Sanità, entra in vigore lo stop ai gettonisti. Ma nessuno li ha ancora sostituiti: “Salto nel vuoto per i Pronto soccorso”

  • Postato il 29 luglio 2025
  • Lavoro
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Arriva il tanto richiesto blocco alla stortura dei gettonisti della sanità, ma né il governo né le Regioni hanno pensato a come coprire l’ennesimo buco di personale negli ospedali. Dal 31 luglio infatti, non potranno più essere rinnovati i contratti di medici e infermieri libero professionisti delle cooperative che non potranno più essere reclutati e strapagati dal Servizio sanitario nazionale. Verrà meno, così, anche quel costosissimo tampone a cui molte strutture hanno fatto ricorso negli ultimi anni per continuare a garantire i servizi ai cittadini, nonostante la grave carenza di personale che la politica non è mai riuscita davvero ad affrontare. Lo stop, oltre a intervenire su un’evidente stortura del sistema, comporterà un risparmio per le casse dello Stato, ma senza la stampella dei gettonisti la sanità pubblica rischia di non stare più in piedi. Soprattutto d’estate, con l’aumento delle temperature, che peggiora i cronici problemi dei pronto soccorso. Lo scenario è incerto: per tenere aperte le strutture, le Regioni non avranno altra chance che chiedere deroghe alla norma, continuare a finanziare i gettonisti privati con i soldi pubblici, e creare un limbo dannoso per tutti. D’altronde, l’alternativa è rischiare di non trovare più nessuno da far lavorare in corsia.

Le ondate di calore, le cui conseguenze colpiscono maggiormente la parte più anziana e fragile della popolazione, accrescono la pressione sugli ospedali, già in sistemica difficoltà. Gli accessi ai pronto soccorso aumentano, anche quelli non urgenti, soprattutto nelle grandi città e nelle località turistiche, che da un mese all’altro vedono decuplicare i loro abitanti, mantenendo però gli stessi organici e le stesse strutture. La mancanza di posti letto aggrava il boarding: in molti reparti, ogni giorno decine di pazienti attendono su una barella di essere ricoverati. Uomini e donne vengono spogliati in mezzo al corridoio, senza privacy, nello sconforto dei loro famigliari e del personale sanitario che li ha in cura. Professionisti costretti ad affrontare situazioni moralmente inaccettabili, a dover prendere decisioni che contrastano con la loro etica. E con l’arrivo delle ferie estive, obbligatorie da contratto collettivo nazionale, si acuiscono le già critiche carenze di personale.

Attualmente – secondo i dati raccolti da Simeu, la società italiana medicina d’emergenza urgenza – circa il 30% dei pronto soccorso italiani ha in organico medici provenienti da cooperative. In alcune di queste strutture, i gettonisti arrivano a coprire fino all’80% dei turni. Turni che, in ottemperanza a quanto previsto dal decreto del 17 giugno 2024, presto rimarranno scoperti. Entro 12 mesi, infatti, tutti i contratti stipulati tra le aziende ospedaliere e le cooperative scadranno: il 42% di essi entro i prossimi tre mesi; il 26% entro sei mesi; e il restante 32% entro un anno. “Abbiamo accolto la decisione ministeriale di porre un freno ai gettonisti con gioia. È un segnale di riconoscimento e tutela per la nostra professionalità. Ma senza una strategia chiara per aumentare tempestivamente gli organici, andremo incontro a un salto nel buio”, commenta a ilfattoquotidiano.it Alessandro Riccardi, presidente di Simeu e direttore del pronto soccorso dell’ospedale Santa Corona di Pietra Ligure.

Proprio per limitare i rischi di questo salto nel buio, alcune Regioni stanno correndo ai ripari, chiedendo delle deroghe alla norma. “Dei correttivi saranno inevitabili – spiega Riccardi -, e in questo modo rimarremo in un stato di limbo dannoso sia per i professionisti che per i pazienti. Attendiamo con ansia una svolta per far sì che effettivamente il lavoro nell’Emergenza-Urgenza diventi appetibile, mettendo un freno alla fuga dei colleghi. Non solo attraverso una valorizzazione economica ma anche, e soprattutto, intervenendo sulla qualità di vita professionale e personale”.

Secondo Simeu, rispetto al totale di camici bianchi necessari al corretto funzionamento dei reparti, solo il 62% è coperto con medici dipendenti del Ssn. Il restante 38% è occupato da altre figure professionali o del tutto scoperto (circa il 17%). Una carenza che, in ogni caso, non potrà essere risolta attraverso le assunzioni dei gettonisti rimasti disoccupati a partire dal 31 luglio. Questo perché, sottolinea Riccardi, molte cooperative vincolano i propri medici con clausole che impediscono loro di essere assunti dal Ssn per almeno due anni dalla fine del contratto, rendendo questo bacino di professionisti di fatto inaccessibile per la sanità pubblica. “Queste clausole dovranno essere in qualche modo superate a livello ministeriale – commenta Riccardi -. Devono essere messe in campo delle misure urgenti per permettere a queste risorse di rientrare nel servizio sanitario nazionale”. Ma, alle condizioni attuali, lavorare come dipendenti negli ospedali, e in particolare nei pronto soccorso, è molto faticoso e rischioso. I medici disposti a farlo sono sempre meno. Ed è per questo che le aziende sanitarie in questi anni hanno dovuto continuare ad alimentare il circolo vizioso delle cooperative. Un sistema che ha bruciato risorse senza risolvere in alcun modo il problema alla base.

Secondo l’Autorità Nazionale Anticorruzione, tra il 2019 e il 2024 i gettonisti sono costati ai contribuenti 2 miliardi e 141 milioni di euro. Un fiume di denaro a fondo perduto, uscito dal pubblico per andare ad alimentare un sistema privato fatto di prestazioni occasionali e stipendi fuori mercato. Miliardi che, con una programmazione di lungo periodo, potevano servire a rafforzare stabilmente gli organici ospedalieri. Solo nel 2024, le Asl hanno stanziato per i gettonisti 457,5 milioni di euro, iscritti a bilancio sotto la voce “beni e servizi” per non superare, almeno formalmente, il tetto di spesa per il personale imposto dalla legge. Un tetto che l’ultima legge di bilancio ha formalmente abolito, ma che potrà essere realmente superato solo dopo l’emanazione di un decreto del ministero della Salute sui fabbisogni del Sistema sanitario nazionale. Provvedimento che, al momento, ancora latita.

“Il nostro è un lavoro bellissimo, di servizio, in cui veramente si può fare la differenza. Il professionista ha un contatto diretto con i pazienti e questo può comportare grandissime soddisfazioni – prosegue Riccardi – Ma al momento chi sceglie il percorso dell’Emergenza-Urgenza sceglie di farsi carico dei problemi di tutto il Ssn. E non è sopportabile. Siamo la prima frontiera della sanità pubblica del Paese con la popolazione più vecchia, e quindi più fragile, d’Europa. Sono necessari interventi strutturali, ed è fondamentale che vengano attuati in tempi brevissimi”, conclude.

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