Saline Joniche, «Oasi ferita, più della metà in fumo»

  • Postato il 1 settembre 2025
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Saline Joniche, «Oasi ferita, più della metà in fumo»

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Saline Joniche un «oasi ferita, più della metà in fumo», Familari, presidente di WWF Reggio: «Danni ingenti dopo quattro anni di tregua»


MONTEBELLO – Nel pomeriggio di sabato 30 agosto un incendio ha colpito l’area dei laghetti dell’oasi di Saline Joniche, nel comune di Montebello Jonico. Uno degli scrigni naturalistici più preziosi della Calabria. Il rogo ha inevitabilmente lasciato ferite profonde in un ecosistema già fragile. A raccontarlo è Gabriella Familari, presidente del Wwf Reggio Calabria. L’esponente ambientalista sottolinea con amarezza come l’incendio sia arrivato dopo quasi quattro anni di tregua. Un periodo in cui, dal 2021 in poi, non si erano registrati episodi simili.

Il Pantano di Saline è una delle ultime zone umide costiere rimaste nel Sud Italia. Un habitat unico, sospeso tra acqua dolce e salmastra, che ospita un’eccezionale varietà di avifauna. Proprio pochi giorni fa, in occasione di un incontro sul posto, l’area aveva regalato un’emozione rara: l’avvistamento della cicogna nera, specie migratoria che aveva scelto i laghetti come rifugio notturno. Un segnale della straordinaria importanza di questo ambiente, purtroppo oggi ferito.

Secondo Familari, i danni sono ingenti: «Sicuramente l’impatto è negativo perché siamo in un periodo particolare in cui quell’area è un punto di riferimento per la migrazione e l’avifauna. Purtroppo è andato più della metà in fumo: tutto il canneto, la parte di uno dei due laghetti è completamente in fumo. Oltre ai danni al canneto, anche le piante di Tamerice e le palme delle Canarie, sono andate perdute. Ovviamente ci saranno ripercussioni sullo spopolamento, speriamo sia soltanto temporaneo. Per fortuna il canneto cresce velocemente, quindi abbiamo delle buone speranze».

L’incendio si inserisce in un momento delicato per le specie presenti, molte delle quali ancora in fase di nidificazione. «Ogni anno la stagione si protrae perché le temperature sono ancora alte – spiega la presidente – quindi magari c’era ancora qualcuno che stava covando. Speriamo non ci siano stati danni, ma non possiamo avere contezza. Appena possibile cercheremo di fare delle osservazioni per capire cosa è andato perso rispetto a giorni fa».

Il Pantano, che si estende per circa trentotto ettari, era in questi giorni popolato da fenicotteri, cavalieri d’Italia, aironi cinerini e altre specie che trovano nell’area un rifugio sicuro lungo le rotte migratorie. «Speriamo di riavere la presenza dei fenicotteri – dice Familari – che erano tornati a essere stanziali. Anche se non sono veri e propri migratori, però speriamo che siano rimasti».

Sul tema della gestione e della tutela dell’area è intervenuto anche Alberto Ziparo, coordinatore della rete Copatss, che richiama l’attenzione sulla mancanza di strumenti adeguati di presidio: «Dovrebbe esserci in ogni caso attenzione sul Pantano per evitare anche cose fortuite. Non è in grado nessuno al momento di confermare se si tratti di un fatto doloso o meno, ancora delle cause non si ha conferma. C’è un problema di accessibilità, per questo ci vorrebbero le guardie ecologiche, perché ovviamente per muoversi quando non ci sono nemmeno sentieri tracciati, bisogna conoscere il contesto».

Il dolore per quanto accaduto è reso ancora più forte dal paradosso: solo pochi giorni fa, nel corso dell’incontro al Pantano, associazioni, studiosi e cittadini avevano ribadito l’urgenza di tutelare quest’oasi di biodiversità, minacciata non solo dai roghi ma anche dall’assenza di una vigilanza costante. «Non mi sento di condannare nessuno – conclude la presidente – so che ci sono procedure da seguire. Ma resta il fatto che quest’area, così preziosa e visibile a tutti, avrebbe bisogno di maggiore attenzione».
Un incendio che non cancella soltanto canneti e alberi, ma rischia di compromettere un equilibrio fragile, fatto di acqua e migrazioni, che da secoli lega la Calabria al respiro più ampio del Mediterraneo.

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