Separazione delle carriere da primato: il testo del governo sarà approvato dal Parlamento senza una sola modifica
- Postato il 21 luglio 2025
- Giustizia
- Di Il Fatto Quotidiano
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Sarà davvero un unicum nella storia delle leggi costituzionali italiane. La separazione delle carriere di giudice e pm, con tanto di Csm distinti e la futura Alta corte disciplinare, martedì passerà al Senato, nello stesso testo approvato dal Consiglio dei ministri il 29 maggio 2024 e poi sottoscritto alla Camera il 16 gennaio 2025. Neppure una virgola spostata né una parola sostituita. Peggio di un decreto legge. Pur nel lungo passaggio nelle commissioni di Montecitorio e poi in quelle di palazzo Madama. Quasi non fossimo in una democrazia, ma in uno Stato autoritario. Il 16 luglio Alfredo Bazoli del Pd lo ha gridato in Aula rivolgendosi ai colleghi della maggioranza: “Sta per avvenire qualcosa che non è mai avvenuto nella storia della Repubblica. Il Parlamento non avrà messo becco in una riforma costituzionale del governo. È un precedente clamoroso di cui dovreste vergognarvi perché autorizzerà in futuro qualunque maggioranza a fare la stessa cosa. State facendo macello della Costituzione italiana”.
Affermazione forte. Caduta comunque nel silenzio tombale della maggioranza. Evidentemente consapevole, e d’accordo. La stessa che, in ben 12 sedute, non è stata protagonista di un solo intervento. Con la sua presenza ha solo assicurato il numero legale, mancato una dozzina di volte. L’opposizione, prima nelle tre sedute dedicate alla discussione generale, e poi via via nel voto degli emendamenti, è intervenuta a raffica. Ha dovuto subire però il “canguro”, ossia la falcidia totale degli emendamenti simili. Alla fine, i 1.300 presentati, sono via via caduti. Il capogruppo di Forza Italia Maurizio Gasparri, l’8 luglio, sollecitando come ormai imprescindibile e irrinviabile il voto, aveva imposto tempi stretti per “eliminare lo sconcio delle lottizzazioni correntizie con susseguenti spartizioni di cui è stato protagonista nei decenni il Csm, scrivendo pagine di autentica vergogna”. E oggi il ministro degli Esteri Antonio Tajani può vantarsi di portare a casa la legge costituzionale che Silvio Berlusconi ha tentato inutilmente di intestarsi.
L’unica riforma della Carta “sopravvissuta” rispetto all’autonomia differenziata e al premierato. Forza Italia ne può ben andare fiera. La premier Giorgia Meloni ne spende il peso politico, il Guardasigilli Carlo Nordio non manca di citarla in ogni sua uscita. Al Senato s’è visto una volta in Aula, poi al banco del governo c’era solo il suo viceministro Francesco Paolo Sisto che ne vanta le meraviglie in ogni trasmissione televisiva cui quotidianamente partecipa. Avvocato barese, se ne fa portavoce con i colleghi del Consiglio nazionale forense e delle Camere penali, che da anni si battono proprio per la separazione delle carriere tra scioperi, convegni, sit-in, pensando di segnare un punto a loro favore. Già pensano di vedere un pm farsi più debole rispetto al giudice che rafforza la sua posizione e il suo potere.
Ma davvero la separazione delle carriere sarà la panacea che attendono? È questo il grande punto interrogativo della riforma costituzionale. Che consegna alla storia della giustizia italiana certamente un pubblico ministero più forte grazie alla sua autonomia. Salvo che il governo non decida, in un prossimo futuro, di ridurne i poteri e metterlo sotto il suo stesso potere esecutivo. Ma allo stato, e su questo stanno riflettendo molti giuristi, il pm guadagna molti “punti” proprio grazie alla sua totale autonomia e al futuro Csm di cui sarà “signore e padrone”. Un grande balzo in avanti se paragonato all’attuale e unico Csm dove i pm sono “solo” 5 rispetto agli altri 15 colleghi.
Ma arriverà davvero in porto, e come, la separazione delle carriere? Di appuntamenti cruciali ne ha davanti ancora molti. Due nuovi passaggi parlamentari alla Camera e al Senato. “Solo una presa d’atto”, sminuisce la maggioranza. Che però s’incastrerà in un autunno dove incombe la manovra finanziaria. Nordio ipotizza poi il referendum confermativo addirittura all’inizio del prossimo anno, di fatto ignorando i tre mesi necessari per promuoverlo. Se ne potrà parlare invece nella tarda primavera. Avvicinandosi pericolosamente al rinnovo obbligatorio del nuovo Csm visto che l’attuale scade a gennaio 2027. A palazzo Bachelet i laici eletti dal centrodestra danno già per scontata una cospicua proroga per consentire al governo di scrivere e approvare le complesse leggi attuative degli otto smilzi articoli della legge costituzionale e che poi dovranno affrontare Camera e Senato. Varrà lo “stile decreto” anche per quelle? Ma l’avvicinarsi rapido della scadenza della legislatura renderà tutto più difficile, compresa la disponibilità di Lega e Fratelli d’Italia per la riforma delle carriere che soprattutto Forza Italia, all’insegna dello slogan “Berlusconi la voleva e noi l’abbiamo fatta”, spenderà come una grande vittoria in campagna elettorale per rosicchiare voti ai compagni di strada del governo Meloni.
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