Quali dispositivi di sicurezza devono montare i monopattini condivisi

I monopattini elettrici condivisi sono un’alternativa rapida, economica e a basso impatto ambientale. Il loro utilizzo massiccio ha generato non pochi interrogativi sul piano della sicurezza stradale e portato le istituzioni ad aggiornare il Codice della Strada con particolare attenzione alle dotazioni di sicurezza obbligatorie per i mezzi in sharing. La nuova normativa ha stabilito criteri chiari e rigorosi per regolare l’utilizzo di questi veicoli così da ridurre gli incidenti e armonizzare la loro presenza con quella di pedoni, ciclisti e automobilisti.

I dispositivi di sicurezza diventano il cuore della normativa

Uno degli aspetti più innovativi introdotti dalla riforma normativa riguarda l’obbligo per i monopattini elettrici condivisi di essere dotati di frecce direzionali e segnalatori luminosi di frenata, elementi fino a pochi anni fa assenti nella quasi totalità dei modelli circolanti. Questi dispositivi devono essere ben visibili sia di giorno che di notte, installati frontalmente e posteriormente, e devono funzionare in modo continuo ed efficace. L’introduzione delle frecce è un punto di svolta nella percezione del monopattino come mezzo dotato di dignità veicolare e lo pone più vicino a biciclette elettriche e motorini che a semplici dispositivi ludici.

Accanto a questi obblighi, viene imposta la presenza di luci anteriori bianche o gialle e luci posteriori rosse, da mantenere accese obbligatoriamente in condizioni di scarsa visibilità o durante le ore notturne. In aggiunta il veicolo deve essere equipaggiato con dispositivi catarifrangenti laterali che assicurino visibilità trasversale anche in caso di attraversamento improvviso. La norma si fonda su una logica di prevenzione: più visibile è il monopattino, maggiore è la probabilità che venga evitato in caso di rischio.

Differenze tra monopattini privati e quelli condivisi

Se la normativa italiana del 2025 ha unificato in parte le regole per i monopattini privati e quelli a noleggio, restano alcune differenze. I monopattini in sharing, proprio per la loro funzione pubblica e il maggior numero di chilometri percorsi, sono soggetti a requisiti tecnici e assicurativi più stringenti. La direzione sembra orientata a una progressiva armonizzazione normativa per evitare disparità percepite come ingiustizie e ridurre la confusione degli utenti.

Controllabilità, riconoscibilità e assicurazione obbligatoria

La dotazione tecnica non si ferma alla segnaletica visiva. I monopattini condivisi devono oggi essere dotati di un doppio sistema frenante indipendente, uno per ogni ruota così da garantire un arresto rapido e sicuro anche su superfici sdrucciolevoli o in caso di manovre d’emergenza.

Uno degli elementi di maggior impatto introdotti dal legislatore è l’obbligo di un contrassegno identificativo permanente da apporre su ogni veicolo. Questo adesivo plastificato, resistente e non rimuovibile, deve contenere il codice identificativo del mezzo e riferimenti al gestore. In parallelo è obbligatoria anche la copertura assicurativa, finora assente per la maggior parte dei monopattini in sharing. Ogni veicolo va assicurato contro i danni a terzi, comprese persone, altri veicoli e infrastrutture urbane. L’assenza di assicurazione comporta sanzioni che possono arrivare fino a 3.750 euro, a carico della società che gestisce il servizio di condivisione.

Tecnologie smart per aumentare la sicurezza in tempo reale

I modelli più nuovi di monopattini condivisi integrano sensori, accelerometri, sistemi di geolocalizzazione e controlli elettronici che permettono al gestore di monitorare in tempo reale l’uso del veicolo. Queste informazioni aiutano a individuare abusi o comportamenti pericolosi, ma anche a costruire modelli predittivi utili alla prevenzione degli incidenti. La micromobilità connessa è una realtà che tramite l’uso combinato di app, algoritmi e sensori trasforma ogni veicolo in una fonte di dati e in uno strumento attivo di sorveglianza ambientale e urbana.

Casco, visibilità e comportamento

Se i mezzi devono adeguarsi, anche gli utenti sono chiamati a una maggiore attenzione e responsabilità. Dal 2025, l’uso del casco protettivo è divenuto obbligatorio per tutti i conducenti, indipendentemente dall’età. Il casco è un dispositivo indispensabile per ogni utente con specifiche tecniche regolamentate dalle normative europee, come la UNI EN 1078 o UNI EN 1080. In parallelo è obbligatorio indossare bretelle retroriflettenti o giubbotti ad alta visibilità durante l’uso del mezzo in orari notturni o in condizioni di scarsa illuminazione.

Viene inoltre confermato il divieto assoluto di trasportare passeggeri, animali o oggetti ingombranti che possano compromettere la stabilità del mezzo. Allo stesso modo è vietata la circolazione sui marciapiedi, a meno che il monopattino non venga condotto a mano.

Il ruolo dei Comuni e la gestione degli spazi pubblici

Un altro tassello della riforma riguarda la regolamentazione della sosta dei monopattini elettrici. In molte città italiane, l’assenza di norme aveva generato caos: mezzi abbandonati su marciapiedi, davanti ai negozi o in prossimità di incroci. Oggi i comuni sono obbligati a individuare aree dedicate al parcheggio dei monopattini, spesso condivise con bici, scooter o motorini. In assenza di spazi autorizzati, la sosta selvaggia è punita con sanzioni amministrative che variano da città a città.

Ogni comune ha il compito di promuovere una strategia di mobilità integrata, in cui i monopattini non siano un corpo estraneo al traffico, ma un tassello di un mosaico più ampio. La loro gestione non può più essere affidata ai privati, ma richiede piani di mobilità sostenibile, incentivi all’utilizzo virtuoso e campagne di informazione che coinvolgano anche le scuole e i centri di formazione per adulti.

I limiti strutturali delle nostre città

L’espansione dei monopattini elettrici ha messo in luce le carenze infrastrutturali di molte città italiane, dove le piste ciclabili sono poche, interrotte o pericolose. Non è sufficiente aggiornare i veicoli se le città non evolvono con la stessa velocità: il rischio è che le nuove norme restino lettera morta in uno spazio urbano ostile. Per rendere efficace la normativa serve ripensare il concetto di strada e investire in aree dedicate, semafori intelligenti e soluzioni di mobilità intermodale.

Autore
Virgilio.it

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