Quindici anni fa la scomparsa di Yara Gambirasio: un delitto che fa ancora discutere

  • Postato il 26 novembre 2025
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Il 26 novembre 2010 Yara Gambirasio ha soltanto 13 anni. La giovane esce dalla sua abitazione per andare in palestra senza fare mai più ritorno. La 13enne, alta, snella, gli occhi e i capelli castani e quelle stelline ai denti con cui è ritratta nelle foto in cui è sempre sorridente, è una atleta di ginnastica ritmica, socievole e spensierata, come tutte le ragazzine della sua età, legatissima alla sua famiglia.

Quella sera di novembre già fa un po’ freddo nella Bergamasca. I suoi genitori vanno subito in panico quando non ricevono sue notizie. La scomparsa di Yara nel giro di poco tempo è su tutti i notiziari. Ma, nonostante numerose ricerche e lo spiegamento di forze sul territorio, quella ragazzina per tre mesi sembra essere stata inghiottita dalla terra. Il 26 febbraio fa ancora più freddo. Un appassionato di aeroplanini telecomandati si trova in un campo a Chignolo d’Isola, per provare i suoi modellini. Il malfunzionamento di uno di questi, che d’improvviso cade sull’erba, gli fa spostare lo sguardo un poco più avanti. L’uomo intravede quello che sembra un mucchio di vestiti sgualciti. Si avvicina e in un attimo quel luogo diventa per tutta l’Italia il campo dell’orrore. Lì, disteso sull’erba, c’è un corpo.

Subito l’uomo chiama i soccorsi. E in pochi secondi il campo viene circondato dalle forze dell’ordine, dal medico legale, da tutte le persone che, in apprensione, si avvicinano al posto. Il pensiero va a Yara e presto arriva anche la conferma. I vestiti sono quelli che la 13enne indossava il giorno in cui è scomparsa. Il resto si capirà ben presto. Sul corpo di Yara, come evidenzia la professoressa Cristina Cattaneo che svolge l’autopsia, ci sono diversi segni di arma da taglio ma non è per quei tagli che è morta. Yara, dopo essere stata aggredita, è stata lasciata lì, distesa sull’erba. Ce l’aveva ancora fra le mani quell’erba, che ha stretto fino agli ultimi istanti. È morta di stenti e di freddo, senza possibilità di scappare, con gli occhi spalancati su un cielo che non l’ha protetta.

La dottoressa Cattaneo fa poi una scoperta importante. Sul corpo della giovane è presente qualcosa che sembra calce. Come se il corpo fosse stato a contatto con quel materiale o con il cemento. Facendo lo stesso tipo di esperimento sui vestiti, si scopre che sono presenti delle piccole sferette di metallo, classiche degli ambienti dell’edilizia. Ma chi è il suo assassino? Una risposta parziale arriva grazie all’esame del dna affidato al professor Emiliano Giardina. Sugli slip della vittima era infatti presente un dna maschile, oltre a quello di Yara. Grazie a quel dna sono state fatte comparazioni con una lunghissima lista di persone, una cosa mai vista prima, fino a quando non è stata trovata una corrispondenza fra quel dna e un soggetto, tale Giuseppe Guerinoni, che però non era Ignoto1: l’uomo era morto nel 1999.

Considerata la corrispondenza dell’aplotipo Y, che appartiene a tutti i soggetti di sesso maschile di una determinata famiglia, è stato possibile confrontare quel dna con quello di Massimo Giuseppe Bossetti, muratore di Mapello, incensurato e figlio illegittimo di Guerinoni. La scoperta è uno choc anche per lui. Ma l’uomo si dice estraneo al delitto.

A quindici anni dalla morte di Yara, Massimo Bossetti sta scontando una condanna all’ergastolo. Si dice innocente. In tutti i gradi di giudizio la difesa ha sempre sottolineato che i campioni di dna sono stati analizzati senza garanzie per la difesa. Non si capisce come avrebbero potuto gli inquirenti dare garanzie a una persona ignota, fino a che non è stata accertata la corrispondenza… Ad ogni modo il team difensivo di Bossetti nei giorni scorsi ha ottenuto il materiale genetico che chiede da 8 anni. Sul tavolo della difesa 9mila campioni di dna emersi nel corso delle indagini.

La difesa, pur sottolineando che il materiale è parziale, comincerà a lavorarci su per smontare la prova regina. Per i giudici l’omicidio è maturato per le avances sessuali respinte, come dimostrano anche i tagli sul corpo della vittima, una violenza a cui Yara è stata sottoposta quando era ancora in vita e che è stata alla base del riconoscimento dell’aggravante della crudeltà. Un delitto, quello di Yara, di una “inaudita gravità” e che fa ancora discutere.

Sul pc di Bossetti è stato scoperto l’interesse per le “13enni rosse”. Anche dopo il delitto, tredici giorni prima dell’arresto, avvenuto a maggio 2014, l’uomo è solo in casa, i figli a scuola, la moglie fuori e lui cerca: “ragazzine”. Meglio se rosse o “adolescenti illibate”. Una vera ossessione. Ma lui non sa come il suo dna sia finito sugli slip di Yara, che era solo una bambina.

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Il Fatto Quotidiano

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