Qui a Barcellona è stato panico per i cellulari fuori uso causa blackout: potremmo sopportarne un altro?

  • Postato il 3 maggio 2025
  • Ambiente
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Quando si è sparsa la voce di un possibile flebile segnale internet in prossimità di un hotel nel quartiere Grande Gracia, centinaia e centinaia di persone si sono accalcate sullo spiazzo antistante. Migliaia di occhi incollati sugli schermi e polpastrelli a digitare all’impazzata, in cerca di un contatto, della connessione perduta. Per gli italiani il pensiero è andato subito al 2003 quando un black-out mise in ginocchio il paese. Le scene viste a Barcellona non erano dissimili da quelle vissute in Italia in quella serata d’autunno, disagi nelle metropolitane, pompieri chiamati a sbloccare ascensori, lunghe code per il pane nei supermarket gestiti da pachistani o da cinesi.

E poi il panico per i cellulari fuori uso, questa la vera differenza con il nostro black-out di inizio secolo: lo sgomento profondo per la disconnessione dalla rete, una sensazione negativa per noi attutita dalle ore notturne dell’evento e da un mondo che non aveva ancora conosciuto lo smartphone.

La penisola iberica ha riscoperto l’età analogica, l’importanza delle pile, delle radio a pila, i walkie talkie, le ricetrasmittenti, i cerini, le candele al primo imbrunire. Le stazioni radiofoniche raccontavano storie senza un pubblico, emettevano canzoni senza ascolto.

Il giorno dopo tutti a fare la conta dei disagi, nelle scuole, tra i banchi dei supermercati, i mezzi di informazione a spiegare nel dettaglio come si spezza la catena del freddo degli alimenti, come torna regolare il traffico agli incroci delle grandi arterie dopo il caos dei semafori in tilt. E ancora le storie piccole di gente che non è riuscita ad aprire il portone nei condomini. Così per alcune ore ci è parso di passeggiare tra le righe della ballata di Stefano Benni ‘Black-out’ con il suo fenomenale incipit:

S’è spenta la luce! Black-out
il disco si ferma con un rantolo di belva
si fermano lavatrici, radio, frullatori
si fa notte nei televisori
e i grattacieli di colpo sono altissime
lapidi di un cimitero
nel buio la gente si pesta, urla
si cerca e si chiama impazzita

Non è più tempo di poesia, le polemiche politiche sono dietro l’angolo, avanzano le supposizioni di cospiranti come pure le strategie per possibili rimborsi. Le associazioni di consumatori segnalano le azioni giudiziarie, gli avvocati affilano le armi, il Governo minaccia iniziative contro la Rete elettrica. E poi l’eterna discussione tra nucleare e rinnovabili, tra dipendenza dall’estero e perfetta autosufficienza. E infine una domanda: possiamo sopportare un altro black-out?

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Il Fatto Quotidiano

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