Salvini ha ridato ossigeno alla Lega con Vannacci, ma ora lui potrebbe attentare alla sua leadership
- Postato il 19 maggio 2025
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di Leonardo Botta
Non condivido nulla del pensiero di Roberto Vannacci. Ma, sin dalla lettura di stralci del suo libro Il mondo al contrario, gli ho sempre riconosciuto una straordinaria abilità comunicativa; abilità che si sostanzia nel saper toccare le corde di quello che è diventato il suo elettorato di riferimento quando, raggiunta la notorietà e lasciato l’Esercito tra procedimenti disciplinari e polemiche, si è fiondato nell’arena politica chiamato dal segretario della Lega Salvini a gareggiare per il Parlamento Europeo. In quella competizione il generale spezzino ha portato a casa un risultato a dir poco straordinario, con oltre 500mila preferenze racimolate in giro per la penisola.
Le sue parole d’ordine (i gay “non normali”, i tratti somatici di Paola Egonu, le classi separate per alunni disabili, Mussolini “statista”, la Decima) sono oggettivamente sconcertanti, però fanno presa rapida nell’immaginario collettivo di quel mondo conservatore che in buona parte è rimasto lo zoccolo duro della Lega dopo i fasti di cinque anni fa che avevano portato al Carroccio il consenso di un italiano su tre. Peraltro, ascoltando Vannacci nei suoi vari interventi, sia nell’Europarlamento che nei vari dibattiti televisivi, mi rendo conto che siamo di fronte a un oratore abilissimo oltre che dotato di solido curriculum (leggo di diverse lauree e master) e indubbia competenza che gli deriva dalla sua lusinghiera carriera militare e diplomatica. Al punto da avere la sensazione che a molti di quegli slogan che l’hanno reso famoso (oltre che fortemente inviso ai suoi detrattori) in fondo non creda più di tanto nemmeno lui stesso, ma li abbia sposati con lo scopo di forgiare il personaggio che poi è diventato.
Tornando a Salvini e alla Lega, credo occorra riconoscere che, dopo averle praticamente sbagliate tutte dai tempi del Papeete, il segretario con la cooptazione di Vannacci abbia assestato un colpo politico efficace che ha scombussolato gli equilibri interni leghisti. Da tempo si parlava infatti di un avvicendamento alla guida del partito, in grande difficoltà a causa dell’irresistibile ascesa di Giorgia Meloni, oltre che della buona tenuta dell’alleato più liberale e moderato, Forza Italia. Ritengo che a quel punto Salvini abbia sviluppato un’analisi ponderata, resosi conto che l’unica strategia che potesse garantirgli la sopravvivenza fosse mettere la freccia ancora più decisamente a destra. Così, mentre il ministro Giorgetti e i governatori Zaia e Fedriga mostravano il volto istituzionale e moderato del partito, il segretario riprendeva a battere la lingua sul tamburo di temi forti e di sicuro effetto come l’identità e il nazionalismo, la lotta all’immigrazione, la “pace fiscale”.
L’ultimo atto salviniano è la recente nomina di Vannacci al ruolo di vicesegretario. Questo passaggio credo sancisca il sorpasso da parte del generale ai danni di Zaia che, specie ora che la Corte Costituzionale ha stabilito l’inderogabilità del vincolo del doppio mandato per i presidenti di regione, si trova nella spiacevole posizione di non saper bene cosa fare da grande: una Lega ancora saldamente sopra l’8% nelle intenzioni di voto non gli consente di aspirarne nell’immediato alla guida (l’ultimo congresso si è risolto con un altro plebiscito per Salvini) e a questo punto il tempo gioca a favore di Vannacci, che ormai è visto sempre meno come un corpo estraneo al partito e avrà modo e occasioni per consolidare la sua posizione, fino ad ambire (il più tardi possibile, dal punto di vista di Salvini) alla leadership.
In quest’ottica si colloca, credo, la disciplina di partito mostrata dal generale, che ha subito abbandonato le sue velleità di fondarne uno nuovo tutto suo. È proprio questo il punto: lanciando Vannacci, Matteo Salvini ha sicuramente portato ossigeno e risorsa fresca (anche se non giovanissima: il generale ha 57 anni) alla Lega. Ma si è messo in casa un ambizioso e insidioso rivale, sicuramente pronto a fargli lo sgambetto alla prima occasione.
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