Sfiorato dalla morte per la seconda volta: ora voglio riflettere
- Postato il 27 luglio 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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In questi giorni, ho percepito di aver ricevuto un vita extra. Nessuna trasformazione: semplicemente all’Istituto Cardiologico Monzino di Milano, Daniela Trabattoni, una dottoressa di valore eccezionale, mi ha praticato una coronarografia applicandomi 4 stent (tubicini metallici inseriti nelle coronarie). Durante l’intervento che seguivo in stato cosciente, la dottoressa commentava che avevo delle coronarie davvero brutte e alla fine mi sono permesso di chiederle che cosa significasse: “Che con un’ostruzione del 95% da una parte e dell’85 dall’altra sarebbe andato incontro a un mega infarto”. Al momento non ci ho fatto caso, il cuore, anche se da tempo mi mancava tantissimo il fiato, non è mai stata una mia preoccupazione e avevo dovuto continuamente sfidare una voce che mi suggeriva che forse stavo esagerando. Sono stato felicemente dimesso e oggi sto solo cercando di risolvere alcuni fastidiosi strascichi, non legati alle coronarie. Tutto questo è successo nei giorni del mio settantanovesimo compleanno.
Molti anni fa, quando di anni ne avevo 53, durante una vacanza, a Chiavari, mi sono tuffato contro uno scoglio, nell’acqua alta poco più di un metro e mezzo, resa assolutamente opaca dal sole che batteva a picco. Sono stato trasportato in ospedale, dove mi hanno applicato 36 punti sulla calotta. Nessuna commozione o frattura.
Quello era per me un periodo particolarmente frenetico sul lavoro, e ho voluto accelerare il rientro (mi aspettava il mitico Convegno Ambrosetti di Cernobbio, dove solitamente partecipavo agli incontri del Presidente della mia società, l’Ibm, con i giornalisti). Fatto sta che intervenne un Guillein Barré, un morbo per il quale gradualmente ti paralizzi, dovuto all’assoluto esaurimento di risorse difensive del mio organismo. Altro ospedale e finalmente la guarigione. Anche questa la definirei una vita extra elargitami.
Forse in passato di vite extra me ne saranno state fornite altre, ma a mia insaputa. Quella dello scoglio è stata l’occasione per un cambiamento di vita molto importante, ho capito che stavo vivendo in modo sbagliato e che avrei dovuto cambiare. Con un serie di amici abbiamo dato vita a Vivere con Lentezza, per invitare le persone a prendersi tempo e a sapere che nella vita ci sono tante cose di cui occuparsi oltre al lavoro.
Questi due episodi, anche se molto diversi fra loro, hanno somiglianze nell’essere sfiorati dalla morte. Ma mentre la prima volta la mia reazione è stata quella di fare tesoro della mia esperienza, mettendola a disposizione di tutti, nel secondo ancora caso fatico a trarre delle conclusioni.
In realtà nel caso del tuffo è stato facile risalire alle cause (correvo come un pazzo senza sapere in che direzione), nel secondo trattandosi di una malattia è più difficile decodificare il messaggio e soprattutto intuire che conclusioni e indirizzi intraprendere. Non devo essere definito dalla mia malattia, ma voglio rifletterci, magari con qualche amico, per capire come vivere la restante vita “normale”, utilizzando gli insegnamenti della prima volta e dando tempo al tempo.
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