Pfas nelle fontanelle pubbliche, l’inquinante eterno indistruttibile supera i limiti in quattro campioni su quindici

  • Postato il 19 giugno 2025
  • Ambiente
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Su quindici campioni di acque potabili pubbliche prelevate da fontanelle e case dell’acqua in alcune regioni del Centro e Nord Italia, Altroconsumo ha rilevato in tutti la presenza di Tfa (anche a Milano, Torino, Firenze e Sondrio) e, in quattro campioni, i valori superano la soglia di riferimento di 500 nanogrammi al litro, prevista per i Pfas totali dal Decreto legislativo 18/2023, sulla qualità delle acque destinata al consumo umano. Già, perché attualmente in Unione europea non esiste un limite per il Tfa nelle acque superficiali, sotterranee o potabili. Eppure, si tratta dell’acido trifluoroacetico, sostanza chimica che rientra nella categoria dei Pfas, noti anche come inquinanti eterni e, tra questi, è quello più diffuso al mondo. Indistruttibile. Il Tfa è stato individuato con concentrazioni comprese tra 274 e 920 nanogrammi per litro, simili a quelle osservate, in una precedente indagine dell’associazione, nelle acque in bottiglia. L’indagine, infatti, ha interessato le dieci località nelle quali sono presenti le sorgenti di alcune delle acque minerali imbottigliate, già oggetto del precedente test a maggio 2025 e quattro grandi città, ossia Torino con doppio campionamento, Milano, Firenze, Sondrio. I prelievi sono stati effettuati tra fine marzo e inizio aprile 2025.

I risultati dell’indagine – Il dato più alto è stato registrato a Torino, presso la casa dell’acqua in piazza Galimberti, mentre quello più basso a Milano, presso una fontanella pubblica in piazza Duca d’Aosta. I campioni con i valori più elevati sono stati rilevati a Torino, casa dell’acqua in piazza Galimberti (920 nanogrammi per litro), Firenze, Piazza della Repubblica (880), Paesana, in provincia di Cuneo (850), Torino, alla fontanella di piazza Galimberti (840), Luserna San Giovanni, in provincia di Torino (590) e Valdisotto, in provincia di Sondrio (530). A Torino, Altroconsumo ha effettuato un doppio prelievo che ha consentito di confrontare due fonti di acqua potabile pubblica: una fontanella e una casa dell’acqua. Il campione prelevato alla casa dell’acqua gestita da Amat ha mostrato la concentrazione di Tfa più alta tra tutti quelli analizzati: 920 nanogrammi per litro. Nella stessa piazza, la fontanella ha registrato un valore leggermente più basso, pari a 840 nanogrammi per litro. “La differenza, seppur contenuta, è interessante. Considerando che le due fonti si trovano a pochi metri di distanza e che l’acqua proviene presumibilmente dallo stesso acquedotto – spiega Altroconsumo – è possibile che il piccolo scarto nei valori sia legato al sistema di refrigerazione utilizzato dalla casa dell’acqua”.

Il confronto con i campioni delle acque minerali – In otto casi su dieci, le concentrazioni di Tfa nelle acque pubbliche sono simili o lievemente inferiori rispetto a quelle riscontrate nelle acque in bottiglia dei medesimi territori. Il test fatto eseguire da Altroconsumo su 21 marche di acqua minerale naturale aveva rivelato tracce dell’inquinante Tfa in diverse bottiglie, con sei marchi bocciati e solo undici ritenuti di buona qualità complessiva. Nella classifica di di Altroconsumo, le uniche acque minerali a risultare esenti da questa sostanza, sono state Blues Sant’Antonio (Eurospin), Conad Valpura e San Benedetto Eco Green Benedicta. Trovati, invece, “elevati livelli di Tfa” nelle acque Panna, Esselunga Ulmeta, Maniva, Saguaro (Lidl) Levissima, contenente anche “un’elevata quantità di arsenico”.

La necessità di un limite normativo – Pur essendo ancora oggetto di studio per quanto riguarda gli effetti sulla salute, la diffusione crescente del Tfa preoccupa comunità scientifica e istituzioni a livello internazionale. E quella rilevata sia nelle bottiglie sia nei rubinetti, conferma la pervasività di questa sostanza e la sua presenza costante nel ciclo idrico. “Questo dato evidenzia la necessità di introdurre al più presto un limite normativo specifico per il Tfa – spiega Altroconsumo – per garantire una regolamentazione chiara e tutelare la qualità dell’acqua destinata al consumo umano”. L’organizzazione ha così chiesto al Parlamento, dove si sta discutendo il recepimento della nuova direttiva sulle acque destinate al consumo umano, che il Tfa sia considerato come Pfas e che, quindi, valga per questa sostanza lo stesso limite di massimo 500 nanogrammi per litro, in attesa che l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) e l’Agenzia europea per le sostanze chimiche (Echa) lo definiscano. Altroconsumo, nel frattempo, ha già annunciato che proseguirà il monitoraggio e continuerà a sollecitare interventi normativi chiari per una maggiore trasparenza e sicurezza nell’accesso all’acqua potabile. Per questo, l’organizzazione ha lanciato una petizione per chiedere al Governo di sostenere, come già fatto da Germania, Paesi Bassi, Svezia, Norvegia e Danimarca, la proposta dell’Agenzia europea per le sostanze chimiche di limitare l’uso dei Pfas e all’Ue una messa al bando più ampia di queste sostanze a tutela della salute e dell’ambiente.

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Il Fatto Quotidiano

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