Sparò alla moglie dopo l’ennesima lite, i giudici: “Doveva andarsene da quell’inferno quotidiano o almeno dare via la pistola”
- Postato il 20 ottobre 2025
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- Di Genova24
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Genova. Avrebbe dovuto andarsene da quello che era diventato, come scrive il presidente delle Corte d’Assise di Genova Massimo Cusatti, “un vero e proprio inferno” famigliare e avrebbe quantomeno dovuto liberarsi della pistola che teneva in casa. Invece ha scelto di “conservare una bomba innescata a pochi passi dalla sede di un incendio”. Per questo Gian Paolo Bregante, l’ex comandante di navi di Sestri Levante che il 19 settembre 2024 ha ucciso la moglie Cristina Marini, 72 anni, è stato condannato a 15 anni per omicidio volontario e non gli è stata riconosciuta l’attenuante della provocazione, come aveva invece chiesto l’accusa. Solo le attenuanti generiche e il risarcimento dei danni al figlio a cui ha ceduto tutti i beni gli hanno consentito di ottenere lo sconto di pena-
Nelle 72 pagine di motivazioni della sentenza imputa a Bregante (assistito dagli avvocati Paolo Scovazzi, Federico Ricci e Sara Bellomo) di aver commesso due gravi errori di valutazione che hanno portato all’omicidio. In primo luogo l’ex comandante ha “sopravvalutato se stesso e le proprie capacita di sopportazione delle continue umiliazioni riservategli dalla moglie”, probabilmente a causa della sua “attitudine al comando” che derivava da una vita sulle navi mercantili. Il suo carattere secondo la Corte d’assise gli ha impedito di cogliere “la valenza realmente tossica e distruttiva di quella convivenza patologica” che avrebbe dovuto indurlo ad andarsene.
In secondo luogo ha “pesantemente sottovalutato la situazione e la propria capacità di stare al ponte do comando quando non ha pensato di liberarsi, alle prime avvisaglie dell’inferno nel quale si stava avventurando restando al fianco della moglie, della pistola che aveva sempre pur legittimamente detenuto, consegnandola alle forze dell’ordine, al figlio o semplicemente vendendola a terzi”. E “in quelle condizioni di vita realmente impossibili” quell’arma, utilizzata per sparare un colpo in testa alla moglie dopo l’ennesima lite, ha assunto il significato di “conservare una bomba innescata a pochi passi dalla sede di un incendio”.
Il giudice, alla luce degli atti e delle testimonianze acquisite nel processo, ha tentato di ricostruire come e perché quella coppia, un tempo unita a detta di tutti, aveva trasformato negli ultimi due anni il quotidiano in una vera e propria “guerra”. Forse il pensionamento dell’uomo, che prima passava la maggior parte del tempo a navigare ha acuito un malessere della moglie, a cui era stata diagnosticata una depressione che non voleva curare. “La moglie ha esasperato la propria ossessione per le pulizie domestiche manifestando un vero e proprio fastidio fisico e psichico per la presenza in casa del marito, quasi ridotto al rango di mero produttore di biancheria sporca, rifiuti e, in generale, di “sporco” da rimuovere con fastidio; l’uomo, dal canto suo, deve aver iniziato a sfogare la propria insoddisfazione con i comportamenti aggressivi e controllanti”.
Fra l’altro il giorno dell’omicidio, se è confermato anche dalle immagini della telecamere interna all’abitazione che è stata la donna ancora una volta a cominciare l’ennesimo violento litigio per motivi futili (le scarpe messe da Bregante sul balcone senza pulirle), non sarebbe invece vero che è stata la Marini a mettere per prima le mani addosso al marito: è stato lui a spingerla via perché lei non lo faceva passare e lei in tutta risposta gli aveva dato un morso a un braccio facendolo sanguinare copiosamente. A quel punto lei era andata in cucina continuando a insultarlo a augurandogli la morte, come spesso accadeva. A quel punto lui era andato a prendere la pistola, l’aveva raggiunta in cucina e le aveva sparato.
Lei lo umiliava quotidianamente, gli augurava la morte ma – dice in sintesi il presidente della Corte d’assise – Bregante non ha trovato altra soluzione che ucciderla piuttosto che andare a vivere da un’altra parte, perché “era forse troppo condizionato dal dovere ineludibile di lasciare il natante affidato alle sue cure soltanto dopo che anche l’ultimo passeggero l’avesse abbandonato” E “il modo quasi istrionico che Bregante ha scelto per ‘mettere in salvo’ la moglie dal naufragio del loro rapporto è stato quello di ucciderla a favore di telecamera, invece di consentirle, di continuare a vivere senza la presenza di un coniuge che, evidentemente, ormai le provocava solo fastidio”.