Stakhanov, 90 anni fa il record che ne fece un mito

  • Postato il 1 settembre 2025
  • Cultura
  • Di Agi.it
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Stakhanov, 90 anni fa il record che ne fece un mito

AGI - Eroe sì ma non profeta in patria: il suo nome è entrato in tutte le lingue del mondo col significato di lavoratore esemplare e indefesso tranne che nella lingua russa. Il 31 agosto 1935 Aleksej Grigor’evič Stakhanov cessava di essere un semplice minatore sovietico per diventare un simbolo del lavoro spinto oltre ogni limite. Seguendo le sue indicazioni su una nuova metodologia di intervento, in un solo turno la sua squadra strappava alla terra 102 tonnellate di carbone in 5 ore e 45 minuti. Fino al giorno prima Stakhanov era un anonimo operaio, al quale era stato chiesto un semplice parere dal dirigente Konstantin Petrov. Siamo in piena epoca stalinista, stare sotto i limiti di produzione poteva significare un biglietto di sola andata per un gulag siberiano, e Petrov era disposto a tutto per non finirci: anche chiedere a ogni minatore se avesse un’idea per aumentare la redditività. 
  

L’idea di una nuova metodologia 

Stakhanov l’idea ce l’aveva, e quando arrivò il suo turno disse che le fasi del lavoro andavano suddivise e razionalizzate: taglio, sbozzatura, impalcatura, illuminazione, estrazione, consegna. E così il 30 agosto Petrov organizzò la dimostrazione, sotto la guida di quel ventinovenne che al martello pneumatico era un fenomeno. Qualche bottiglia di vodka aiutava, anche se Stakhanov non era un gran bevitore. Alla fine della prova il risultato era incredibile, perché era 14 volte la media. Petrov immediatamente comunicò al Comitato Centrale del Partito comunista quello che era accaduto nella miniera affidata alla sua gestione, grazie a quella squadra e in un solo turno di lavoro. Il test con quella metodologia sarà ripetuto a settembre e stavolta le tonnellate di carbone saranno ben 227. 
  
Stalin crea la figura dell’eroe e simbolo delle capacità sovietiche 

Il Partito aveva un eroe del popolo da celebrare. Aveva tutto, anche ideologicamente, per diventare un simbolo dell’Unione Sovietica e del sistema comunista. Era di umili origini, povero, nato nel 1906 in una famiglia di contadini, avviato appena possibile a coltivare i campi e a sorvegliare il bestiame. Studi di base e assai poca cultura – era in grado di leggere e scrivere, niente di più -, ma grande spirito di osservazione che gli tornerà utile. Aveva un solo grande desiderio: un cavallo.

Per poterselo comprare a 21 anni aveva bussato alla porta della miniera di Kadievka, nel Donbass, dove gli avevano assegnato il compito di condurre i carri da trasporto. Poi, dopo sei anni, era passato al martello pneumatico. Il fisico prestante lo aiutava. Era un lavoratore scrupoloso, sempre attento a quello che accadeva attorno a lui, aspettando l’occasione giusta che era arrivata il 30 agosto 1935. Neppure Stalin si era fatto sfuggire l’occasione di avere un eroe del lavoro che diveniva esemplare della volontà e delle capacità sovietiche e del modello socialista. Ed ecco il nome di Stakhanov iscritto sul registro d’onore, una gratifica in danaro, e poi un appartamento più comodo per lui e per la moglie (addirittura col telefono in casa), l’ingresso gratuito a cinema, teatri, sale da concerto. 
  


Una carriera travolgente e la copertina di Time 

Ma non bastava ancora. Sempre per ordine di Stalin, non poteva più lavorare in miniera ma doveva servire per la propaganda, e allora doveva studiare. Venne inviato dapprima all’Accademia dell’industria, e infine destinato al Ministero dell’industria. Stakhanov era diventato un caso mondiale. Persino l’autorevole Time lo metterà in copertina, il 16 dicembre 1935, mentre in Urss non c’era scolaro che non conoscesse il suo nome, scritto sui libri di testo e perché maestri e professori ne facevano studiare le gesta. Un mito. In realtà non si chiamava neppure Aleksej, bensì Andreij, e l’errore era tutto della Pravda che l’aveva nominato così la prima volta. Quando Stakhanov l’aveva fatto notare sommessamente a Stalin, questi tagliò corto: non si correggono le leggende. E gli fece cambiare i documenti. Premi, riconoscimenti, conferenze, passerelle propagandistiche, scandiscono la sua vita. Dal 1937 al 1946 è pure deputato del Soviet supremo. Ma la morte di Stalin lo fa precipitare. 
  

Il cambio di regime, l’ostracismo e la caduta nell’alcolismo 

L’avvento di Nikita Kruščëv segna la sua fine. La destalinizzazione passa anche attraverso il mito del lavoro che è stato creato a tavolino. Forse Stakhanov è stato solo un ingranaggio del sistema che l’ha spinto a essere quello che è e l’ha sfruttato fin quando è stato possibile. L’operaio ideale, il razionalizzatore delle tecniche di estrazione di carbone, il povero che lo Stato ha portato all’agiatezza e alla fama anche nell’odiato occidente capitalista, esaltato dalla macchina della propaganda, il modello da imitare e imitato dappertutto, nel 1957 viene allontanato da Mosca e mandato nel Donbass, a Torez.

Nella capitale non può tornarci neppure in visita. Il suo nuovo compito è quello di assistente all’amministrazione. La famiglia sceglie di non seguirlo in Ucraina. E lui, riprecipitato in basso, si consola con l’alcool. Quando era minatore beveva e fumava con moderazione, adesso invece la vodka è la sua fedele compagna e si ubriaca senza risparmio. Diventa presto alcolizzato e il fisico una volta prestante adesso ne risente pesantemente. Ha problemi di circolazione e un ictus gli infligge un duro colpo. Anche perché le autorità lo fanno ricoverato in un ospedale psichiatrico, si dirà per carenza di posti. E si comincerà anche dire sottovoce che in fondo l’impresa del 30-31 agosto 1935 non era tutta farina del suo sacco, ma una montatura con la regia del Partito che l’aveva utilizzato come simbolo e poi messo da parte. Il regime sovietico aveva celebrato ogni 31 agosto come il Giorno del minatore di carbone e nel 1936 la squadra di calcio di Donetsk gli era stata intitolata: è quella ucraina che oggi si chiama Shakhtar. 
  

Desiderava avere un cavallo, gli avevano regalato un’automobile 

In ogni caso il segretario del Pcus Leonid Brežnev lo rispolvererà decorandolo nel 1970 con l’Ordine di Lenin e come Eroe del lavoro socialista. Stakhanov, andato in pensione nel 1974, morirà il 5 novembre 1977 e solo dopo alla città di Kadievka, oggi nell’oblast di Lugansk, sarà imposto il nuovo toponimo di Stakhanov; gli dedicheranno pure una statua. L’operaio-modello diventato leggendario non comprerà mai il cavallo che aveva tanto desiderato e per questo si era offerto di lavorare in miniera. Il Partito aveva deciso che dovesse guidare un’automobile di produzione sovietica e aveva fatto in modo di fargliene avere una in premio, rilanciando la fotografia del suo compiacimento. Il suo nome dappertutto esprime il lavoratore instancabile e zelante che va oltre il dovere, ma nella lingua italiana stakhanovista, esprimendo anche gli eccessi, nell’accezione comune ha anche un’assonanza ironica con masochista. 

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Autore
Agi.it

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