quelle di chi nega che stiamo creando problemi alla natura. Entrambe le posizioni sono basate su profonda ignoranza, la sinistra è nel giusto solo per caso, e spesso non sa perché.

Da tecnico, mi è capitato di interagire con quasi tutti i 17 ministri dell’Ambiente che hanno operato da quando il Ministero è stato istituito, e non mi sono mai posto il problema di quale fosse il loro partito, dando per scontato che l’ambiente abbia rilievo trasversale. Raramente ho trovato ministri dell’Ambiente che ne capissero di ambiente: visto che 7 hanno una laurea in Giurisprudenza, solo uno ha una laurea in Scienze naturali, e gli altri hanno lauree in Architettura, Filosofia, Ingegneria, Scienze politiche, Scienze agrarie, Scienze dell’amministrazione, Medicina e Fisica. Solo i laureati in Scienze naturali e Agraria hanno seguito corsi universitari sulla natura. Uno pare non fosse neppure laureato. Uno solo, un tecnico, è anche finito in galera, dopo una condanna in primo grado, ma poi è stato salvato dalla prescrizione.

Considerando i ministri dell’Economia a partire dal nuovo millennio, solo uno non ha una laurea in Economia, ma ha sempre lavorato in ambito economico. Se ne deduce che per gestire l’economia bisogna saperne di economia, ma per gestire l’ambiente la conoscenza è opzionale. Basta quella dei documentari. Quando, per breve tempo, abbiamo pensato che fosse necessaria la transizione ecologica, chi abbiamo chiamato? Quelli che l’hanno resa necessaria: gli economisti. D’altronde i bracconieri convertiti sono i migliori guardacaccia. Gli ecologi? Gente poco seria: sì, sono belli i delfini e le tartarughe, ma quando si parla di cose serie… vuoi mettere gli economisti?

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Il Fatto Quotidiano

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