Ponte sullo Stretto: i presupposti per una cattedrale nel deserto ci sono tutti
- Postato il 13 agosto 2025
- Blog
- Di Il Fatto Quotidiano
- 1 Visualizzazioni
.png)
Ci vuole coraggio e determinazione, ha ragione Giorgia Meloni. Mettere in piedi un’opera tanto rischiosa e costosa richiede un bel pelo sullo stomaco. E loro ce l’hanno, i leghisti intendo. Già campioni nazionali di grandi opere in perdita (Pedemontana Lombarda, Brebemi, Pedemontana Veneta, …) ora passeranno alla storia, con l’attuale compagine governativa. Proprio loro, che fino a non molti anni fa pensavano alla Sicilia come a un’appendice dell’Africa.
Dopo 50 anni di discussioni, leggi, contro-leggi, ricorsi e ancora discussioni, stavolta il Ponte sullo Stretto appare all’orizzonte. Alla faccia di chi non ci credeva più, ed erano tanti. Almeno la prima pietra, poi si vedrà. O meglio, ci penseranno i prossimi governi. E colpisce l’ostinazione, quasi si trattasse dell’ultima spiaggia per smuovere l’elettorato.
Con provvedimenti ad hoc ed escamotage giuridici – ad esempio i “Motivi imperativi di rilevante interesse pubblico” – hanno neutralizzato paletti normativi e ambientali che avrebbero rallentato o bloccato l’iter, per arrivare in tempi record all’approvazione del Cipess (governo). E se anche la Corte dei Conti non avrà da eccepire si apriranno i lavori, grazie a un nuovo impianto del progetto esecutivo (non più sull’intera opera ma diviso per fasi).
La valutazione costi/benefici è stata prodotta dalla stessa Società di Messina Spa e non da un ente terzo, ma qui niente di nuovo. Esito positivo naturalmente, e vorrei vedere. Anche se a spostare il risultato in territorio positivo sono le ipotesi di decarbonizzazione, misurate un po’ a spanne come spiega Francesco Ramella su lavoce.info. D’altra parte la decisione era già stata presa prima dell’esito e senza nemmeno analizzare possibili alternative, come prescrivono le linee guida del ministero. E questo è peggio.
La stessa società si è spinta fino ad affermare che la faglia sottostante il futuro ponte non è “sismogenetica, ovvero in grado di produrre scuotimenti sismico del suolo”, senza nessuno studio degno di questo nome. A questo proposito per chi non l’avesse ancora letto c’è lo studio ben più attendibile di Alina Polonia del Cnr-Ismar (2020). E la questione non è di poco conto, poiché la struttura così com’è ha già le sue magagne. Intanto sarebbe il ponte con la campata più lunga del mondo tra due pilastri di 330 metri e soprattutto con la ferrovia sopra, altro record mondiale. Questo pone evidenti rischi di stabilità poiché, ci dicono gli esperti come Marco Ponti, la ferrovia deve poggiare su basi solide e non flessibili, nemmeno di poco, cosa difficile da assicurare con un ponte di quella lunghezza, esposto ad agenti atmosferici di ogni tipo. Poi resta un’incognita la tenuta dei cavi a sostegno dell’impalcato, che dovrebbero essere testati in fase esecutiva (e se non reggessero?). E ci fermiamo qui.
Il costo di 13,5 miliardi (più 1 miliardo per opere connesse) è al limite utile per non fare la gara e affidare i lavori alla cordata guidata dal gruppo Salini, cosa che certo non depone a favore del contenimento della spesa. La quale è certamente destinata a lievitare, come è sempre accaduto nella storia italiana e non solo, anche a fronte dei rischi di cui sopra. Tutti soldi pubblici, beninteso, per un’opera che avrà prevalentemente ricadute locali. E’ noto infatti che sulle tratte medio-lunghe è preferibile l’aereo o la nave stessa per le merci, difficilmente sostituibile dal traffico su strada o su ferro.
Parliamo pur sempre di due regioni ben poco infrastrutturate, soprattutto la Calabria, con treni ancora a gasolio e a binario unico, con tempi di percorrenza medievali, per non parlare della logistica e dei servizi sociali e sanitari. Connetterle con un mega ponte non crea certo sviluppo, se non si innesca prima un processo virtuoso al loro interno.
Insomma i presupposti per l’ennesima cattedrale nel deserto ci sono tutti e prima del Ponte c’è un lungo elenco di priorità, indiscutibilmente più utili, a partire dalla messa in sicurezza del territorio e delle strade stesse del Mezzogiorno. Ma queste sono meno vistose e fanno poco rumore. Troppo poco, forse, per chi ha urgenze elettorali improcrastinabili.
L'articolo Ponte sullo Stretto: i presupposti per una cattedrale nel deserto ci sono tutti proviene da Il Fatto Quotidiano.