Se stiamo in silenzio sul genocidio palestinese, non siamo più una democrazia

  • Postato il 15 maggio 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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Da 80 anni custodiamo il pudore con religiosa attenzione. Per 80 anni non abbiamo violato la consegna non scritta e da nessuno imposta. Da 80 anni riconosciamo come legge naturale che “Genocidio” è sinonimo esclusivo di “Shoàh/Catastrofe/distruzione” programmata di tutto il Popolo ebraico. Sei milioni di ebrei più prigionieri sovietici militari, polacchi; e poi Rom, oppositori e dissidenti, “asociali”, Testimoni di Geova, omosessuali, “neri” viventi in Germania (Fonte: Memorial Holocaust Museum, US, Aggiornato al 25 ott. 2024). Oppressi dalla vergogna che ciò fu possibile perché ebrei denunciarono altri ebrei per avidità; protestanti e cattolici che, novelli farisei e leviti, si girarono dall’altra parte come con l’uomo incappato nei ladroni (vangelo di Luca) e tutto il mondo si fece “i fatti propri”, accusammo, senza se e senza ma, Pio XII che “doveva parlare”, anche a costo di farne trucidare molti di più.

Ci formammo la certezza che mai più un popolo avrebbe solo “osato” pensare di eliminarne un altro. Illusi e doppiamene colpevoli. Seguirono, infatti, il Ruanda con il genocidio della minoranza Tutsi da parte degli Hutu (1994); i Balcani (1990-1999) col genocidio di Srebrenica e Serajevo (ambedue 1995), il genocidio del Popolo armeno, cominciato dal governo dei «Giovani Turchi» (iniziato dal 1915) e mai finito. Ogni anno, dal 2000, il 27 gennaio, celebriamo il Memoriale, riservato alla Shoàh: mai più Aushwitz, simbolo di tutti i campi di sterminio nazisti. Le mie credenziali culturali non hanno bisogno di prove; per quelle religiose, nella guerra del Kippur (1973), feci ricamare la stella biblica di David sui paramenti liturgici di colore viola per ricordare la ‘necessità’ di Israele biblico, paradigma di storia universale.

Con la protezione dell’Onu e del mondo occidentale, Israele iniziò una lenta e inesorabile conquista armata di una terra «sua», ma anche non più sua. Nel 1948, il diritto di Israele di tornare in Palestina da cui fu cacciato dai Romani (Adriano, 135 d.C.), si trasformò in condanna allo sterminio di chi rimase a coltivarla e custodirla. Il 7 ottobre del 2023, Hamàs non trucidò solo 1194 persone, quasi tutte giovani, figlie e figli d’Israele in un raduno collettivo di festa ai confini con Gaza, ma diede un colpo mortale alla presunta superiorità militare di Israele. Colpito al cuore, Israele rispose, facendo un milione di vittime, tra cui bambini, neonati, vecchi e inermi, colpevoli di essere palestinesi e vittime di Hamas.

Il disegno fu chiaro da subito: distruggere tutta Gaza e deportare 2 milioni e mezzo di persone fuori dai confini per liberare Israele dalla presenza dei Palestinesi. Israele, agnello sacrificale e immolato nella cloaca del male assoluto che fu e resta il nazismo e il servo fascismo, ora fa lo stesso sui Palestinesi. L’olocausto è la decisione di sterminare, una volta per tutte, un popolo o etnia, in quanto tale. I metodi non sono più i forni, ma bombe, droni, soldati armati e… fame e sete ‘programmate’ scientificamente. Israele e chi lo arma e sostiene hanno decretato la morte della “nostra civiltà occidentale” che era lo stato di Diritto, il solo che fa la differenza tra civiltà e la barbarie, anche di Hamas.

Non sono così sprovveduto da identificare il Popolo d’Israele con il suo governo, per definizione, pro tempore. Netanyahu ha bisogno di “questa” guerra anche a costo di massacrare i suoi stessi figli ostaggi, se ancora ne sono rimasti. Egli deve produrre guerra se vuole salvarsi la pelle; per questo deve radere al suolo Gaza perché ha bisogno di un “successo assoluto”. Gesù è stato ucciso dai sommi sacerdoti del sinedrio “perché è meglio che muoia uno solo piuttosto che tutto il popolo”, mentre ora quella motivazione è capovolta: per salvare uno solo si sacrificano ‘tutti’, ostaggi israeliani e palestinesi inermi e due anni e mezzo di atrocità infinite.

Per 80 anni assistiamo all’immolazione del Popolo palestinese, derubato di terre, villaggi, alberi di ulivo, tacendo e alimentando nel mondo odio e isolamento per Israele, il cui male oscuro oggi è Netanyahu e il suo governo che hanno smarrito anche l’insegnamento del grande rabbino Hillèl (110 a.C -10 d.C.). Commenta Levitico 18,18 («Ama il prossimo tuo come te stesso») con queste parole: «Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te: questa è tutta la Torah. Il resto è commento. Va’ e studia» (Talmud, Shabbàt, 31a). Riprendendolo alla lettera, Gesù ne fece la regola d’oro del vangelo: “Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa, infatti, è la Legge ed i Profeti” (Mt 7,12).

Il nostro stesso silenzio si tramuta in tacere perché ci vogliamo convincere e giustificare che Israele sia una democrazia. Ipocriti! Israele, gli Usa, l’Europa e l’Italia non sono più democrazia, ma il contrario di essa, per questo saranno vomitati dalla bocca della verità che s’imporrà da sola nel cuore della Storia, come nel 2006, vide disarmante il profeta disarmato, Fratel Arturo Paoli: “L’impero capitalista sta tramontando nel sangue. Non poteva avere altro epilogo. E tramonta in terra d’oriente. È una profezia” (Arturo Paoli, Memorie, vol. 1, Anno 2006, curatori Dino Biggio e Paolo Farinella, pref. Vittorio Coletti, EDB 2003, 58-60). La Democrazia e il Diritto non ammettono scorciatoie: aut sunt aut non sunt, tertium non datur. “Senza Diritto, lo Stato somiglia a una banda di ladri” (Sant’Agostino, La città di Dio contro i Pagani, libri XXII, IV, 1 [Sommario], PL 41).

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Il Fatto Quotidiano

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