Salute, il calabrese Rubino tra le 100 persone più influenti per il Time

  • Postato il 10 maggio 2025
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Salute, il calabrese Rubino tra le 100 persone più influenti per il Time

Francesco Rubino, responsabile della chirurgia metabolica e bariatrica al King’s College di Londra

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La rivista Time ha inserito il calabrese Francesco Rubino, responsabile della chirurgia metabolica e bariatrica al King’s College di Londra, tra le 100 persone più influenti nel mondo della salute per il suo contributo nella definizione di obesità


La rivista Time ha inserito il calabrese Francesco Rubino, responsabile della chirurgia metabolica e bariatrica al King’s College di Londra, tra le 100 persone più influenti nel mondo della salute. Insieme a lui solo un altro italiano, Lorenzo Guglielmetti, ricercatore che si occupa di tubercolosi.

Rubino nel 2024 ha guidato un gruppo di oltre 50 esperti internazionali, convocati dalla rivista medica The Lancet, nel tentativo di definire l’obesità affinché i medici possano diagnosticarla e trattarla meglio come malattia. Perché fino a quel momento non esisteva una definizione in letteratura medica: per alcuni era una patologia cronica, per altri non era una malattia, ma un fattore di rischio per altre. Non era questione meramente speculativa, perché parliamo di una condizione che riguarda oltre un miliardo di persone nel mondo. «Storicamente l’obesità è stata riconosciuta come uno spettro – dice Rubino al Time –. E quando abbiamo iniziato a discutere se fosse una malattia o meno, abbiamo scoperto che nessuno aveva completamente ragione. E allo stesso tempo nessuno aveva completamente torto».

PERCHÉ IL TIME HA SCELTO FRANCESCO RUBINO

Il comitato di Lancet ha completato il suo lavoro lo scorso gennaio, con la pubblicazione di linee guida, per aiutare i medici a distinguere tra obesità preclinica — quando le persone aumentano di peso ma potrebbero non avere ancora effetti negativi sulla salute — e obesità clinica, quando sono presenti sintomi come il diabete o l’apnea notturna. Attualmente, 79 importanti organizzazioni sanitarie, tra cui l’American Heart Association, l’American Diabetes Association e la World Obesity Federation, hanno già approvato le nuove linee guida. Il comitato ha lavorato senza compenso. «Lo abbiamo fatto con la stessa passione che si ha quando si entra alla scuola di medicina», spiega all’Adnkronos Salute Rubino.

«Finora – sottolinea ancora l’esperto – non avevamo una diagnosi clinica di obesità, avevamo una classificazione basata sul peso. E non è facile usare una classificazione che, con l’indice di massa corporea, non riflette la salute dell’individuo».

L’obesità, chiarisce Rubino, è uno spettro di condizioni. «Ci sono  – spiega – persone che vivono con un’obesità moderata e non hanno immediatamente dei problemi di salute. Magari hanno un rischio di averli in futuro e questo rischio va trattato con delle strategie diverse. Ma ci sono persone che hanno una vera e propria malattia, qui e ora, non un rischio futuro. Persone che non possono camminare, non possono respirare, lavorare. Purtroppo a loro spesso non viene riconosciuto questo stato di malattia, molto spesso non hanno accesso alle cure, poi ancora più spesso sono anche vittime di uno stigma. Per questo c’era bisogno di riconoscere l’obesità anche come malattia».

UNA LUNGA CARRIERA TRA STATI UNITI E REGNO UNITO

Nato a Cosenza, Rubino ha frequentato Medicina a Roma, all’università Cattolica dove si è specializzato in Chirurgia generale. Durante la specializzazione ha trascorso periodi di studio all’estero. Poi ha lasciato l’Italia per fare un ulteriore training negli Stati Uniti, al Mount Sinai Medical Center, alla Cleveland Clinic. Da lì poi a Strasburgo, in Francia, dove è rimasto per sette anni. A quel punto è arrivata l’offerta della Cornell University a New York, dove c’era uno dei primi centri di chirurgia del diabete al mondo.

Perché proprio lì? Perché alcune sue ricerche avevano evidenziato un meccanismo per cui gli interventi chirurgici che si fanno per l’obesità – come la resezione gastrica – incidono sul metabolismo degli zuccheri, in maniera indipendente dalla perdita di peso. La chirurgia bariatrica, insomma, mostrava implicazioni interessanti per la cura del diabete di tipo 2. Rubino è rimasto alla Cornell, come direttore del centro di chirurgia del diabete, per sette anni circa. Il trasferimento a Londra arriva nel 2013. L’Italia, dice, gli manca. «Ma si torna ogni volta che è possibile – dice ad Adnkronos – per far visita a mio papà che vive in Calabria e ha 87 anni».

Negli anni ha mantenuto un rapporto scientifico con l’Italia e con l’ospedale Annunziata di Cosenza: qui il ‘metodo Rubino’ è stato importato dall’équipe guidata dal dottor Ninni Urso, che ha collaborato a lungo con il chirurgo del King’s College.

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