Quando l’amore ama il tempo dell’amore. L’esordio di Andrea Noto raccontato da Ciccotti
- Postato il 14 giugno 2025
- Cultura
- Di Formiche
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Un giorno, quando sei adolescente, una mezza voce, una allusione, una battuta ascoltata di traverso (vi ricordate l’adolescente Antoine, in Les Quatre Cents Coups di François Truffaut, 1959?), e vieni a sapere che esiste un tuo altro padre, un padre “vero”, quello indicato come il “padre naturale”. Ma, subito dopo, ti convincono che forse hai capito male, ti stai sbagliando. Chiedi, ma nessuno sa niente. Passano gli anni. Diventi adulto, metti su famiglia. Come (quasi) tutti. E, un giorno, quando tua madre è anziana, decide di dirti chi è tuo padre. È finzione? È realtà? Certo, ti scombussola (ti può accadere, caro lettore), ma non è una tragedia. Sei dentro la vita di ogni giorno. Sei dentro il diario-romanzo La figlia che non c’era, avvincente esordio nella narrativa di Andrea Noto (2025, Enrico Damiani Editore, pp. 221).
E gli altri? Cioè, i tuoi famigliari, tuo marito, i parenti, lo sapevano che eri figlia di un altro padre, di quel padre? Ovviamente sì. Ma, per non sconquassarti la crescita, la vita, hanno taciuto. “Per il tuo bene”, ora dicono. Tacere è giusto? È corretto decidere della serenità di un giovane e poi di un adulto, a sua insaputa? Questi alcuni degli interrogativi formulati sottotraccia, delicatamente, da Noto. Ma, lasciamoli lì, torniamo a pelo d’acqua, seguiamo la storia.
Loredana, felicemente sposata con Andrea, genitori di due bambine (rimangono sullo sfondo), un giorno deve ascoltare la confessione della sua dolce, anziana, madre, Adele.
Era la fine dell’inverno del 1957, ventiseienne, timida e carina, andò a servizio nella bella villa della contessa Giulia, vedova, sul lago di Garda. La giovane e inesperta Adele, che non conosceva ancora i giovani turbamenti del cuore, rimane incantata sin dal primo incontro, nel vedere il coetaneo figlio della contessa, Marco Ravelli, avvocato, attraente ed agile, con studio in città. Egli, inutile dirlo, neanche la nota (le serve non si guardano).
Una sera Marco, al rientro dal lavoro, inspiegabilmente, le rivolge la parola, e poi la invita a salire nella sua bella camera. Una sola notte d’amore che non si ripeterà più. Adele se ne è innamorata, da parecchio.
Quell’atletico giovane, spigliato, amante della bella vita, di sangue blu, avvocato di successo, non poteva sposare una ragazza, seppur vergine e bella, delicata e intelligente, ma senza cultura, una figlia del popolo.
Dopo quella notte, Marco non l’ha più guardata (le serve non si guardano). Adele, per settimane, aveva atteso con speranza infinita ogni suo rientro, affinando l’udito sugli pneumatici della sua sportiva pronti a stridere sul brecciolino della villa. Il giovane rampollo, entrava in casa, salutava la madre, saliva l’ampia scala che portava al piano delle camere. Non più uno sguardo per la giovane Adele (ricordiamolo: le serve non si guardano). Si cambiava e usciva per passare le serate con gli amici e le “amiche”.
La ragazza attese altre settimane, sempre innamorata e fiduciosa che egli sarebbe tornato da lei. Una sera. Prima o poi. Sarebbe tornato a rivolgerle uno sguardo. Appena iniziarono i primi sintomi della gravidanza, Adele capì cosa le era successo, non solo nel cuore, anche nel corpo. In silenzio si dovette licenziare, nonostante fosse apprezzata dalla contessa Giulia, per la sua affabilità e discrezione come dama di compagnia.
Adele, con un filo di imbarazzo, racconta ora a sua figlia Loredana, che quello fu per lei un grande amore. Lascia intuire, l’unico. Nonostante poi abbia sposato Enrico, e lo ami, e abbia avuto altri due figli.
Un giorno Adele, anziana, non resistendo alla nostalgia, alla forza centripeta della memoria, passa vicino all’antica villa, per rivederla. Era quasi sepolta dalle siepi. Conosce la anziana custode. Viene a sapere che Marco Ravelli è venuto a mancare da alcuni anni. L’avvocato non si era sposato, e non aveva figli. Che lei, Loredana, a questo punto, suggerisce la vecchia madre, avrebbe dovuto fare il possibile per farsi riconoscere come figlia.
Certo Loredana ama suo padre adottivo, Carlo, ma ora vuole sapere di più su quello naturale. Sul defunto avvocato Marco Ravelli.
Supportata da Andrea, inizia a raccogliere indizi, tasselli, pezzi di memoria di terzi, per il riconoscimento della paternità, e quindi anche della dovuta eredità spettantele, qualora si arrivasse a dimostrarla. Una eredità anche culturale, fattai di luoghi, di dipinti alle pareti, di libri. Di un passato, appartenente a un molto probabile padre.
Eredità bloccata per delle disposizioni (volutamente) assurde, perché illegittime, contenute nel testamento (“nulla ai parenti … tutto devoluto a una fondazione per l’educazione di cittadini di razza bianca”).
Ultime volontà che suonano strane per un esperto penalista quale era Marco Ravelli, ma che come in un sereno giallo senza violenza, magari hitchcockiano (pensate a The Trouble with Harry – La congiura degli innocenti, 1955), si riveleranno il MacGuffin che porterà, dopo inattesi bivi, repentine curve, improvvisi stop, e ripartenze in altre direzioni, alla soluzione: ossia la prova finale di una paternità. Grazie a piste scientifiche (il Dna di Marco Ravelli, un uomo il cui corpo è stato cremato: non spoileriamo), le svolte giuridiche e processuali che fanno giurisprudenza (da scoprire).
Noto, fondendo diario e fiction, trova un’andatura avvincente, cura con attenzione la frase, e, soprattutto, inserisce dei finti finali prima della chiusa in cui la verità dei ragionamenti e dei fatti conferisce un valore logico a scelte apparentemente “irrazionali” (che tutti commettiamo): il comportamento di Marco; l’amore mai morto di Adele per Marco; la volontà di essere qualcuno di Loredana.
La figlia che non c’era è sì la “vittoria” di Loredana per un suo diritto, ma al tempo stesso è un abbraccio ricolmo d’amore verso quel padre che non “mi aveva voluto”. I cui ultimi mesi di vita non aveva accanto nessun parente, ma solo una infermiera, che nelle note della terapia, oltre ai farmaci, scrive “un’ora di sostegno psicologico”.
Quel padre che un giorno, forse, avrebbe voluto farsi vivo, pensa il lettore, ma non lo fece per non turbare la vita di una adolescente, di una famiglia oramai formatasi, quella famiglia cui Marco rinunciò da giovane. Quel rimanere fuori: la stessa scelta di Robert nei riguardi di Francesca in I ponti di Madison County (1995, Clint Eastwood). Salvare la memoria: amando nel tempo il tempo dell’amore.