Strage di Fidene, “delitti minuziosamente pianificati da Campiti. Il Poligono non controllava”

  • Postato il 10 ottobre 2025
  • Giustizia
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Una strage pianificata, in qualche modo agevolata dal fatto che l’autore riuscì a rubare un’arma nel poligono Tor di Quinto di Roma perché non c’erano controlli. È in sintesi la riflessione dei giudici della Corte d’assise di Roma che il 16 aprile scorso ha condannato all’ergastolo Claudio Campiti, che l’11 dicembre 2022 uccise quattro donne nel corso di una riunione di condominio. “Le risultanze probatorie evidenziano che l’imputato non ha agito d’impulso né in uno stato emotivo improvviso, bensì ha pianificato i suoi delitti in maniera minuziosa, con lucidità e determinazione” scrivono i magistrati.

Nelle oltre 400 pagine di motivazioni i giudici della Capitale, in merito alla premeditazione, affermano che da parte dell’imputato vi è stata “una chiara preordinazioni delle modalità esecutive, come dimostrano le registrazioni delle telecamere installate presso il Poligono di Tor di Quinto, con sottrazione dell’arma da utilizzare”. E ancora: “Una attività di accantonamento di munizioni necessariamente programmata nel tempo dato il numero di proiettili rinvenuto (ottanta) ulteriori rispetto ai cento noleggiati il giorno 11 dicembre del 2022. Si tratta di una attività che va fatta risalire al mese di settembre di quell’anno quando Campiti aveva iniziato ad acquistare cento munizioni in luogo delle abituali cinquanta”. Per la Corte, inoltre, “non vi è incompatibilità tra il disturbo della personalità rilevato e la premeditazione, essendo rimaste inalterate le capacità di giudizio e critica, non potendo così ritenersi il proposito criminoso frutto esclusivo della alterazione della personalità di Campiti”.

Il 16 aprile era stato condannato a tre mesi (pena sospesa) per omessa custodia anche l’allora presidente della Sezione Tiro a Segno Nazionale di Roma dove il killer prese l’arma utilizzata poi per compiere gli omicidi, ma la Corte aveva disposto l’invio degli atti in procura per valutare l’accusa di omicidio colposo, assolto invece un dipendente addetto al locale dell’armeria del poligono di tiro. “Non vi era alcuna prescrizione o cautela volta a scongiurare che un socio del Poligono, noleggiata la pistola, attraversando il parcheggio, salisse in macchina e andasse via invece di raggiungere le linee di tiro, né erano presenti sul posto metal detector, sbarre, controlli o telecamere” sottolineano i magistrati.

Al giorno della strage – aggiunge la Corte – “il Poligono Romano non aveva metal detector, all’ingresso e all’uscita vi erano sbarre automatiche e non vigilate (le sbarre si aprivano automaticamente al passaggio delle auto, mentre l’ingresso pedonale era sul lato delle sbarre). Il bar presente all’interno della struttura era di fatto di libero accesso, le telecamere installate non erano controllate in diretta ma solo da remoto e non vi era collegamento telefonico di tipo ordinario tra l’armeria e le linee di tiro“. All’uscita dell’impianto “non c’erano controlli e vigilanza: chiunque poteva entrare e uscire, a meno che qualcuno del poligono lo avvicinasse chiedendogli la tessera. Il vano uscita non era servito da telecamere funzionanti”.

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Il Fatto Quotidiano

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