“Silvio Berlusconi era il meno ingombrante di tutti. Sono stato arrestato perché dirigevo il suo giornale. Sono stato raccomandato”: parla Alessandro Sallusti

  • Postato il 24 maggio 2025
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Alessandro Sallusti, ospite di Nunzia De Girolamo nella puntata di “Ciao Maschio”, in onda stasera sabato 24 maggio in seconda serata su Rai1, ha dichiarato: “La libertà non è non aver padroni, la libertà è amare ciò che fai. Berlusconi era il meno ingombrante di tutti, o meglio era talmente abile che io non mi sono mai sentito costretto, le sue telefonate iniziavano con un ‘direttore tu fai quello che vuoi però io ti dico che il mio punto di vista‘. Lo faceva con tale abilità che per la verità nove e mezzo su dieci aveva ragione anche nel merito”.

“Mi hanno arrestato per omesso controllo, – ha proseguito – i direttori sono responsabili di tutto ciò che viene, anche della pubblicità, quindi c’era un articolo scritto da un collega querelato da un giudice. Siccome era la settima volta che io venivo condannato per omesso controllo, un giudice ha deciso che ero un delinquente abituale, quindi perdevo le attenuanti e dovevo essere arrestato per un anno e quattro mesi. In Italia non c’è nessuna legge che dice questo. Quando mi hanno arrestato, dandomi delinquente abituale perché era la settima volta, i direttori di altri giornali ne avevano ben di più di condanne per omesso controllo”.

Da qui la domanda: “Allora perché mi hanno arrestato? Mi hanno arrestato perché dirigevo in quegli anni, nel 2010-2011, eravamo nel pieno scontro di guerra civile mediatica tra berlusconismo e antiberlusconismo. Io ero il direttore del giornale di Berlusconi e avevo le mie idee sulla magistratura. Sono sincero, la ferita vera non è stato l’arresto in sé, anche perché dopo 40 giorni il Presidente Napolitano mi ha graziato e dopo sei anni la Corte dei diritti dell’uomo ha condannato l’Italia a risarcirmi per ingiusta detenzione. È la ferita di aver preso coscienza che in questo Paese purtroppo, è un caso limite, ma si può arrestare uno per le sue idee, non per i suoi reati”.

E ancora: “Io non ho studiato, non sono stato ammesso alla maturità in anni in cui ammettevano chiunque con il famoso sei politico. Io non sono riuscito a prendere neanche il sei politico, peraltro in un istituto tecnico, quindi neanche al liceo classico. Questo l’ho fatto perché avevo in mente, già da bambino, di fare il giornalista. Per me fare il giornalista era fare l’inviato e girare il mondo, non avevo capito che bisognava poi anche scrivere e sapere. Quando ho iniziato questo mestiere avevo il vocabolario sotto la scrivania, c’era ancora la macchina da scrivere, perché quando si arrivava a scienza e coscienza non sapevo dove mettere la i”.

“I miei genitori – prosegue il giornalista – a questa cosa reagirono malissimo, avevo un padre severissimo. Tra l’altro l’hanno presa alla sprovvista, non sapevano che io in realtà non andavo a scuola, ma invece andavo a fare il galoppino in queste prime radio private”.

E infine: “Trovo ci sia molta retorica sulle raccomandazioni, io sono stato raccomandato in tutti i passaggi professionali che ho fatto, nel senso che non è che tu ti svegli un mattino e ti assume Il Corriere della Sera per caso. C’è sempre qualcuno, mentre tu stai lavorando, in quel caso ero a Il Messaggero e c’erano dei colleghi che mi hanno conosciuto e mi hanno raccomandato, sono andati al direttore de Il Corriere della Sera e mi hanno segnalato come uno bravo. Poi sappiamo che siamo in Italia, per di più ci sono anche delle altre raccomandazioni, ma la raccomandazione è uno dei motori soprattutto dell’accesso al mondo del lavoro. Negli anni 60-70 c’erano i parroci che raccomandavano agli imprenditori del posto alcuni ragazzi. Io a tanta gente devo dire grazie, perché mi ha raccomandato, quindi ha innescato la raccomandazione e io a mia volta ho fatto lo stesso”.

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Il Fatto Quotidiano

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