Perché non si può parlare oggi di nuova Margherita. La riflessione di Merlo
- Postato il 25 ottobre 2025
- Politica
- Di Formiche
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Lo si è già detto alcune volte ma forse è arrivato anche il momento per dirlo con maggior chiarezza per evitare equivoci e fraintendimenti. Al netto, come ovvio, della buona fede dei singoli e delle loro prospettive politiche. Parliamo, come ovvio, di una possibile nuova e rinnovata Margherita nell’attuale panorama politico italiano. Al riguardo, ci sono almeno tre considerazioni da fare che escludono ogni dubbio, e alla radice, quando si parla, oggi e non ieri, di un cosiddetto partito di centro e riformista nell’attuale alleanza di sinistra e progressista.
Innanzitutto la Margherita – come del resto il Ppi o il Ccd qualche anno prima – non nacque attraverso una operazione decisa a tavolino da esponenti della sinistra. Non fu così ai tempi del Pds con il Ppi e non fu così con i Ds con il progetto della Margherita. Ma, per fermarsi alla Margherita, si tratta di un progetto che decollò grazie all’iniziativa autonoma di alcuni leader nazionali del mondo, seppur variegato e composito, centrista e riformista. E mi riferisco, nello specifico e per citare solo quelli più rappresentativi, a Rutelli, Marini, Mastella, Parisi e Dini. E questo perché si sentiva l’esigenza di costruire un vero e credibile centro sinistra. Insomma, per capirci, l’esatto contrario dell’operazione della “tenda” pensata, pianificata, gestita e organizzata da esponenti del Pd come Bettini e altri che si è svolta nei giorni scorsi al Parco dei Principi a Roma.
Perché la tesi delle “porte girevoli” da un partito all’altro non era il criterio ispiratore del progetto della Margherita. Cioè dall’attuale Pd o area Pd al futuro soggetto civico e viceversa. In secondo luogo la Margherita, e il Ppi qualche anno prima, era realmente un partito di centro e riformista e con una spiccata cultura di governo. Lo era non per decreto deciso e sancito dall’azionista di maggioranza della coalizione di centro sinistra dell’epoca – cioè i Ds – ma, molto più semplicemente, perchè aveva un profilo politico e culturale netto e chiaro senza confusione e trasformismi vari. Del resto, un progetto politico e di governo non si può ridurre, a livello nazionale, ad una sommatoria indistinta, confusa e raccogliticcia di esperienze civiche che, come tutti sanno, esplodono e si esauriscono a livello locale. Comunale o regionale che sia non fa differenza alcuna.
In ultimo, ma non per ordine d’importanza, non si può nascondere la debolezza strutturale di questa proposta – cioè il progetto di Onorato e compagni – che ha una chiara matrice trasformistica. E cioè, con la Margherita c’era un vero, credibile e trasparente progetto di centro sinistra. Perché c’erano, come ovvio, un Centro riformista, autonomo, democratico e plurale alleato con una sinistra altrettanto democratica, riformista e di governo. Oggi il quadro politico è radicalmente cambiato. Perché oggi c’è una coalizione politica, il cosiddetto “campo largo”, che rappresenta autenticamente e compiutamente la sinistra italiana nelle sue diverse e multiformi espressioni. Dalla sinistra radicale di Schlein alla sinistra populista di Conte, dalla sinistra estremistica del duo Fratoianni/Bonelli alla sinistra pan sindacale del segretario della Cgil Landini. Ovvero, uno scenario radicalmente diverso rispetto ai tempi della Margherita e di quel centro sinistra.
Perché oggi, se non vogliamo ragionare con i paraocchi e con l’ipocrisia, non possiamo non dire che con l’attuale profilo politico, culturale e programmatico del campo largo, per tutti coloro che si sentono centristi o riformisti o moderati c’è posto solo in piedi, come si suol dire. Detto con altre parole, la partita si può vedere solo dalla tribuna. Con buona pace dei marchingegni, delle furbizie, degli escamotage e delle piazzate dei vari Bettini, Onorato, Salis e compagnia cantante. Per queste ragioni è persino blasfemo continuare a paragonare la Margherita di ieri con il simpatico ma confuso e trasformista cartello civico di oggi