Sono tornato in Florida: Indian Creek non è per comuni mortali, a Miami si va downtown
- Postato il 6 luglio 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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“È come se qualcuno avesse scosso la nazione, rovesciato il contenuto e riempito questa assolata penisola di immigrati, ragazzi di campagna, ebrei, cubani, basi militari, centri commerciali e selvagge lande subtropicali costellate di pozze cristalline e sabbia bianca come lo zucchero”. Queste poche parole, che introducono la guida online Lonely Planet dedicata alla Florida, hanno una grande efficacia: riassumono in breve lo spirito e l’attitudine di uno Stato che merita di essere visitato almeno una volta nella vita.
Io ci sono tornato da poco – l’ultima volta fu nell’immediato pre-pandemia: la fretta del rientro mi impedì di soffermarmi su una serie di indirizzi che invece, questa volta, hanno fatto parte del mio programma di viaggio a Miami, la destinazione più rappresentativa della Florida. Prima di raccontarvi cosa fare e vedere in città, vorrei però farvi entrare nel mood del cosiddetto “Sunshine State”.






La Florida rappresenta, letteralmente, un cortocircuito geografico e culturale: è una lingua di terra protesa nel mare, dove convivono cose che appartengono a mondi paralleli: centri commerciali sterminati e piccole boutique artigianali; resort extralusso e motel da pochi soldi; megalopoli lussuose e cittadine che sembrano uscite da un film degli anni 50, tra diner vintage e insegne al neon scolorite; basi spaziali poco distanti da paludi infestate da coccodrilli.
Nessun altro Stato americano può vantare una quantità simile di contrasti e, al contempo, una capacità innata di confrontarsi e scontrarsi con ognuno di essi senza farsi identificare in modo permanente. Dalla dinamicità scintillante di Miami al kitsch irresistibile (ma non per tutti) di Orlando, dai tramonti psichedelici delle isole Keys ai festival artistici di Sarasota, passando per le foreste di mangrovie e le città di provincia cresciute all’ombra dei sogni immobiliari: “La Florida” per dirla con la mia guida, “è un luogo in cui il sogno americano indossa occhiali da sole ma anche dove si svela – a tratti – nella sua versione più surreale, teatrale e contraddittoria”.
Termini, questi ultimi, che descrivono bene cosa sta succedendo negli ultimi tempi a Indian Creek, una delle comunità residenziali più esclusive degli Stati Uniti, nella baia di Biscayne, a nord di Miami Beach. Se è stata rinominata “il bunker dei miliardari” un motivo ci sarà: quest’isola artificiale offre una combinazione di lusso estremo, privacy assoluta e sicurezza senza pari che la rendono una vera e propria enclave blindata per l’élite mondiale. Quello che però è accaduto un paio di settimane fa ha del clamoroso: un lotto vuoto di terreno di 1,8 acri – non molto distante dalle proprietà del neosposo veneziano Jeff Bezos – è stato venduto per 105 milioni di dollari, il prezzo più alto mai pagato per una proprietà sull’isola. Insomma: per un’area poco più grande di un campo da calcio sono stati sborsati – per giunta non si sa da chi – una marea di soldi. Cose americane.
Poiché Indian Creek non è per noi comuni mortali, dovremo accontentarci di visitare – se così si può dire – l’altra Miami: quella più easy e a misura di turista, ovvero quella che, in gergo, viene definita downtown, il cuore culturale e artistico della città. Quando visitai downtown per la prima volta, all’inizio del 2020, era febbraio: c’era sì caldo ma mai come il feels like di giugno e luglio, quando l’umidità cittadina fa percepire temperature molto più alte di quelle effettive. Immergersi senza remore e timori in questa calda bolla tropicale è però l’unico modo per vivere la città come i locali. Pronti? Via!
La prima cosa da sapere è che di questi tempi in downtown c’è più fermento del solito. Il motivo è semplice: Miami – e l’indotto di Greater Miami, ovvero l’area metropolitana che include le contee di Palm Beach County, Broward County e Miami-Dade County – si stanno preparando ad accogliere alcune partite dei mondiali di calcio FIFA 2026, la prima edizione ospitata da tre distinti paesi (Usa, Messico e Canada).
Quella che si presenterà agli appassionati di calcio non sarà solo una città turistica – i dati dicono che Miami è stabilmente nella top 5 delle destinazioni turistiche a stelle e strisce più visitate – ma un hub, come si dice oggi: un luogo da sperimentare grazie a una serie di esperienze offerte ai visitatori. Per vivere un luogo, si sa, serve essere ben riposati. Una città ipercementificata come Miami ha migliaia di hotel; ci sono però due indirizzi che, negli ultimi mesi, stanno facendo parlare di sé: The Shelborne by Proper – riaperto da poco – iconico hotel Art Déco su Collins Ave da 251 camere, ristorante, piscina, beach club e palestra e Andaz Miami Beach, inaugurato a maggio, struttura Hyatt con 287 camere, spa e due piscine.
Gli hotel moderni di nuova apertura sono di solito molto immersivi, offrono cioè una serie di servizi collaterali come aperitivi al tramonto, show cooking e sessioni DJ nei weekend. È il cosiddetto paradigma dell’ “esperienzialità”, che da una parte fornisce spunti e attività al turista, dall’altra lo trascina in un vortice di cose da fare e da postare sui social che può finire per togliere spontaneità al viaggio. Il mio consiglio, dunque, è di usare gli hotel, qualunque essi siano, solo come base d’appoggio e di uscire subito per visitare la città, nonostante il peso del fuso orario di sei ore.
Quartieri come Wynwood e il Design District offrono spazi artistici – un nome su tutti: Wynwood Walls, galleria d’arte a cielo aperto dedicata alla street art – e ristoranti a ogni angolo. A seconda del budget potete scegliere tra indirizzi come il Lemoni Café, locale informale e accogliente che offre a buon prezzo un’ampia selezione di panini e insalate ispirati alla cucina mediterranea, e indirizzi più gourmet come L’Atelier de Joël Robuchon che quest’anno ha mantenuto il prestigioso riconoscimento delle Due Stelle Michelin, che si sommano ad altri quattordici “macaron” sparsi per la città. A queste stelle vanno aggiunte le cosiddette Stelle Verdi Michelin, il riconoscimento attribuito ai ristoranti più sostenibili.
Già, la sostenibilità. Pare che la città stia investendo molto per affrontare le sfide ambientali con interventi per la resilienza climatica. Ma ha senso parlare di sostenibilità in una città come Miami?
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