Siria, nuovi scontri tra tribù sunnite e drusi a Suwayda. Damasco invia di nuovo l’esercito, ok di Israele

  • Postato il 18 luglio 2025
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La rapida pacificazione nel post-Assad rischia di rivelarsi una chimera. Le tensioni mai sopite nella Siria storicamente divisa fra etnie e religioni riemergono dopo la resa dei conti silenziosa nei confronti della popolazione alawita e, adesso, con le violenze tra forze filo-governative e drusi. Venerdì le tribù sunnite della regione nord-occidentale siriana di Idlib fedeli all’autoproclamato presidente Ahmad al-Sharaa si sono mobilitate per partecipare all’assalto della roccaforte drusa di Suwayda, nel sud del Paese, che ha già provocato scontri e violenze. Una nuova escalation che preoccupa per un maggiore intervento militare di Israele in difesa della minoranza drusa, presente in decine di migliaia di individui anche nello Stato ebraico. Ma la decisione di Damasco di dispiegare unità militari nell’area teatro delle violenze ha ricevuto anche l’approvazione di Tel Aviv che, per adesso, ritiene sufficientemente garantita l’incolumità dei drusi.

Secondo quanto riferito dal governo centrale siriano, la comunità drusa ha violato i termini dell’accordo per il cessate il fuoco che aveva portato, mercoledì sera, al ritiro dei contingenti e di conseguenza gruppi di beduini sono tornati a compiere incursioni nella città per cercare di liberare quelli detenuti nei recenti scontri. La presidenza ha accusato le “forze fuorilegge” di aver violato l’accordo, impegnandosi in “orribili violenze” contro i civili, inclusi “crimini che violano completamente gli obblighi di mediazione, minacciano direttamente la pace civile e spingono verso il caos e il collasso della sicurezza”. E ha poi messo in guardia contro “la continua e palese ingerenza israeliana negli affari interni della Siria che porta solo a ulteriore caos e distruzione e complica ulteriormente la situazione regionale”. Una situazione che ha convinto il governo centrale a dispiegare di nuovo l’esercito nelle prossime 48 ore per evitare l’esplosione di nuove violenze incontrollate. L’ok di Israele al dispiegamento è arrivato nonostante il videomessaggio diffuso dal premier israeliano Benjamin Netanyahu nel quale erano state fissate due linee rosse: la demilitarizzazione dell’area a sud di Damasco e la protezione dei drusi siriani.

La situazione umanitaria nella città luogo delle tensioni sembra peggiorare, stando almeno a quanto denunciato dalle organizzazioni della società civile che chiedono l’apertura di corridoi e interventi rapidi a sostegno della popolazione locale: “La città sta affrontando una crisi gravissima da oltre cinque giorni, con condizioni che peggiorano rapidamente e mettono a rischio la vita di migliaia di civili”, ha dichiarato Qusay Maklad, referente di una delle organizzazioni umanitarie. “La situazione a Suwayda è drammatica, manca completamente l’elettricità, l’acqua e l’accesso a Internet, con la popolazione che così è ulteriormente isolata – continua – I negozi sono vuoti e il pane è introvabile a causa della chiusura dei forni. L’ospedale pubblico è sopraffatto e fuori servizio, con una gravissima carenza di forniture mediche essenziali, rendendo impossibile curare i feriti e i malati. Le ong sollecitano l’intervento delle organizzazioni umanitarie internazionali e l’accesso dei media per documentare la situazione e informare il mondo sulla crisi in atto. La popolazione necessita disperatamente di assistenza immediata per evitare un’ulteriore catastrofe”.

A muoversi per inviare aiuti, ma solo alla popolazione drusa, è proprio Israele, come annunciato dal ministro degli Esteri Gideon Sa’ar: “Nel contesto dei recenti attacchi contro la comunità drusa a Suwayda e della grave situazione umanitaria nella regione, il ministro degli Esteri ha ordinato l’urgente trasferimento di aiuti umanitari alla popolazione drusa nella regione”, ha precisato il suo ministero. Si tratta di circa 600mila dollari e includeranno pacchi alimentari e forniture mediche.

Anche le Nazioni Unite, con il commissario per i Diritti Umani, Volker Turk, hanno chiesto “indagini indipendenti, tempestive e trasparenti” sulle uccisioni e altre gravi violazioni e abusi dei diritti umani nella città meridionale della Siria. I responsabili devono essere chiamati a risponderne, ha affermato in un comunicato pubblicato a Ginevra: “Questo spargimento di sangue e questa violenza devono cessare e la protezione di tutte le persone deve essere la massima priorità, in linea con il diritto internazionale. È fondamentale che vengano adottate misure immediate per impedire il ripetersi di tali violenze. La vendetta non è la risposta“.

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