Ranucci lasciato solo anche da certa informazione ‘imbiancata’

  • Postato il 21 ottobre 2025
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di Francesca Carone*

Il “mondo al contrario” o verosimilmente la metafora del “Re nudo”: due affermazioni non dicotomiche, ma perfettamente allineate, che spiegano la metamorfosi dell’informazione attraverso un processo dialettico che ne rivela la matrice tossica. Molte delle notizie lanciate da tg, carta stampata e palinsesti televisivi non hanno un riferimento con la verità. E chi segue questo tipo di informazione, distorta e caotica, prima o poi cade nel tranello del re nudo: vedere quello che non c’è in un mondo al contrario.

Il terribile attentato al giornalista Sigfrido Ranucci è la conseguenza di un pericoloso allineamento dell’informazione ai richiami della politica. Il cosiddetto quarto potere, cioè l’informazione, ha invece il dovere di disallinearsi (così come ha fatto Report) dai colori della politica in nome della verità. La deriva dell’informazione in questo delicato momento storico è dovuta all’annichilimento dei suoi valori: un’informazione contaminata, veicolata e barattata con scelte di comodo che quasi sempre sostengono gli echi mass-mediatici del governo di turno.

In questa decadenza sociale e politica l’informazione ha un ruolo di primaria importanza. Non si tratta soltanto di dire la verità. Ma di saperla gestire e veicolare all’interno di una grande platea che ha perso la fiducia nella politica e negli organi (associazioni e sindacati) orbitanti intorno ad essa.

La “gestione” della verità da parte di giornalisti onesti e coraggiosi, in una comunità allargata ed eterogenea che ha perso i riferimenti etici, è un’azione di ribellione ed eroismo. Dire la verità è un atto di coraggio; ma gestirla, scontrandosi ogni giorno con chi lotta per una giustizia domestica ed un’uguaglianza ad personam è una scelta di grandissimo valore etico. L’informazione nel nostro Paese naviga infatti tra l’uguaglianza ad personam e una giustizia “di parte” promosse quotidianamente da giornali e palinsesti televisivi.

Report, in questa caotica miscellanea pseudo-informativa, è la famosa mosca bianca. Una trasmissione che non solo dice la verità, ma riesce a gestirla e veicolarla tra le mille voci “di fuori” che vorrebbero occultarla e disarmarla in favore di verità contaminate e costruite a tavolino. Il giornalista Sigfrido Ranucci ha usato la sua armatura televisiva per offrirci un modello di informazione plurale, veritiera, pulita e continuativa. Dietro le verità di Ranucci non c’è solo la volontà di recuperare un modello puro di informazione, ma il coraggio della continuità, della perseveranza in una lotta sotterranea e intelligente, contro modelli di informazione da sepolcro imbiancato.

La solitudine è il prezzo altissimo da pagare in queste circostanze. Quella solitudine cerebrale e fisica che non ha scalfito di un millimetro le idee e i valori di Sigfrido Ranucci che ha avuto il suo epilogo nell’attentato di pochi giorni fa. L’isolamento appunto è l’arma subdola e spietata usata dall’altra “informazione” manipolata dalla politica, dall’economia e dai vari organismi sociali sempre più silenziosi e dediti al mantenimento di una sterile apparenza, piuttosto che alla ricerca di verità e giustizia.

Perché la solitudine di un giornalista che lotta per la verità si manifesta soprattutto nel silenzio dei presunti colleghi, nelle parole non dette all’interno di uno spazio televisivo, in quelle non scritte tra le pagine di un giornale e perfino nel silenzio dei social. Il silenzio e l’isolamento hanno costruito un muro intorno al giornalista creando uno spazio di paura e terrore.

Dopo il mancato attentato tutti i sepolcri imbiancati della politica e dell’informazione diversamente “vera” hanno fatto sentire la loro voce. Hanno espresso solidarietà e speso meravigliose parole di vicinanza. Ma tra queste cosiddette voci imbiancate quasi nessuna ha osato ricordare l’impegno e la missione etica e civile di Ranucci. Nessun cenno allo spirito di resilienza del giornalista e alla sua scelta di disallinearsi dalle verità comode, care a tanti suoi colleghi. Solo solidarietà dovuta, spicciola, di facciata che non sposta di un millimetro il vuoto cosmico intorno al giornalista.

Perché in un mondo al contrario come questo bisogna avere il coraggio di smascherare, condannare e isolare il giornalismo borderline che usa l’informazione per sopravvivere sotto le ali protettrici della politica, barattando verità ed etica. È solo allora avremo il coraggio di dire che “il re è nudo”.

* insegnante

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Il Fatto Quotidiano

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