Poco coraggio e pochi soldi: perché con Chivu l’Inter ha scelto soprattutto di non cambiare

  • Postato il 7 giugno 2025
  • Calcio
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Dal giocarsi la finale di Champions a ritrovarsi con l’ex allenatore della Primavera e traghettatore del Parma in panchina. La settimana da incubo dell’Inter, iniziata nella notte maledetta di Monaco, proseguita con la fuga di Simone Inzaghi in Arabia Saudita e il rifiuto del Como di liberare Fabregas, culmina nella scelta di Cristian Chivu: adesso è lui il nuovo tecnico dei nerazzurri, l’uomo chiamato a raccogliere l’eredità dell’ultimo, comunque straordinario quadriennio e guidare la squadra nella prossima stagione, che si annuncia come un’incognita spaventosa per il club.

Si era capito subito quanto potesse essere devastante la sconfitta, ben oltre il risultato umiliante patito dal Psg. Il microcosmo interista, un piccolo idillio (finale di Champions, squadra che gioca a memoria, allenatore in piena sintonia con la società, conti finalmente in ordine che lasciavano pensare a un’estate di moderati investimenti dopo anni di sacrifici), è letteralmente imploso nella notte di Monaco. E la realtà va oltre ogni immaginazione perché soltanto pochi giorni fa nessuno pensava che i nerazzurri, vera forza egemone della Serie A negli ultimi anni al di là dello scudetto sfumato contro il Napoli, assurti ormai allo status di big europea, potessero ritrovarsi in una posizione di simile difficoltà.

L’inseguimento affannato e per certi versi un po’ patetico a Fabregas, e poi il ripiego su Chivu, rappresenta una figuraccia per tutta la società: dimostra quanto il potente Marotta e l’ineffabile Ausilio si siano fatti trovare completamente impreparati di fronte all’emergenza, che però non è stata proprio un fulmine a ciel sereno, visto le avvisaglie delle scorse settimane. E adesso l’Inter, ridottasi a pregare l’allenatore del Como, beccandosi pure un rifiuto, si accontenta di quello del Parma, alla sua prima vera panchina di Serie A. Chissà, magari Chivu sorprenderà tutti, sarebbe ingiusto bocciarlo a priori, certo la scelta è deludente e per certi versi anche inspiegabile per una finalista di Champions.

Lo scoramento nell’ambiente è naturale. Il clima non dissimile da quello dell’estate del 2021, quando l’Inter abbandonata da Conte sembrava destinata al ridimensionamento, e Marotta tirò fuori dal cilindro Inzaghi, che poi si è rivelato la cosa migliore successa all’Inter da decenni, perché (al netto dei pochi trofei vinti) con i milioni incassati dalla Champions e dalle plusvalenze garantite dalla sua gestione ha letteralmente salvato il club, traghettandolo fuori dalla palude finanziaria. I tifosi interisti possono solo sperare che l’intuito del presidente-manager abbia fatto centro di nuovo con Chivu. Rispetto ad allora, però, c’è una differenza profonda: all’epoca Marotta vinse la scommessa puntando comunque su un cavallo di razza, perché Inzaghi era uno dei tecnici italiani rampanti e più cercati sul mercato dopo cinque ottime stagioni alla Lazio, non mezza al Parma. Chivu assomiglia molto di più ad un azzardo al buio, perché la sua unica referenza è quella di essere stato uno degli eroi del Triplete, più dell’esperienza da mister della Primavera (nemmeno troppo positiva), o le 13 panchine in Serie A, con appena tre vittorie.

C’è anche un altro elemento che fa riflettere. Si è parlato tanto di Fabregas, una valida alternativa potevano essere De Zerbi o lo stesso Thiago Motta, mai preso in considerazione come non si è mai guardato sul mercato estero dove ci sarà pur stato un allenatore di livello interessato alla finalista di Champions. Chivu invece non è soltanto la scelta più comoda, ma anche la più economica, e non solo per lo stipendio modesto (2,5 milioni a stagione, praticamente un terzo di un top allenatore). L’unica opzione rimasta perché altri profili avrebbero comportato l’obbligo di rivoluzionare una rosa che era stata plasmata a immagine e somiglianza di Inzaghi. Con lui – un tecnico che ha studiato in casa, non ha un’identità tattica formata e si farà andare bene qualsiasi cosa arrivi dal mercato – l’Inter sceglie invece soprattutto di non cambiare. Di continuare a insistere sullo stesso modulo, sugli stessi giocatori, dando soltanto un restyling di facciata. Perché Marotta, Ausilio e soprattutto Oaktree non avevano né la voglia né probabilmente le risorse per rifondare l’Inter, operazione certamente rischiosa ma forse necessaria, arrivati a questo punto.

In società scelgono di scommettere che questa squadra, anche senza il suo artefice, sia comunque abbastanza forte per arrivare nelle prime quattro e mantenere la qualificazione in Champions, evidentemente l’obiettivo minimo della prossima stagione. La storia recente, però, i precedenti di Napoli e Milan, dovrebbero aver insegnato quanto può costare una scelta al risparmio in panchina. Per ragioni diverse, sia De Laurentiis dopo il primo scudetto, che i rossoneri l’estate scorsa, avevano preferito puntare su un anti-divo, Garcia e Fonseca, due tecnici ordinari, convinti che società e giocatori fossero più importanti. E si è visto com’è finita, con un campionato disastroso e la squadra fuori da tutto e dalla Champions, con un buco devastante in bilancio. Questo sì che sarebbe un fallimento per l’Inter, Marotta e soprattutto Oaktree. Evitarlo sarà la vera sfida del povero Chivu.

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Il Fatto Quotidiano

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