Separazione delle carriere: il si alla Camera giustifica la gazzarra? La parola fine al referendum

  • Postato il 19 settembre 2025
  • Politica
  • Di Blitz
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L’ennesima gazzarra inscenata ieri alla Camera è un’altra prova di come la nostra democrazia mostri alcuni aspetti negativi.

A Montecitorio, si approva per la seconda volta la nuova legge sulla separazione delle carriere dei magistrati.

Non c’è dubbio su come la pensino i presenti in aula: i voti a favore sono 243, i contrari 109. Eppure ha inizio la bagarre che non è un buon segno per l’Italia e per i “mal capitati italiani”.

La seduta viene sospesa, ma il dissidio non si ferma, continua alla prossima puntata come nei feuilleton di una volta.

Ora le versioni che si contrappongono sono due: coloro che ritengono sia stata una fiction male organizzata nella quale sono stati sbagliati i tempi (la caciara avrebbe dovuto iniziare più tardi) e coloro i quali si riferiscono al solito appellativo di fascisti, un termine che va sempre bene nelle occasioni che contano.

Gazzarra in Parlamento, brutta immagine

Separazione delle carriere: il si alla Camera giustifica la gazzarra? La parola fine al referendum , nella foto La Camera dei Deputati
Separazione delle carriere: il si alla Camera giustifica la gazzarra? La parola fine al referendum – Blitzquotidiano.it (Foto d’archivio Ansa)

La verità è che si è data un’altra prova che l’opinione pubblica respinge con forza. Non ne può più di queste risse o di queste liti da cortile che non sono un buon biglietto da visita per il Paese. Se poi alle urne va sempre meno gente, chi sono i colpevoli se non gli uomini e le donne che dovrebbero rappresentarci?

Dunque, vediamo: È stata violata la Costituzione che prevede un doppio sì dalle due Camere più un referendum confermativo che attribuisce al popolo la sentenza finale? No, è sicuro. Manca solo un altro appuntamento per dare poi la parola agli elettori.

Se la legge non piace agli italiani che la considerano una stortura contro i magistrati, saranno loro a dover decidere e a respingere al mittente la proposta dell’esecutivo. Se,invece, l’approveranno non sarà stata violata nessuna regola prevista dalla Costituzione tanto più che l’Italia è l’unico paese (nel mondo democratico) ad avere questo tipo di processo penale.

Allora, perché mandare in scena un film che non giova al nostro Paese? Perché dare una dimostrazione che la maggioranza non vale e chi si oppone può mandare all’aria qualsiasi iniziativa?

Sale la tensione per le Regionali

Naturalmente sarà questo un argomento che campeggerà nella competizione regionale che ha inizio il 28 settembre per arrivare alla metà di novembre.

Che la battaglia in questione non abbia confini lo si è visto fin da subito perché sul palcoscenico sono apparsi i big della politica. Da una parte, Giorgia Meloni con i suoi due vice; dall’altra Elly Schlein che ha potuto portare con sè solo il presidente del Pd, Stefano Bonaccini. Perché tanta penuria?

In silenzio, ma non tanto, lo spiegano i non pochi dem che non vedono di buon occhio la prima inquilina di via del Nazareno. Sono i riformisti del partito, coloro che non gradiscono la svolta a sinistra troppo accentuata. Gli stessi che la vorrebbero rispedire al mittente per far sedere su quella poltrona un’altra persona, magari sempre in gonnella.

Il nome che serpeggia di frequente è quello di Silvia Salis, il sindaco di Genova che progressista lo è, ma senza spingersi come ha fatto Elly da quando è stata messa alla guida dell’opposizione.

Tra le due, già da oggi, non corre buon sangue. La segretaria è andata su tutte le furie per un articolo apparso su Vanity Fair, un’ intervista di qualche tempo fa che evidenziava le loro differenze politiche. Pare certo che la Schlein abbia telefonato a Silvia rammaricandosi per quanto aveva letto.

Ma erano pensieri non attuali, quindi l'”imputata” per il momento non poteva essere accusata. Questa giustificazione non ha diminuito l’attrito che c’è fra le due donne più importanti della sinistra, tanto è vero che la Salis respinge qualsiasi proposta di intervista che magari rimanda a quando la situazione sarà più tranquilla.

Il sostantivo tranquillità non è tornato di moda nel cosiddetto campo largo. i Calendiani sono fuori, Matteo Renzi in qualche occasione si astiene ed aspetta momenti più propizi per intervenire. Le chances per ritornare a galla sono ridotte al minimo e quindi non si può più sbagliare.

La consultazione è alle porte, ma in Campania, l’ormai ex governatore Vincenzo De Luca continua a sbraitare perché i candidati non li sceglie Roma, ma i cittadini che vanno alle urne. Tuona contro il prescelto, Roberto Fico, che non ha mai presieduto “nemmeno una riunione di condominio”. È logico, dunque, che se la consultazione con il campo largo unito non dovesse dare i frutti sperati nel Pd si aprirebbe se non una crisi l’assoluta necessità di un congresso nel quale ci si dovrà finalmente contare.

Se da noi la parola conflitto non va mai in pensione, lo stesso si deve dire per la situazione internazionale che è sempre più incandescente. Di pace si parla sempre meno perché le due guerre sembrano non conoscere le parole che portano almeno alla tregua.

Trump dice che Putin lo ha deluso e poi? Quale altra congettura si inventerà per evitare di apparire in prima persona nella guerra che divide Russia e Ucraina?

La situazione in Francia è sempre più caotica. Il governo “inventato” per l’ennesima volta da Macron segna il passo, il Paese è in subbuglio, ieri 900 mila persone sono scese in piazza per la crisi economica che non accenna a diminuire.

E tanto per non farsi mancare nulla il presidente ha un’altra brutta gatta da pelare. Con grande cattiveria, una minoranza mette in dubbio il sesso della moglie. Brigitte si inalbera, “Lo dimostrerò con tanto di fotografie che sono una donna”, sostiene alzando il tono della voce. Si può dire tutto, ma non che Macron non viva un brutto periodo.

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Autore
Blitz

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